The X-Axis # 7/11, [Big Final Year Ender]

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view post Posted on 7/1/2012, 14:22

PontifeX MaXimus del Sacro Culto di Chris Claremont & Grant Morrison

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X-REVIEWS
THE X-AXIS
# 07 / 11

The Year Ender Issue
by Paul O' Brien
paulobrienis5



In Questo Numero:
ASTONISHING X-MEN (Vol. III) #36-37, 39, 41-42
WOLVERINE (Vol. IV) # 10-14
- Astonishing X-Men (Vol. III) # 43-44
- Avengers: X-Sanction # 1
- Daken: Dark Wolverine # 12-13-14-15-16-17-18
- Fear Itself: Uncanny X-Force # 2-3 (of 3)
- Fear Itself: Wolverine # 3 (of 3)
- Gambit: From the Marvel Vault [OneShot]
- Generation Hope # 10-11-12-13-14
- Magneto: Not a Hero # 1-2 (of 4)
- New Mutants (Vol. III) # 29-30-31-32-33-34-35
- Uncanny X-Force # 13-14-15-16-17-18-19
- Uncanny X-Men (Vol. I) # 542543-544
- Uncanny X-Men (Vol. II) # 1-2
- Wolverine (Vol. IV) # 15-16-17-18-19-20
- Wolverine: The Best There is # 9-10-11-12
- Wolverine & The X-Men # 1-2-3
- Wolverine & The Black Cat: Claws II # 2-3 (of 4)
- Wolverine: Debt of Death [OneShot]
- X-23 (Vol. II) # 14-15-16-17-18-19
- X-Club # 1 (of 3)
- X-Factor # 224-224.1-225-226-227-228-229
- X-Men (Vol. II) # 15.1-16-17-18-19-20-21-22
- X-Men: Legacy # 253-254-255-256-257-258-259
- X-Men: Schism # 3-4-5 (of 5)
- X-Men: Regenesis # 1 [OneShot]




Astonishing X-Men (Vol. III) #36-37, 39, 41-42
"Monstrous"

Scrittore: Daniel Way
Matite: Jason Pearson, Sara Pichelli e Nick Bradshaw
Inchiostri: Karl Story, Sara Pichelli, Nick Bradshaw, Norman Lee, Jay Leisten e Craig Yeung

Colouri: Sonia Oback e Rachelle Rosenberg
Lettering: Cory Petit, Joe Caramagna e Clayton Cowles
Editor: Nick Lowe

Come I lettori regolari sapranno, penso che molte trame migliorino leggermente leggendole tutte in una volta. In parte dipende dal fatto che la struttura emerge meglio. In parte è perché si tratta di una rilettura, e si notano sempre cose che sono sfuggite la prima volta. E sì, in parte è perché molti fumetti non sono stati strutturati adeguatamente per la serializzazione fin dall’inizio, nonostante sia il formato in cui li vedranno molti lettori.
Ma a volte accade l’opposto – una storia che era vagamente insoddisfacente in format seriale finisce per andare del tutto a pezzi in modo più evidente. E “Monstrous” è una di queste storie.
Basta guardare la lista degli autori per capire che qualcosa è andato davvero male qui. La storia è iniziata come una trama lineare in quattro parti di Daniel Way e Jason Pearson. Sono trascorsi tre mesi tra i primi due capitoli, e il secondo è stato pubblicato con numerose pagine di disegni riempitivo di Sara Pichelli. Poi hanno iniziato a infilarci dentro una storia non correlata di Christos Gage in ogni seconda uscita. Il capitolo tre ha una marea di inchiostratori nei credit, sempre un ottimo segno rivelatore di panico dell’ultimo minuto. Almeno il disegnatore sostitutivo Nick Bradshaw è stato in grado di segnare gli ultimo due numeri.
Visivamente c’è di tutto. Jason Pearson è tutto line doppie, ombre scure ed espressioni comicamente esagerate. Nick Bradshaw è un’ Art Adams degli ultimo tempi. Entrambi vanno bene per conto loro – in effetti, considerando che deve essere stato fatto piuttosto in fretta, il lavoro di Bradshaw sull’ultimo numero è molto buono. Anche così, i loro stili sono talmente diversi che non appartengono alla stessa storia, almeno non senza un qualche espediente per giustificare la cosa.
Ma questo è solo il modo in cui è finita. Queste cose succedono. La storia, però, ha problemi di suo.
Inizia in maniera abbastanza promettente. Il capitolo 1 si apre con una nave della Roxxon diretta all’Isola dei Mostri (vicina al Giappone) con l’intenzione di effettuare delle trivellazioni petrolifere estremamente pericolose, accompagnata dal criminale di serie D Mentallo – che si presume sia lì per usare i suoi poteri psichici allo scopo di aiutare a tenere lontani i mostri. Ovviamente li tradisce e inizia a controllare i mostri per i suoi scope, visto che è un criminale. Intanto, a Utopia, Corazza scopre che sua madre e suo fratello sono stati uccisi (cosa che, con un tocco gradevole, super-carica I suoi poteri, che si suppone siano legati agli spiriti dei suoi antenati). Di conseguenza torna in Giappone per il funerale, in compagnia di Scott, Emma e Logan. Il numero termina con uno dei mostri giganti di Mentallo che attacca Tokyo nella migliore delle tradizioni.
Fin qui tutto bene. È un buon utilizzo di un criminale Marvel dimenticato, che ha trovato il modo per usare I suoi poteri di basso livello per ottenere il Massimo risultato – anche se stranamente la storia non fa mai emergere il fatto che si tratti di uno dei pochi mutanti sopravvissuti. E cerca anche di fare qualcosa per Corazza – che è dopotutto la cosa più vicina a un personaggio proprio di questo albo, quindi meglio rimpolparla un po’.
Capitolo due: Corazza va al funerale dove c’è una certa quantità di tensione passivo-aggressiva basata sul concetto che se fosse stata lì avrebbe potuto salvare I suoi parenti. Gli altri X-Men combattono il mostro gigante per un intero numero e, alla fine, Corazza decide di unirsi a loro. (Questa è la sua grande scelta drammatica per questa trama: rifiuta il senso di colpa e aiuta I suoi compagni.) Mentallo cerca di estorcere denaro alla Roxxon in cambio della restituzione dell’isola, e la Roxxon decide invece di aiutare gli X-Men. Come la storia si assicura di far notare, questo è vagamente ironico perché quelli della Roxxon sono i cattivi.
Quindi a questo punto abbiamo una trama abbastanza standard in cui un gruppo di criminali si allea con gli eroi per sconfiggere un altro cattivo, unita a una sottotrama alquanto più interessante in merito a Corazza che sceglie la sua “appartenenza” – e Way si assicura di presentarla come una scelta tra due diverse famiglie, piuttosto che tra famiglia e dovere. Fino a questo punto tutto va essenzialmente bene.
Capitolo tre: Corazza sconfigge il grosso mostro. Gli X-Men partono per l’Isola dei Mostri per scontrarsi con Mentallo, il loro aereo precipita e Corazza sviene. Scott e Logan discutono inconclusivamente delle loro motivazioni, in un discorso che non va da nessuna parte. Tutti vanno ad affrontare Mentallo.
Capitolo quattro: gli X-Men (tranne la svenuta Corazza) combattono e sconfiggono Mentallo, che va giù abbastanza facilmente, e alla fine viene ironicamente schiacciato a morte da uno dei suoi mostri che trasportava il riscatto richiesto alla Roxxon. Alla fine, Corazza torna a fare visita a suo padre, che si scusa per essere stato rude con lei, e si suppone che questo sostituisca una risoluzione.
La seconda metà della trama è molto strana. Dopo un inizio forte, Mentallo torna a essere un criminale di serie D. Questo va abbastanza bene. Corazza, che dovrebbe essere il centro emotivo e drammatico della storia, sparisce dai giochi per l’intero climax, solo per tornare in un epilogo appiccicato che arbitrariamente dichiara conclusa la sua sottotrama. E anche la trama della Roxxon viene messa da parte.
In breve, si tratta di una storia che mette in moto alcune trame interessanti ma non ne segue nessuna fino alla fine; il finale è semplicemente che gli X-Men si fanno strada combattendo fino al cattivo di turno e lo battono, e nonostante I grandi sforzi delle ultime due pagine di fingere che non sia così, non c’è una risoluzione della trama di Corazza che domina la prima metà dell’albo. Se Way avesse progettato di scrivere altre storie, sarebbe stato possibile vedere il material su Corazza come una sottotrame destinata a giocarsi sul lungo termine per il suo personaggio, ma poiché non è così questa non sembra un’opzione.
In pratica “Monstrous” ha la prima metà di una buona storia, spillata a una conclusione di passaggio che non affronta adeguatamente l’idea che sembrava essere al centro dei capitoli iniziali. E quando la si legge tutta in una volta, questo diventa ancora più evidente.
Il capitolo conclusivo di Christos Gage e Juan Bobillo, inspiegabilmente programmato “nel frattempo”, che si è svolto in numeri alterni tra i capitoli dell’arco dell’Isola dei Mostri di Daniel Way, completamente non correlato. Anche se ne andasse della mia vita non riuscirei a capire perché qualcuno abbia pensato che fosse una buona idea, soprattutto per una testata che ha la sua forza nel contenere storie autoconclusive. (Basta ricordarsi di comprare solo I secondi numeri.)
Questo numero finale viene in qualche modo trascinato per inerzia, ma ho il sospetto che non abbia esattamente senso, e che la trama dei primi numeri sia stata messa tranquillamente da parte dopo aver svolto la sua funzione.
Tempesta, Colosso, Bestia e l’Agente Brand sono stati tutti infettati dalla Covata, cosa che lascia Kitty e Lockheed a cercare di salvare il “neonato della Covata”, che è relativamente buono. Ricorderete che nei numeri precedenti era stato stabilito che, per ragioni ecologiche, la Covata non poteva semplicemente essere spazzata via, sebbene si trattasse di lunatici assassini. Quindi il piano era di usare l’insolitamente compassionevole neonate per alterare il resto della specie... in qualche modo.
E alla fine di questo numero non ne so più di così su cosa abbiano esattamente ottenuto gli X-Men da quel punto di vista.
In pratica gli X-Men combattono di nuovo l’influenza della Covata, la Covata accetta di tornare a casa, gli X-Men vengono curati e la SWORD viene lasciata a prendersi cura di embrioni della Covata che presumibilmente cresceranno per essere allevati in modo diverso e... fare qualcosa. Ho la sensazione che in realtà Christos Gage volesse scrivere una storia su Kitty e Lockheed in corsa dentro una stazione spaziale per proteggere uno strano bambino alieno, e per giustificare tutto questo abbia finite per costruire un’intera trama senza nessun chiaro modo per risolverla.
È tutto piuttosto insoddisfacente. Comunque c’è una divertente corsa per i corridoi, e i disegni sembrano essere adatti al tono della storia meglio che nei primi numeri, con l’infante della Covata che ha un aspetto interessante, in bilico tra carino e orrendo... ma ancora non mi convince del tutto la Covata di Bobillo, né la sua versione di Bestia (dovendo realizzare una storia in cui i personaggi vengono trasformati fisicamente, forse sarebbe meglio se all’inizio fossero simili a loro stessi almeno vagamente), ma la narrazione in questo numero è piuttosto buona.
È un numero conclusivo superficialmente decente, ma ho la netta sensazione che crollerà a una seconda lettura, affossando l’intero arco narrativo.

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Wolverine (Vol. IV) # 10-14
Wolverine’s Revenge

Scrittore: Jason Aaron
Matite: Renato Guedes
Inchiostri: Jose Wilson Magalhaes

Lettering: Cory Petit
Colori: Matthew Wilson
Editor: Jeanine Schaefer

Jason Aaron ha chiaramente dei piani a lungo termine per questo albo, considerate che ha usato la maggior parte dell’anno a preparare la scena per la grande rivelazione dell’ultimo numero, che non è neppure la fine della stolria.
Dopo essere stato spedito all’Inferno dalla Rossa Mano Destra e aver passato nove numeri a cercare di uscirne, Wolverine affronta finalmente i suoi nemici. E quello che accade nei primi quattro capitoli si può essenzialmente riassumere come segue: Wolverine combatte e uccide un Mongrel mentre uno dei membri della Rossa Mano Destra ha un flashback che spiega perché odi Wolverine.
Lavare, sciacquare, ripetere... cosa che dopo un po’ diventa alquanto stancante.
Quindi mi interessava vedere se sarebbe migliorata leggendola in una sola volta. E lo fa. Comunque non colpisce nulla di quello a cui mirava, ma di certo è una lettura migliore in un’unica soluzione.
Questo non vuol dire che Aaron stia “scrivendo per vendere” o niente del genere: al contrario, questa storia è stata chiaramente concepita per essere in cinque capitoli. In effetti, la compressione di due Mongrel nel capitolo tre mi lascia a domandarmi se qualcuno abbia ripensato alla lunghezza dell’arco or some e deciso di accorciarlo di un numero. Va anche notato che questi cinque numeri sono effettivamente stati pubblicati nell’arco di tre mesi, cosa che avrebbe dovuto essere d’aiuto.
Ma Aaron ha scelto una struttura deliberatamente ripetitiva per questa trama, e quando la si legge in cinque capitoli separate questo finisce per sovrastare tutto il resto. Leggetela tutta assieme e c’è un ben maggiore senso di progressione. I flashback si avvicinano al presente. La spiegazione dei piani di vendetta della Rossa Mano Destra si sviluppano maggiormente in ogni numero. I Mongrel sono sempre più simili a Wolverine stesso. È solo che queste cose emergono solamente leggendo I capitoli assieme; letti separamente, è la ripetizione che domina.
The storyline depends for variation on two things – each chapter has a different Mongrel, and a different flashback. Here’s where we hit problems, even in a single reading.
Le storie dei flashback sono alla meglio alternate. Tre sono essenzialmente variazioni di “Wolverine ha ucciso il mio amore e io sono molto arrabbiato per questo.” Presumo che Aaron non voglia davvero che simpatizziamo con i membri della Rossa Mano Destra finché non arriviamo al ragazzo dell’ultimo numero, ma questo lo lascia a scrivere pezzi su personaggi a cui non viene davvero data la possibilità di essere multidimensionali. Non c’è abbastanza profondità in molti di questi tizi per giustificare dei flashback tanto lunghi.
Il capitolo uno vede il membro non nominato della Rossa Mano Destra che ricorda l’incontro tra Wolverine e suo padre durante un duro sciopero di ottant’anni fa. Si presume che sia lo sciopero della miniera di carbone di Harlan del 1931, anche se i dialoghi non lo specificano, forse perché collegherebbe troppo esplicitamente il fondatore della Rossa Mano Destra a una persona reale. (Se qualcuno sa chi si suppone che sia la donna anziana me lo faccia sapere, perché ho l’impressione che si pensi che dovremmo riconoscerla.) In ogni caso, dato che non c’è mai la pur minima ambiguità sulla parte da cui dovremmo stare, finisce per essere una storia su un ragazzo che si illude sulle virtù del padre e finisce per essere dominato da un’unica ossessione.
Il capitolo due è essenzialmente la stessa cosa, ma Wolverine è nel suo periodo delle operazioni segrete, e la vittima è una donna che ha la sventura di essere correlate a due altre persone similmente sospette. Nel capitolo tre c’è un lunatico che irrazionalmente incolpa Wolverine della morte di sua moglie in circostanze per le quali non può davvero essere incolpato. Il capitolo quattro è il migliore, perché vede le sorelle affrante di tutti quei ninja che Wolverine continua ad affettare, ed ha alcune idée piuttosto divertenti in merito alla vita quotidiana di tutti i personaggi chef anno da carne al macello. E col capitolo cinque torniamo ai figli inaspriti, solo che questa volta la madre non è un criminale ma un generico agente dello SHIELD morto durante “Nemico dello Stato”.
Con la possibile eccezione del capitolo Quattro, non c’è abbastanza varietà per renderli interessanti. È una tremenda quantità di lavoro solo per stabilire la premessa che i personaggi uccisi casualmente abbiano dei parenti arrabbiati al punto da divenirne ossessionati, e viene realizzato in pennellate talmente ampie che non sento dica molto più di questo.
In quanto ai Mongrel, anche se si avvicinano sempre più a Wolverine col procedere dell’arco, partendo con il più ridicolo del mucchio per arrivare a Gunhawk, a cui viene almeno concessa un po’ di dignità – non c’è molto nelle loro personalità per poter distinguere i primi quattro. Ovviamente, in una seconda lettura si sa già che son stati orchestrate per fallire e sembrare ridicoli, ma a parte quello non si ottiene altro dalla rilettura. Non spiegano mai perché combattano per la Rossa Mano Destra a parte il fatto che hanno mentito loro in qualche modo non precisato (con la possibile eccezione di Gunhawk, che sembra sapere quello che sta succedendo, ma per qualche ragione va avanti lo stesso – mi interesserebbe davvero vedere una storia che abbia più materiale su di lui).
Ora, una direzione ovvia che l’albo potrebbe intraprendere sarebbe far andare Wolverine a investigare sul passato dei Mongrel, quindi è del tutto possibile che Aaron stia deliberatamente tenendo da parte tutto ciò che potrebbe renderli personaggi a tutto tondo. Dopo tutto, la grande rivelazione nell’ultimo numero dipende dall’idea che finora non si suppone che prendiamo le loro morti in modo particolarmente serio, così come non lo fa Wolverine. In teoria è un concetto forte – è un momento scioccante che dovrebbe far ripensare all’eroe (e ai lettori) al conteggio casuale dei morti.
Ma c’è un bilanciamento. Forse in un tentativo di conservare la sorpresa, la storia si astiene dal dare ai criminali qualunque genere di sfumatura, anche se si basa su di loro per dare varietà ai primi Quattro capitoli. E se si tenta troppo di far sembrare irrilevanti i Mongrel, si finisce inevitabilmente per far domandare al lettore: be’, perché sto leggendo questi quattro numeri allora? Si potrebbe schivare la domanda se se le scene di lotta fossero spettacolari per conto loro, ma non sono niente di eccezionale da quel punto di vista.
Mi piace il quadro generale che Aaron sta creando con questo albo, e la svolta nella storia è una buona idea in linea di principio – in particolare perché confido che Aaron la proseguirà piuttosto che passare ad altro. E sì, serve la costruzione se la fine deve essere valida. Ma questa costruzione deve anche funzionare per conto suo, e anche a una sec onda lettura. Non penso che lo faccia.
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Astonishing X-Men (Vol. III) # 43
Astonishing X-Men viene ancora pubblicato! Questo numero è un riempitivo prima dell’arrivo di Greg Pak a Novembre. Il cielo sa se non avremmo voluto che la testata di serie D degli X-Men saltasse semplicemente un numero. Come ha sempre fatto.
Il numero è scritto da James Asmus, con quattro disegnatori (di cui i principali sono David Yardin e Gabriel Hernandez Walta). Senza dubbio andando in cerca di qualche trama abbandonata specifica dell’albo, Asmus punta su Danger, che non ha avuto molto da fare da quando è stata portata tra le file degli X-Men. Dato che la sua storia come personaggio deve essere “robot che impara a essere umano”, Asmus ci gioca su con una storia del “primo amore”, in cui si fa coinvolgere per aiutare un’altra intelligenza artificiale imprigionata, che si scopre essere il criminale degli anni ottanta Machinesmith. Questi viene tenuto prigioniero dai Vendicatori Segreti, quindi abbiamo Emma da una parte, ad aiutare riluttantemente Danger nella sua intrusione, e Bestia dall’altra, dato che fa parte del cast regolare dei Vendicatori.
Come concetto per un numero riempitivo è perfettamente decente. Ne viene fuori una versione di Danger che è alquanto meno ingénue e infantile del solito, ma penso sia corretto data la direzione del suo personaggio. È anche un buon uso di un criminale esistente, i cui trucchi funzionano bene contro Danger. E mi piace il modo in cui Danger chiude un occhio davanti a tutti gli evidenti segnali del fatto che stia soccorrendo un criminale, vedendoli come prove del pregiudizio contro le intelligenze artificiali. D’altra parte, la storia non fa abbastanza per giustificare la presenza di Emma al fianco di Danger nella sua incursione, e la sceneggiatura sembra aver messo dentro delle scene osé del tutto gratuite nelle prime due pagine (che Yardin, cosa divertente, sceglie di non assecondare).
I disegni sono divisi tra Yardin (e un paio di supplenti) che disegna le scene del mondo reale, e lo stile più rude di Walta per la realtà virtuale. Yardin sta essenzialmente usando uno stile da casa dei supereroi, ma lo fa decentemente – anche se a volte sembra faticare a non far sembrare sciocco l’insolito design di Danger. È un personaggio dall’aspetto strano, e per funzionare forse deve dare l’impressione di essere stata messa assieme con parti di ricambio come una specie di oggetto d’arte. Francamente, molgi disegnatori sembrano avere problemi con Danger, e mi chiedo se il suo aspetto non debba essere modificato un po’ per funzionare con un numero maggiore di stili.
Quella di Walta per la parte digitale è una scelta interessante, dato che invece di essere netti e puliti i suoi disegni danno una maggiore sensazione di essere imprecisi e fatti a mano. Stranamente, in contrasto con le pagine di Yardin, questo funziona piuttosto bene, forse perché c’è una sensazione di approssimazione che sembra adeguata per le sequenze “virtuali.
Non un numero essenziale a meno che siate grandi fan di Danger, ma come riempitivo va bene.

Astonishing X-Men (Vol. III) # 44
Un altro numero di Regenesis, e un altro nuovo gruppo di autori, con l’arrivo di Greg Pak e Mike McKone.
Questa è un’altra delle testate di Utopia, e cosa aggiunga di questi tempi lo sa solo il cielo. ”Exalted” è un arco in quattro parti, quindi per quel che ne sappiamo si potrebbe scoprire che questo albo ha degli autori a rotazione per ogni arco.
Iniziamo con alcune pagine di Ciclope che rimugina sul fatto che tutti si siano allontanati da lui, prima che Tempesta arrivi in anticipo, con un nuovo look, per litigare gratuitamente con lui. (Riuscite a vedere dove va a parare?) Dopo aver deciso che lui è abbastanza tornado in forma, tempest lo porta in Sud America a combattere un gruppetto di Sentinelle, lì ci prova con lui e finalmente lui intuisce che non è tutto a posto.
La copertina, con Ciclope e Tempesta stretti in un romantico abbraccio, è ovviamente una finta – anche se, onestamente, dato che Tempesta appare in una versione del suo costume e acconciatura di metà anni ottanta, contiene un indizio piuttosto chiaro perché, sì, non è la nostra Tempesta. In effetti questa sembra essere una storia in solitario di Ciclope, in cui il mister è perché qualcuno stia raccogliendo X-Men da diverse linee temporali.
Va bene. Il mistero centrale è decente, ma ci sono alcuni grossi problemi.
I disegni sono a tratti un po’ rigidi, e i colori un po’ cupi.
L’albo in pratica ti colpisce in testa col fatto che Tempesta si stia comportando fuori personaggio, ma ci vuole una vita perché qualunque altro dei personaggi lo noti. Mike McKone fa un buon lavoro disegnandola con un linguaggio del corpo diverso dal normale, ma rende anche più difficile capire perché nessuno se ne accorga prima che la trama lo richieda. La scena di lotta tra Ciclope e Tempesta è il genere di cosa che Chris Claremont faceva occasionalmente, ma sembra talmente immotivata che ci si chiede perché cessi tanto velocemente.


Avengers: X-Sanction # 1
E così inizia: il prologo in quattro mesi al crossover Vendicatori /X-Men che la Marvel promuoverà selvaggiamente nel 2012.
Quindi... Vendicatori contro X-Men... da una parte, mantengo la mente aperta (dopo tutto non è che ci si aspetti che la Marvel a questo punto faccia altro che introdurre il concetto principale),ma d’altra parte, il fatto è che la Marvel cerca di spacciare Vendicatori contro X-Men come questo grande evento di per sé, e davvero non lo è. È il genere di cosa che si vedeva sulle copertine di un numero riempitivo nella metà degli anni ottanta, e con i ricordi di Civil War ancora freschi ha senso pensare che Vendicatori contro X-Men sia qualcosa di più ridotto... Fenice, quello magari è qualcosa di più, ma Vendicatori contro X-Men, in s per sé... non penso sia questa grande cosa.
Vedremo come si sviluppa.
Questa miniserie prologo è di Jeph Loeb e Ed McGuinness, e siamo schietti – negli ultimo anni il nome di Loeb è stato su alcuni fumetti davvero spiazzanti... quindi... non è astio ma buon senso a farmi avvicinare a al suo lavoro con trepidazione... Ma guarda! Questo fumetto raggiunge davvero l’inebriante vetta della coerenza.
Non è un grande albo neanche con un grosso sforzo di immaginazione, ma pone una premessa piuttosto chiara: Cable si ritrova nel lontano futuro con poche ora di vita, apprende che il mondo è stato distrutto perché Hope non era lì a salvarlo, apprende che i Vendicatori sono da incolpare, e torna indietro nel tempo per cambiare tutto ciò nelle ore che li restano, uccidendo tutti i Vendicatori prima che accada.
Non è proprio Guerra e Pace, ma almeno sappiamo quale si suppone essere la posta in palio, il ritmo è decente, i flashback di spiegazione sono ben inseriti, e l’approccio di Cable “uno alla volta” per colpire i Vendicatori è ragionevolmente sensato.
In breve, non è il disastro che temevo... anche se questo non significa che sia un grande ritorno alla piena forma.
La spiegazione del perché Cable sia ancora vivo si riduce a “lo è”, e questo è un particolare problema quando poi si vuole che il pubblico si preoccupi subito della possibilità che muoia di nuovo. E anche questo albo dimostra il traballante approccio alla ricerca che infestava molti dei recenti lavori di Loeb. Da quando Falcon è tornado a essere un membro dei Vendicatori? (Anche se ammetto che ci sia una ragione di trama per volerlo usare.) Perché all’improvviso l’Uomo Radioattivo è un criminale, dopo anni come personaggio titolare nei Thunderbolt? (E qui non ci sono scuse.) E non è incredibilmente comodo che Cable compaia proprio nell’esatto momento del future in cui qualcuno può spiegargli la trama?
Ma nonostante tutto questo, laddove le mie aspettative erano le più basse possibile, è in effetti una passabile storia d’azione. È okay.


Daken: Dark Wolverine # 12
Siamo solo al terzo numero della prima trama di Rob Williams e sembra che la direzione che ha scelto per l’albo funzioni bene. Ha mantenuto il concetto ereditato di Daken come manipolatore, e il piano di Daken in questo numero è in effetti un caratteristico sovraelaborato spettacolo progettato non tanto per riuscire quanto per riuscire in un modo terribilmente poco pratico e sopra le righe. Diversamente da altri numeri precedenti, sembra anche davvero un piano elaborato in precedenza.
Ma la principale aggiunta di Williams all’albo – a parte allontanarlo dai concetti legati a Wolverine – è portare Daken all’uso di droghe che fanno impazzire i suoi poteri e le sue capacità di pianificazione. Questo ha senso per il personaggio, che è sia abbastanza annoiato da sperimentare sia tanto pieno di sé da pensare che niente possa andare storto. Gioca anche sul tema già esistente dell’ossessione di Daken per il controllo. Dà al personaggio un grado di vulnerabilità che lo rende più interessante come protagonista antieroe – per la prima volta, invece di cercare di convincerci che Daken è incredibilmente intelligente e supera chiunque in astuzia, l’albo sta costruendo l’idea che possa essere sul punto di far saltare tutto. E dà una scusa a Riley Rossmo per realizzare alcune pagine di disegni scarabocchiati che trasmettono bene il senso dell’allucinazione.
Non è il miglior numero che il disegnatore regolare Matteo Buffagni abbia realizzato, ma è buono. Taskmaster, come ospite, non ha molto da fare a parte fornire un avversario riconoscibile per il numero, ma è una divertente novità vederlo ritratto come un eroe mercenario che accetta gli applausi dopo aver completato un lavoro senza alcuna reale componente criminale. Il punto chiave, comunque, è che mi intriga davvero vedere dove andranno ora le storie di Daken; da quel punto di vista è un successo.

Daken: Dark Wolverine # 13
Con mia grande sorpresa, da quando Rob Williams ha iniziato a scrivere questo albo, è diventata una testate che ho desiderio di leggere. La grande differenza, penso, è che gli scrittori precedenti hanno cercato di cacciarci a forza in gola Daken come la cosa migliore mai esistita, mentre Williams lo tratta più come l’immagine che Daken ha di sé. Ha ancora tutto il talent che aveva prima, ma ora ha anche una vena di autodistruzione larga un chilometro. È un buon modo per dare maggiore profondità al personaggio senza fare l’ovvietà di trasformarlo in un eroe.
Nel suo primo arco narrativo, Williams ha definite la nuova direzione della serie, in cui Daken va a Los Angeles e tenta di deporre il signore della malavita locale e prenderne il posto – un piano vagamente ostacolato dalla sua poco saggia decisione di iniziare a usare droghe a scopo ricreativo allo stesso tempo, subendo scomodi blackout e allucinazioni. Nello stesso momento, c’è un serial killer artigliato che uccide la gente. Daken non ne sa nulla, ma è preoccupato che possa essere lui durante i suoi blackout. Cosa che sarebbe, be’, non al suo livello.
Questa direzione ovviamente mette l’albo in rotta di collisione con Moon Knight, anche questo ambientato a New York, e coinvolge anche il personaggio titolare nel cercare di scoprire chi sia il nuovo misterioso signore del crimine. (Non è Daken; è un criminale comune a entrambi gli albi.) Quindi in quest’arco appare Moon Knight come ospite allo scopo di occuparsi di questo punto. Questa si scopre essere un’idea piuttosto buona, al di là dei problemi di continuity puramente meccanici di come gli albi si colleghino. Ricordate che l’ambientazione veramente strana di Moon Knight è che il personaggio titolare è del tutto folle e pensa di essere l’Uomo Ragno, Capitan America e Wolverine (a volte tutti e tre assieme).Quindi, a parte il loro comune interesse nella trama, Daken si ritrova anche di fronte a un pazzo che pensa di essere suo padre – e dato che quel pazzo ha casualmente un’arma ad artiglio con sé, potrebbe essere un altro candidato al ruolo di serial killer.
Tutto si incastra piuttosto bene, e Williams sta facendo un buon lavoro nel definire i personaggi del suo relativamente piccolo cast principale. I disegni di Mick Bertilorenzi non sono buoni quanto il lavoro di Giuseppe Camuncoli nell’arco precedente, ma restano una forte narrazione, e rendono Daken piuttosto bene – tenendo a mente che si suppone non sia al suo meglio qui.
Nell’insieme, un ottimo numero.

Daken: Dark Wolverine # 14
A guidicare dai commenti non sembra che nessuno legga questo albo, quindi lasciate che lo dica: sotto Rob Williams, questa testata è diventata davvero buona.
Non solo ha una trama gialla davvero intrigante, ma Daken stesso è diventato un protagonista interessante senza imbarcarsi in un qualche genere di arco di redenzione.
Il problema con Daken, in poche parole, è che è Poochie. È uno spin-off indesiderato di Wolverine che semplicemente non è forte come si dice che sia. E il problema è che nelle prime storie si cercava di ignorare questo fatto. Quindi abbiamo avuto storia dopo storia che consistevano solo del fatto che Daken batteva chiunque altro in astuzia per fare le cose a modo suo, Perché È Così Fantastico. (Non aiutava il fatto che alcuni dei suoi piani fossero a malapena credibili, così che i suoi risultati sembravano artificiosi e non meritati.) Rob Williams ha affrontato questo problema semplicemente mettendolo in primo piano; il suo Daken non ha perso nessuno dei suoi talenti tecnici, ma non è grande come crede di essere. E il divario tra l’immagine che Daken ha di sé e la realtà è ciò che guida la storia.
L’attuale trama vede Daken che cerca di identificare un misterioso serial killer artigliato, non perché gli interessi minimamente delle vittime, ma perché è preoccupato che potrebbe essere lui stesso durante blackout indotti dalla droga – e lui si vede come qualcosa di più di un semplice assassino qualunque.
In sé, è una buona idea, ma Williams la sviluppa abilmente – prima inserendo un ufficiale di polizia tutt’altro che empatico, anche lui interessato al caso più come una sfida che per un problema morale, poi portando in scena Moon Knight per marcare il disperato interesse di Daken a negare l’influenza paterna, e ora con una svolta davvero strana con la rivelazione dell’identità dell’assassino ( o no?)
Sono particolarmente colpito dal modo in cui Moon Knight si adatta alla storia. La reazione comprensibilmente stupida di Daken di fronte a un tizio col costume sbagliato che impersona Wolverine è ben scritta.
Inaspettatamente, questo sì è rivelato uno dei migliori albi X. Davvero, dategli un’altra possibilità.
Daken: Dark Wolverine # 15
Nell’ultimo numero Donna ha sparato in testa a Daken, quindi in questo numero Daken è in ospedale con le allucinazioni finché il suo fattore rigenerante non rimetterà le cose a posto, mentre Donna e l’ospite Moon Knight portano avanti il lavoro di rintracciare l’Assassino degli Artigli. Cosa che in effetti fanno.
È una mossa interessante far risolvere il mistero (se non sconfiggere il nemico) mentre Daken è fuori gioco, e sono sicuro che giocherà bene con le insicurezze di Daken.
Le scene orniriche di Daken sono interessanti. La storia flirta apertamente con l’attesa routine in cui lui affronta i suoi peccati e torna alla vita determinato a redimersi – ma non lo fa. Piuttosto, Daken parte privo del suo solito atteggiamento, a scusarsi umilmente dei suoi fallimenti, solo perché la sua normale personalità torni quando guarisce. È una bella inversione della formula, e una che comunque implica che da qualche parte sotto tutta la scorsa lui abbia il potenziale per essere diverso. Come sempre in questo arco, la storia fa buon uso dei due disegnatori, e la trama gialla è anche ben costruita.
Buon numero.

Daken: Dark Wolverine # 16
La pagina del titolo dice che questa è la prima parte di “Pride Comes...”, ma la realtà è che si tratta di una continuazione diretta della storia di Rob Williams, Heat.
L’agente dell’FBI Donna Kiel h scoperto l’uomo dietro la droga Heat e, be’, non è andata troppo bene per lei. Intanto, Daken scopre che la droga ha rovinato il suo fattore di guarigione fino al punto di non ritorno, quindi ora lui è più o meno un tizio qualunque.
Capisco dove Williams stia andando. L’intera faccenda di Daken è che lui vuole avere il controllo della sua vita. Questa è la ragione fondamentale per cui vuole potere e controllo sugli altri. Prima di questo arco, la serie parlava essenzialmente di Daken che superava in astuzia e manipolava altre persone, e in genere riusciva a far sì che le cose andassero come voleva lui, cosa che non sempre era particolarmente drammatica. Williams sta ricollocando Daken, non rendendolo meno sociopatico, ma mettendolo contro un criminale che lo ha superato in astuzia, lo ha colto di sorpresa e in generale lo ha preso in giro – trasformando così Daken in un perdente, anche se un perdente psicopatico. È tutto un bene, perché ci dà una ragione per parteggiare per Daken, e perché fa uso dell’ossessione centrale del personaggio.
Detto tutto questo, c’è un passaggio alle grandi pennellate in questo numero che sembra sbucare un po’ fuori dal nulla. All’improvviso abbiamo attacchi aerei sulla casa di Daken, lo smantellamento del suo impero criminale (che non era mai davvero decollato tanto per cominciare), e un criminale dietro le quinte che di colpo mostra la sua mano in un modo difficile da non notare. Sembra tutto un po’ affrettato. Ma ci sono delle buone scene, come quando Daken si taglia da solo nella speranza di far tornare il suo fattore rigenerante, o il messaggio di sfida che Marcus lascia in ufficio perché Daken lo trovi.
Matteo Buffagni, che aveva in precedenza disegnato i numeri 10-12, torna per il nuovo arco. Anche se non è pulito come alcuni degli altri disegnatori che sono passati da questo albo, il suo lavoro è chiaro e nitido, i suoi personaggi in generale buoni ed espressivi, e il suo stile si adatta piuttosto bene a quelli degli altri disegnatori della trama generale.
Ho qualche riserva sull’improvviso cambio di Marcia, ma in generale è un numero decente.

Daken: Dark Wolverine # 17
Dato il rilievo che viene dato loro sulla copertina, evidentemente qualcuno pensa che un’apparizione delle Runaways possa far vendere qualche copia in più... quindi è giusto che qualcuno vi dica che la copertina in effetti mostra il finale della storia, che è l’unica presenza delle Runaways nel numero.
Detto questo… questa storia coinvolge i Pride, che erano gli arcinemici delle Runaways. È essenzialmente un numero di preparazione prima di arrivare all’alleanza (o allo scontro?) del prossimo numero, e non avrebbe davvero avuto senso che le Runaways comparissero prima di quanto facciano. Ma sì, se avessi comprato questo numero basandomi sulla copertina – ed era quella l’idea no? – non ne sarei molto contento.
Giudichiamolo come numero di Daken, però.
Daken ora sa chi lo ha manipolato, ma è talmente abbattuto da non essere davvero nella posizione di farci molto. Tutto ciò va al cuore dell’interpretazione di Daken quale antieroe di Rob Williams – alla fine, per lui tutto ha a che fare col controllo della sua vita, che significa controllare chiunque altro. Il controllo è fine a sé stesso per Daken. Il che va bene fino a che non viene battuto da qualcuno proprio come lui, e anche allora i danni fisici lo interessano meno dell’umiliazione di aver perso. Non è abbastanza per Daken indietreggiare e ritirarsi a Madripoor per ricostruire, per amore dell’immagine che ha di sé, deve restare e vincere. Il risultato, sembra, è che Daken riconosce suo malgrado che può vincere o avere fiducia in sé stesso, ma non entrambe le cose assieme. Il tutto è un chiaro parallelo con l’ugualmente psicopatico (ma meno omicida) personaggio di supporto di Daken, Donna Kiel, i cui impulsi da maniaca del controllo sono incanalati in un desiderio di apparire professionale e vincere a tutti i costi.
I disegni sono un po’ incerti a tratti, come se le scadenze stessero pesando a Matteo Buffagni.
E avrei potuto vivere senza l’apparizione di un generico hacker adolescente, anche se è lì solo per far procedere la trama; inserire di peso il Pride nella trama così Avanti sembra una strana scelta inoltre, specie perché è fatta in un modo che non ha del tutto senso – c’è la fastidiosa sensazione che qualcuno volesse davvero inserire nella trama le Runaways e abbia forzato qualcosa di esistente per giustificarne la presenza. Ma le idee principali restano forti, la parte visiva è ancora perfettamente buona, e quello che vediamo delle Runaways alla fine suggerisce che possa esserci del divertimento nel metterle contro Daken.

Daken: Dark Wolverine # 18
Terza parte di “Pride Comes...”, e abbiamo finalmente raggiunto il punto in cui le Runaways compaiono per più di un cameo... che è ovviamente la ragione per cui la Marvel le ha messe sulla copertina dello scorso numero.
D’altra parte, immagino che se leggerete questa storia probabilmente dovreste aver iniziato con l’ultimo numero – e per certi versi sono lieto che Rob Williams non abbia tentato di espandere artificialmente il ruolo delle Runaways per riempire il resto della storia: per essere onesti, ho ancora delle riserve sul perché questa storia avesse bisogno di inserire elementi di trama delle Runaways, che non mi sembrano particolarmente essenziali.
Comunque, dopo aver scoprto che il suo arcinemico è collegato al Pride, Daken arruola le Runaways, cosa che ha ragionevolmente senso. Piuttosto ovviamente, loro non sono convinte da subito di voler avere qualcosa a che fare con lui.
Una cosa che Williams ha fatto molto bene su questo albo è tracciare dei parallelismi tra Daken e i suoi ospiti, cosa che ha dato loro una valida ragione per essere nella storia: nel caso delle Runaways, oltre a esserci l’elemento di base della trama che le porta in scena, condividono anche un punto di vista da “seconda generazione” con Daken, che è una cosa piacevole. C’è anche il fatto che, laddove Daken pensa chiaramente di essere tornado ad avere il controllo e star manipolando questi buffoni senza problem, noi sappiamo che li sta probabilmente sottovalutando. Nell’insieme, è un buon uso dei personaggi, almeno nel senso che hanno un contributo da dare alla storia piuttosto che aggiungervi valore solo come ospiti.
D’altra parte, i disegni di Matteo Buffagni stanno diventando più abbozzati – le scadenze sono chiaramente un problema, dato che la seconda parte del numero viene gestita da Michele Bertilorenzi e Andrea Mutti, entrambi validi disegnatori ma che non ricordano molto lo stile di Buffagni. E ho ancora problemi con il nemico principale dell’albo, che sembra degenerare da un paziente pianificatore a qualcuno chef a cose folli perché la trama lo richiede (e, in tutta onestà, perché Williams sta tentando di mettere a contrasto due tipi di folli – ma funzionerà solo se il comportamento di Marcus sembra realistico, cosa che in questa storia, per lo più, non è).


Fear Itself: Uncanny X-Force # 2 (of 3)
Questa miniserie è in effetti uno di quei labili collegamenti a Fear Itself. Il Serpente è quasi del tutto assente dall’albo. Piuttosto, la trama riguarda un culto cristiano apocalittico convinto che il crossover significhi che la fine del mondo è vicina, e che sta cercando di aiutare delle anime innocenti a raggiungere più velocemente il paradiso. Dato che il suicidio di massa si è dimostrato meno popolare di quanto sperassero, ora stanno passando al piano B, in cui danno a quelle anime un po’ più di una spinta.
Data la difficoltà nello scrivere una storia autoconclusiva ai margini di un crossover, questo è un concetto valido quanto un altro. È essenzialmente un caso in cui gli eroi vanno in giro a combattere dei cyborg maniaci nel tentativo di rintracciare il capo dei cattivi, ma, ehi, è un crossover in tre numeri X-Force/Fear Itself, sarà una storia d’azione. E la storia fa qualche sforzo per rimpolpare il concetto invece di usarlo solo per giustificare le scene di lotta. Anche Simone Bianchi fa un buon lavoro su questa serie, mantenendo la delicatezza dei lavori precedenti ma migliorando molto la chiarezza della narrazione. Non essenziale ma perfettamente buono.

Fear Itself: Uncanny X-Force # 3 (of 3)
C’è un certo livello di eventi accumulate negli albi X al momento. Questa settimana vede due albi di “Schism” nonce due collegamenti a Fear Itself, che non sembra proprio il modo migliore per far passare le due storie come grandi eventi.
X-Force è uno degli albi che hanno dovuto piegarsi al crossover, quindi i suoi collegamenti sono stati relegate in una miniserie in tre numeri di Rob Williams e Simone Bianchi. Come ormai ci aspettiamo, è molto ai margini della storia vera e propria. Il criminale qui, Jonathan Standish, non è affatto collegato al Serpente. Piuttosto, è un cristiano evangelico apocalittico convinto che stia arrivando la fine dei tempi, con tutto quello che sta accadendo nelle altre storie di Fear Itself. In particolare, è convinto che gli sgherri del Serpente stiano raccogliendo anime per Satana, quindi sta cercando di “salvare” più anime possibile affrettando l’arrivo della gente nell’aldilà, che loro lo vogliano o meno.
Questa è un’idea abbastanza buona per un criminale in questo genere di storia, e da qui la serie diventa essenzialmente X-Force che va a caccia dei seguaci di Standish nel tentativo di trovare lui, e il tutto porta a un climax eccessivo in cui Standish si dirige a New York con una bomba psichica fatta in casa nel tentativo di uccidere tutti in un raggio di venticinque miglia.
In effetti questo numero finale ha un minimo di senso a parte quello. I ragionamenti di Standish si basano in parte sulla vecchia asserzione che i supereroi causino più problemi di quanti ne risolvano; non ci sono buoni, solo un mucchio di persone che combattono tra loro. È una valida motivazione per i criminali dell’Universo Marvel, ma Williams sembra volerla usare in contrasto con la posizione di X-Force come squadra segreta. La storia sembra anche accennare al fatto che, a livello meta testuale, Standish ha chiaramente ragione: la gente comune dell’Universo Marvel Universe esiste davvero solo come sfondo per il caos. Senza supereroi, dice lui, “avremmo potuto raccontare le nostre storie.”
Che è un’idea carina a modo suo, ma non viene sviluppata molto più di così. Piuttosto, abbiamo un’enormità di X-Force che tenta di impedire alla bomba di Standish di esplodere, in una scena d’azione piuttosto artificiosa in cui tutti sembrano dare per scontato che la bomba esploderà se viene colpita troppo forte, anche se non si tratta di un esplosivo, e tutto ciò che vediamo fa pensare che sia pressoché invulnerabile. Se vi sentite caritatevoli, potete leggerla come un’illustrazione del genere di cose di cui Standish si lamenta, ma anche così è un po’ maldestra.
D’altra parte, abbiamo degli adorabili disegni di Simone Bianchi in questa serie – c’è una vera focalizzazione sulla narrazione che non era sempre evidente nei suoi lavori precedenti, e che rende i suoi disegni molto più forti. E la vignetta finale è un bello, insolito anticlimax, che mi è piaciuto per ragioni che non sono in grado di definire chiaramente. Come collegamento a un crossover è abbastanza solido, ma niente che valga la pena leggere apposta.


Fear Itself: Wolverine # 3 (of 3)
Questa storia in tre parti di Seth Peck e Roland Boschi sarebbe stata perfettamente a casa nella testate regolare, ma per essere onesti quell’albo si sta avvicinando al climax di una trama molto lunga, e dal punto di vista creativo è comprensibile che non volessero interromperla.
Tutti sanno ormai che i numeri di collegamento ai crossover Marvel sono, bene che vada, marginali rispetto alla storia, il che spiega perché non abbiano più un grosso impatto sulle vendite (almeno nel mercato diretto). Ma si può comunque fare qualcosa di interessante ai margini di un’altra storia. Quindi questa è essenzialmente una storia in cui Wolverine deve fermare un gruppetto di mercenari che hanno rubato un elivelivolo e pensano fare una missione suicida lanciandolo dentro New York. O almeno lo pensa il loro capo, perché è completamente matto. Non si è preoccupato di spiegarlo al resto dell’equipaggio.
Il collegamento con Fear Itself è semplicemente il fatto che il capo dei mercenary ha deciso che il caos della storia principale è una specie di segno che sia giunto il momento di aiutare tutti a farsi strada verso l’apocalisse. Francamente qualunque vecchio segno avrebbe potuto avere lo stesso ruolo, ma Fear Itself è una cosa buona come un’altra.
Quindi abbiamo una storia in cui Wolverine combatte contro dei mercenari, molti dei quali neanche sanno esattamente perché sono lì. È una solida storia d’azione, che riesce a dare a tutti i cattivi dei tratti distintivi e a ricavare qualcosa dall’idea che alcuni di questi siano stati trascinati a forza nella cosa. Sì, il climax oscilla un po’ al margine dell’assurdo, ma penso che l’albo se la cavi anche così. È un albo ben costruito, e c’è posto per storie in cui Wolverine deve solo affrontare dei cattivi scritti bene e batterli. Non è una lettura essenziale, ma sarei lieto di vedere altro di questi autori.


Gambit: From the Marvel Vault [OneShot]
Se siete riusciti a evitarli finora, gli speciali “Vault” consistono essenzialmente di storie inedite che sono rimaste in fondo a un cassette letteralmente per anni. Apparentemente, alcune di queste sono rispuntate fuoru durante l’ultimo trasloco degli uffici della Marvel, e qualcuno ha pensato che, già che esistevano, perché non pubblicarle?
Questa presumibilmente è venuta alla luce come un numero di inventario di Gambit. Stranamente, è disegnata da George Tuska, un disegnatore in circolazione fin dalla Golden Age e che era praticamente semi-pensionato quando Gambit fu creato. La trama originale si è persa – Scott Lobdell è indicato come scrittore, ma sta semplicemente producendo una sceneggiatura basata su quello che presumibilmente la storia avrebbe dovuto essere. Tuska è morto due anni fa, quindi non poteva essere d’aiuto. E la storia origina,e per qualche strana ragione, vedeva protagonista un Gambit pre-supereroe che si alleava ai campioni per combattere MODOK.
Va ditto che la narrazione dei disegni è molto forte, e nessuno avrebbe avuto troppi problem a immaginare le basi della storia, anche senza l’aiuto della trama. C’è un oggetto che tutti cercano; MODOK e Gambit sembrano cercare separatamente di rubarlo, mentre i Campioni tentano di proteggerlo; e la fine vede Gambit caricare l’oggetto e usarlo per colpire MODOK. Non è proprio Shakespeare, ma almeno vede Gambit scegliere di fare la cosa giusta, in un modo chef a uso dei suoi poteri – quindi c’è qualcosa con cui lavorare. Ed è all’incirca quello che Lobdell scrive, anche se non riesce a resistere all’introduzione di una sottotrama scherzosa in merito ai soldati dell’ AIM che pensano ossequiosamente per impressionare il loro capo telepatico, che di sicuro non c’era nell’originale.
Dios a quando questa storia è stata commissionata – Gambit non aveva neppure una serie regolare fino al 1999, e per allora Tuska aveva 83 anni. Non è proprio un classico perduto e probabilmente sembrava molto datato anche all’epoca. E la vignetta conclusiva suggerisce che Tuska potrebbe non aver capito del tutto che gli oggetti caricati da Gambit si suppone esplodano quando colpiscono qualcosa (altrimenti ha fatto una decisione di narrazione molto strana non mostrando l’esplosione). Da un punto di vista strettamente commercial, posso capire perché questa storia sia rimasta in una credenza per un decennio. C omunque, è piacevole vedere una storia in cui quasi tutto ha senso anche senza una sceneggiatura.


Generation Hope # 10
Questo è uno dei due soli collegamenti ufficiali a Schism – non che sia effettivamente trainata dalla miniserie Schism in sé. Sono essenzialmente gli stessi eventi di Schism 3, ma raccontati dalla prospettiva di Idie. Cosa che ha senso, perché lei è un personaggio chiave in quel numero, ed è anche ai margini fino all’ultimo momento.
Il sentimento antimutante sta sorgendo nuovamente, e Idie in parte lo comprende – dopotutto concorda sul fatto che i mutanti sono pericolosamente potenti e in qualche modo spaventosi, anche se è una di loro. Perciò Laurie la porta alla serata inaugurale del Museo della Storia Mutante da Schism, per un corso intensive sulla storia degli X-Men e sul perché i cattivi siano così cattivi. (Ed è un museo stranamente fornito, ci si chiede cosa possa pensare un visitatore occasionale di una galleria tranquillamente chiamata “Linee temporali alternative”.) Poi il Club Infernale attacca, Scott e Logan litigano sul doversi far coinvolgere o meno, e alla fine Idie si fa Avanti e in qualche modo risolve la situazione massacrando un gruppetto di sgherri, per l’orrore degli altri personaggi che l’hanno messa in quella posizione.
È un caso in cui narrare la stessa storia due volte in effetti funziona, per via dei punti di vista tanto diversi. La versione di Schism mette l’enfasi sul nuovo Club Infernale e sugli X-Men, mentre questa riguarda solo Idie, con anche i criminali ridotti al minimo indispensabile per svolgere il loro ruolo nella trama. (Probabilmente, per ragioni su cui tornerà quando arriveremo a Schism vero e proprio.) È un buon numero, copre i punti chiave per coloro che leggono solo questo albo, ma soprattutto la storia convince per questi personaggi in particolare. I disegni di Tim Seeley colgono molto bene i moment chiave, con Idie in piedi tra le macerie. Ed è un punto di svolta per lei, che passa dall’essere quella silenziosa sullo sfonto a qualcuno che ha deciso di farsi coinvolgere in un modo che mette tutti gli altri estremamente a disagio per ciò che le hanno fatto trascinandola nel loro mondo.
È un albo che vale la pena di avere a supporto di Schism, ma anche un buon pezzo per il personaggio per i lettori che già seguono la serie.

Generation Hope # 11
Tanto per cambiare, la programmazione Marvel ci ha preso spedendo questo numero la stessa settimana di Schism 4, perché il numero vede Ciclope e Wolverine che finalmente hanno la grande discussione; e questo vede quasi gli stessi eventi dal punto di vista di Hope e della sua squadra, che decidono se restare per combattere al fianco di Ciclope.
Una cosa strana delle storie di questa settimana è che finora lo scisma consiste principalmente in Wolverine contro tutti gli altri. A parte Laurie, tutti vogliono restare e combattere – ma questa storia replica lo scisma principale con Laurie e Hope. La differenza è che, come risultato, questo numero porta anche in scena la sottotrama ricorrente di quanta influenza Hope abbia sulla sua squadra (e quanto se ne renda conto). È quanto più vicino giungiamo a vedere Hope che esplicitamente e deliberatamente sovrasta la volontà di qualcuno, cosa che porta a chiedersi dove andranno le dinamiche del gruppo da qui. E per la prima volta, gli altri ragazzi sull’isola compaiono a domandare perché il cast di Generation Hope on interagisca mai con loro. C’è qualcosa che Non È Del Tutto A Posto nel ruolo di Hope nel gruppo, ed è bello vedere che viene ancora sviluppato, con la crisi più grande che lo fa emergere. Anche se è indubbiamente una parte del crossover, questo è il primo numero a sviluppare le storie all’interno del gruppo.
Convenzionalmente, l’approccio di Scott “restare e combattere” dovrebbe essere quello più condvisibile e apparentemente eroico – ci sono delle ragioni insolite per cui qui potrebbe essere diverso, di cui parlerò in seguito quando tratterò Schism. In ogni caso, questa storia sembra fare di tutto per cercare di non cadere nello schieramento da un solo lato che ha segnato Civil War. L’intera cosa sembra essere presentata in modo da massimizzare la nostra comprensione per Laurie. Non è Hope ma Kenji a portare avanti un argomento per l’altra parte. In effetti c’è un monologo di due pagine di Pixie verso la fine, in merito alla gravità della decisione, che non funziona del tutto – è vero che si suppone che lei sia sotto antidolorifici, ma ne viene fuori in un modo stranamente distaccato che mina la scena.
Ma nel complesso è un numero forte per i personaggi che devia abilmente il crossover nella propria trama in corso per il mutuo beneficio.

Generation Hope # 12
Rimescolamento delle squadre! Ovviamente, dato che tutti sono al servizio di Hope, il gruppo di Generation Hope non ha l’opzione di andare per la sua strada come parte di “Schism”, anche se Laurie almeno persuade Hope a mandare Idie alla scuola per rimettersi in sesto. Intanto, Pixie viene inserita nel gruppo al suo posto, in un’interessante miscela di logica della trama (hanno bisogno di un teleporter) e personaggio (Hope è passiva-aggressiva nei confronti di Gabriel). A me sta bene – non solo Pixie ha bisogno di una serie in cui possa splendere, c’è il potenziale perché lei scuota la serie essendo lunico membro del cast regolare a non essere legato a Hope.
C ‘è un’intera scena di cinque pagine ripresa da Regenesis, ma è in più rispetto al normale numero di pagine, e serve davvero che sia in entrambe le testate, quindi non mi crea problemi. Peccato che Kieron Gillen stia lasciando l’albo, ma penso ancora che qui ci sia molto potenziale, e di sicuro è uno dei titoli che aspetto con più interesse ogni mese.

Generation Hope # 13
La recente note dei lunghi coltelli della Marvel ha inevitabilmente portto la gente a chidersi quanto possa essere al sicuro Generation Hope, considerate che viene superato nelle vendite da molti albi che sono appena stati cancellati. Ovviamente, la spinta promozionale di “Regenesis” potrebbe aiutare, e di certo è al sicuro almeno per un’altra trama.
I nuovi autori sono James Asmus e Ibraim Roberson – entrambi in circolazione già da un po’ a fare speciali e storie di breve lunghezza, e che ora hanno il loro primo lavoro su una serie regolare. Inevitabilmente c’è un certo cambio di tono. Parlando in generale, l’angoscia aumenta un po’, e i personaggi vengono scritti in modo un po’ più generico. Laurie è più lagnosa. Gabriel si prende tempo per spiegare i suoi problemi. Ma soprattutto Asmus ha un tono più Marvel-commerciale di Kieron Gillen, e fa i salti mortali per spiegare tutto a qualunque nuovo lettore che possa essere arrivato.
La promozione di questo arco vede il gruppo con Sebastian Shaw, che era stato visto per l’ultima volta in Uncanny quando Emma Frost gli ha cancellato i ricordi e lo ha scaricato nel mezzo del nulla sperando che Namor non si accorgesse che era ancora vivo. Ovviamente questo porta a chiedersi come avrebbero potuto gli altri X-Men non notarlo su Cerebro, e questo numero fornisce una specie di risposta: Emma ha detto alle Naiadi di chiudere un occhio. Come è abbastanza ovvio, Hope decide che possa trattarsi di un nuovo tragico mutante bisognoso del suo aiuto, e parte alla carica per risolvere la situazione. Un’idea abbastanza buona.
È un primo numero abbastanza valido; chiarisce tutti i punti chiave, incluse alcune trame da soap opera, e fa anche iniziare il mister su cosa stia mai facendo Shaw, al tempo stesso portando a un decente cliffhanger. C’è molto materiale in questo primo numero, e trae beneficio da buoni, validi disegni e una splendida colorazione di Jim Charalampidis. Forse gli manca un po’ di sottigliezza e distinzione lungo la strada per essere un albo Marvel più tipico, ma fa bene il suo lavoro.

Generation Hope # 14
Un caso di buona idea con una scarsa esecuzione. Dato che Emma Frost ha tentato di coprire il fatto che Sebastian Shaw fosse ancora vivo, il gruppo di Hope lo ha scambiato per un nuovo mutante, e sta allegramente cercando di portarlo a Utopia, senza rendersi conto di che gran pasticcio questo probabilmente creerà. James Asmus mantiene il ritmo piuttosto bene – lo scorso numero ha definite il tono della sua gestione, in questo numero la squadra complete la missione di portare a casa Shaw, nel prossimo vedremo come reagiscono gli X-Men. Realisticamente, sono sicuro che questo abbia a che fare col fatto che l’albo è nella bolla delle cancellazioni, e c’è ancora parecchio da fare nei numeri che gli sono stati garantiti – comunque mantiene le cose in movimento.
I disegni di Ibraim Roberson sono piuttosto belli da vedere, e l’idea di base che Shaw non abbia idea di cosa sta succedendo è un buon aggancio. Ma la storia è più o meno di routine, il criminale è banale (vuole creare instabilità per poter vendere armi), e non sono così sicuro che Asmus abbia colto davvero la voce di Zero – il personaggio sembra stia sviluppando una dominante vena sentimentale, che è davvero fuori luogo.


Magneto: Not a Hero # 1 (of 4)
Non aspettavo con molto interesse questa miniserie; non è che la Marvel sembri traboccare di idee creative per giustificare tutte le cinque testate mensili degli X-Men, figurarsi aggiungervi delle mini. E anche se è di Skottie Young, che è un grande disegnatore, non la sta disegnando ma scrivendo per il più convenzionale Clay Mann.
Ma ancora una volta sono piacevolmente sorpreso. È una storia lineare: Magneto si presenta a un piccolo raduno antimutante a Brooklyn e uccide tutti i presenti, ripreso in un video. Gli X-Men sanno che il vero Magneto era su Utopia al momento, ma provarlo a chiunque altro potrebbe essere un po’ difficile. Perciò Magnetova in cerca dell’impostore, la cui identità è... be’, già stata rivelata nelle anteprime dei prossimi numeri, ma dato che viene trattata come una grande rivelazione, sarò generoso e non ne parlerò. (Basti dire che è il candidate più ovvio, ma poiché non viene visto dagli anni novanta, mi domando se la rivelazione in effetti funzioni per i nuovi lettori.)
Mi piace abbastanza l’interpretazione che Young dà di Magneto, che non è l’estremista che era, e non aspira più al commando, ma neppure si Sforza di fingere di compatire le vittime del suo doppione. Negli anni è diventato un personaggio le cui alleanze vanno in ogni direzione, ed è probabilmente una storia valida da fare quella di chiarire perché ora sia con gli X-Men e quanto sia cambiato per questo. Dopo tutto, i piani da separatista di Scott significano che sono loro a muoversi nella sua direzione. Il ruolo del doppelganger, a quanto pare, è contrastarlo con una versione della vecchia scuola di Magneto, e vedere come vi si contrappone la versione reale.
I disegni di Mann continuano a migliorare, il suo stile sembra andare nella direzione di Jim Cheung, con adorabili layout e un buon utilizzo del linguaggio del corpo. C’è una sequenza onirica che non è proprio il suo punto di forza – è più un disegnatore letterale – ma nell’insieme è un buon lavoro. Anche la scrittura di Young è inaspettatamente buona, almeno se si chiude un occhio sul cameo alquanto fuori personaggio di Pixie e Surge (anche se, pensandoci, sospetto che preferirei leggere le sue versioni dei personaggi).
Di sicuro è un impiego migliore del vostro tempo rispetto alle testate regolari secondarie.

Magneto: Not a Hero # 2 (of 4)
Immagino che avrei dovuto aspettarmelo quando Skottie Young ha riportato in scena Joseph il mese scorso, ma ora sta passando ad Astra. Ora, ovviamente questo ha senso – lei era nella storia in cui Joseph è morto dopo tutto, ma è davvero un personaggio ignoto che è apparso in una trama di fine anni novanta per non essere più rivisto. I miei ricordi su di lei sono alquanto fumosi, ma per quanto riesco a rammentare era una specie di mistero e non è proprio il personaggio che ci si aspetterebbe di vedere rispolverato in questi tempi di continuity rilassata.
Di cosa abbia in mente per lei Young non sono sicuro.
È abbastanza ovvio che parte della storia riguarda usare Joseph per esplorare il modo in cui Magneto è cambiato. (Pensa di non esserlo, è Scott che si è avvicinato al suo modo di pensare.), ma Astra, se ricordo bene, non era tanto una vera credente quanto una criminale in carriera che voleva vendicarsi di Magneto per averla cacciata dalla Confraternita. Viene usata in modo strano in questo numero: un lungo flashback iniziale la presenta come una pianificatrice della vecchia scuola, mentre la storia principale la vede seguire Joseph in un modo alquanto esagerato che dobbiamo presumibilmente ritenere una messa in scena. Resta comunque difficile da afferrare, e non posso dire che Young faccia davvero qualcosa in questo numero per renderla convincente come personaggio piuttosto che semplice nota di continuity a piè di pagina.
Comunque, voglio dare a Young il beneficio del dubbio e pensare che stia andando da qualche parte con tutto questo (anche se mi crea qualche problema il criminale secondario monodimensionale, un affarista che vuole sfruttare il sentimento antimutante).
Vedremo cosa ne viene fuori.


New Mutants (Vol. III) # 29
È il momento per un arco del crossover Fear Itself! Gli scrfittori Dan Abnett e Andy Lanning partono da un punto logico: Fear Itself riguarda dei cattivi asgardiani, Dani Moonstar ha un collegamento con Asgard da lungo tempo (oltre a un patto in sospeso con Hela), quindi ecco il punto di accesso. Perciò abbiamo Dani che viene trascinata a Hel per aiutare a ordinare le truppe, mentre il resto dei Nuovi Mutanti cerca di seguirla e, uh, sbaglia di grosso e finisce nell’aldilà sbagliato.
Ora, questa parte della storia va bene. Essenzialmente usa Fear Itself come trampolino di lancio per mandare gran parte della squadra in una storia non correlata e ammazzare qualche mese di tempo prima di Schism. In quanto alla parte con Dani, be’, è collegata più direttamente a crossover e non altrettanto interessante. Mi lascia anche un po’ basito vedere che apparentemente Hela non sappia nulla dell’esercito che sta invadendo le sue terre, il che farebbe pensare che non abbia letto i numeri di Journey into Mystery. (È davvero troppo chiedere che Hela mantenga i ricordi di parti precedenti dello stesso crossover?)
David Lafuente si fa carico dei disegni, e sospetto che le sue figure piuttosto allungate e stilizzate non verranno apprezzante da tutti. Inoltre non sono del tutto sicuro che abbia una buona presa dei personaggi per ora – Cypher è molto più espressivo di quanto sia stato da tempo, ad esempio. Ma i suoi layout sono buoni, fa un buon Warlock (cosa rara), i suoi personaggi di sfondo sembrano davvero avere delle emozioni, e i suoi mondi alieni sono alquanto eccellenti. Nell’insieme, mi piace, anche se penso ci vorrà un po’ per abituarsi alla sua versione del cast.

New Mutants (Vol. III) # 30
Questo numero fa parte del crossover “Fear Itself”, ma per lo più riguarda i Nuovi Mutanti che sono accidentalmente andati all’Inferno invece che a Hel, e hanno bisogno di contrattare per poterne uscire. È Magma che alla fine fa un patto con Mephisto per essere rimandata a casa, il che è comodo visto che finora non aveva avuto molto da fare in questa serie, e potrebbe usarla come scusa per elevare il suo profilo. L’albo vede Mephisto come un viscid burlone, che è un bel cambiamento – anche se mi piace il modo in cui passa alla versione John Romita Jr del personaggio quando vuole essere minaccioso.
Intanto, nella storia principale, Dani Moonstar si fa strada a Hel per avere un ruolo marginale nel megacrossover, perché è così che vanno le cose. Per quel che vale, va bene. I disegni di David LaFuente sono curiosi. Realizza dei personaggi molto espressivi, ma ci sono anche strane scelte di narrazione sparse nel numero, come due immagini diverse che hanno lo stesso bordo di vignetta (cosicché gli stessi personaggi appaiono in primo piano e sullo sfondo),che non ottiene nessun effetto comprensibile a parte la confusione. E per le ultime due pagine, anche se comprendo l’dea generale, le meccaniche sono davvero confuse, cosa che non fa affatto bene al finale.

New Mutants (Vol. III) # 31
Altri albi dell’arco di collegamento a “Fear Itself”.
Dopo la deviazione all’Inferno dello scorso numero, questa volta il gruppo arriva finalmente a Hel per dare una mano a Dani. Sfortunatamente, Dani è già stata mangiata da un mostro (che i disegni dell’ultimo numero hanno in qualche modo fatto vedere, ma non chiaramente come si potrebbe volere).Ma fortunatamente, dato che questo è un regno mitologico, essere ingoiati interi non necessariamente porta a qualcosa di più del rimettere in scena le gesta di Giona.
C’è un flashback ben realizzato della prima sconfitta del Serpente, ma per lo più è un lungo numero d’azione, ed è difficile non pensare che questa storia venga trascinata a lungo per riempire un brossurato. Abbiamo davvero bisogno di un intero numero solo per “il gruppo arriva, Dani scappa e si riunisce a loro e tutti si riuniscono alla cittadella di Hela”?
Il punto di forza qui sono in realtà i disegni di David LaFuente che, come già detto, non sono per i gusti di tutti. Francamente, questo numero procede un po’ per tentativi. Il design del personaggio di Bonegrinder è ispirato, la pagina doppia della prima sconfitta del Serpente è eccellente, ma ci sono anche un paio di vignette incredibilmente abbozzate che lasciano a chiedersi quanto fosse vicina la scadenza. Non è mai un buon segno quando degli omini stecco virtuali parlano. Non mi convince neppure l’abitudine di LaFuente di realizzare sequenze senza alcuna divisione in vignette, o pagine disposte in modo strano e casual, che in molti casi si limitano a non far capire cosa stia accadendo. Ma d’altra parte, i suoi personaggi sono meravigliosamente espressivi, disegna il miglior Warlock da anni, e la pagina finale è perfetta. Nel complesso, mi piace quello che sta facendo, ma sono sicuro che dividerà il pubblico.

New Mutants (Vol. III) # 32
Questa è la parte finale dell’arco di collegamento di “Fear Itself”, in cui i nostri eroi difendono Gela contro antichi mostri fino a quando lei è in grado di risolvere tutto e andare ad apparire nel gran finale da un’altra parte. Francamente non c’è molto di più di questo, e anche se gli autori hanno chiaramente cercato di ravvivarlo avvantaggiandosi del surrealismo reso possibile da una storia ambientata nell’aldilà, resta il fatto che si tratta di un conflitto artificiale messo a forza in un crossover che non ne ha bisogno.
David Lafuente disegna solo metà del numero, e ragazzi se sembra fatto in fretta. Ci sono dei bei layout dinamici, ma intorno è parecchio impreciso, e alcune cose sono terribilmente poco chiare – perché di colpo i Draumar diventano una macchia scura quando entrano nel castello, ad esempio? Una splash page con i Nuovi Mutanti che ricevono dei potenziamenti da Hela sembra aver confuse anche il colorista, relegando tutti tranne Magma sullo sfondo, anche se non c’è niente di lei che sia particolarmente importante. Le altre pagine, di Robbi Rodriguez, sono più conservative, ma anche molto più pulite e facile da leggere.
Tutto sommato, non uno dei migliori numeri della serie.

New Mutants (Vol. III) # 33
Il primo numero marchiato “Regenesis” è una storia di transizione, con i Nuovi Mutanti che decidono d ache parte stare.
Ovviamente, lo sappiamo già – Cannonball e Karma vanno con Wolverine, e il resto rimane indietro, perciò, saggiamente, l’albo non si sofferma su questo quanto sulla posizione dei Nuovi Mutanti nell’operazione di Ciclope, con Abnett e Lanning che colgono l’opportunità per dare all’albo un ruolo definito molto più chiaramente. Anche se mantengono il motore della trama con i Nuovi Mutanti che risolvono le faccende in sospeso degli X-Men, la squadra ora si pone come il gruppo che non è interamente con nessuna delle due fazioni. Non vogliono tornare alla scuola, ma non abbracciano neppure le tendenze separatiste di Ciclope. Quindi alla fine, mentre continuano a svolgere missioni di pulizia per Ciclope, i Nuovi Mutanti hanno lasciato Utopia per stabilirsi a San Francisco.
È una buona mossa per l’albo, credo. La serie ha sempre dovuto affrontare il tedioso problema di definire le proprie premesse. In quella originale, i Nuovi Mutanti erano X-Men in addestramento. Ma ormai sono personaggi che sono stati nella classe originale, e si sono diplomati anni fa, ed è solo la storia condivisa dei personaggi ad averli tenuti uniti assieme all’interno della più ampia popolazione di Utopia. Ora sono messi più da parte rispetto al resto della comunità mutante, e questo dovrebbe aiutare a vendere l’idea che la serie riguardi essenzialmente un gruppo di amici rimasti coinvolti nella politica mutante. Sono anche mutant che vivono nel mondo reale, cosa che dà all’albo un ruolo ben preciso – sì, tecnicamente si potrebbe dire lo stesso per X-Factor, ma nel loro caso non è tanto enfatizzato quanto nel modo in cui sembra che Abnett e Lanning stiano progettando qui.
David Lopez disegna questo numero. Ho amato il suo lavoro su Mystic, che si conclude questa settimana, e le sue linee nette e pulite sono adatte a questa serie. Ha modificato l’aspetto di Cypher per renderlo più distintivo (e giocare sul punto di vista del non combattente non atletico), ma penso che funzioni. Non sono altrettanto sicuro del suo Warlock: il personaggio non si adatta facilmente allo stile di Lopez, e non penso che abbia ancora affrontato il problema. D’altra parte, è un disegnatore a cui ci si può affidare per una scena di conversazione vista senza dialoghi attraverso una finestra, e non è qualcosa che si possa dire di tutti coloro che lavorano alla Marvel di questi tempi.
È un numero dalla trama alquanto leggera, e avrei preferito vedere un po’ di preparazione in più per la missione del prossimo numero, ma nell’insieme è una storia di successo.

New Mutants (Vol. III) # 34
Blink è tornata, e sembra andare in giro con una band chiamata Diskhord, che sembrano un po’ come gli Slipknot, ma pare abbiano superpoteri. Intanto, i Nuovi Mutanti dovrebbero essere in cerca di lei. Ma dato che non hanno grandi indizi, per lo più stanno traslocando nella loro nuova casa e incontrando il loro nuovo vicino in pensione/spalla comica.
Per quelli tra voi che non seguono troppo da vicino l’albo, meglio essere chiari: non parliamo della Blink apparsa in Exiles ma della sua versione regolare dell’Universo Marvel, riportata in scena durante la trama di Necrosha un paio di anni fa, e mai più vista da allora. Questo numero non si sforza davvero molto per spiegare chi sia o perché il gruppo dovrebbe cercarla – il che è strano, dato che non è davvero un mister, e addirittura Nate Grey lo chiede, solo perché la conversazione venga interrotta prima che possa ricevere risposta. Presumibilmente lo stiamo tenendo da parte per il prossimo numero, soprattutto perché la Blink dell’universo principale è una sorta di foglio bianco in cui Abnett e Lanning possono scrivere ciò che vogliono – ma sembra comunque una strana scelta già solo l’inserirla.
Molto del numero in effetti riguarda i Nuovi Mutanti che si sistemano nella loro nuova casa, a cui viene dato un bell’aspetto distinto dai disegni di David Lopez. Ci sono le solite forti interazioni tra i personaggi, e una piccola divertente sottotrama con la folle decisione di Amara di provare ad avere un lavoro normale oltre a partire per combattere il male su base regolare.
Molto di apprezzabile qui, nonostante un paio di scelte bizzarre.

New Mutants (Vol. III) # 35
Si scopre che questa trama non riguarda davvero i Nuovi Mutanti che inseguono Blink, dato che l’hanno già trovata. Piuttosto, il gruppo resta coinvolto nella storia su cui stava lavorando – una rock band itinerante che causa disastro naturali quando suona. È un numero misto. L’interazione tra Blink e il cast regolare è buona. Mi piace il modo in cui Abnett e Lanning stanno usando Nate Grey come un personaggio che non è così grandioso come crede di essere (anche se ottiene comunque un po’ di comprensione come risultato), senza battere troppo il chiodo. E i disegni di David Lopez restano eccellenti.
Ci sono alcune piacevoli scene con il teletrasporto di Blink, personaggi splendidamente espressivi che danno vita alle scene di dialogo, e alcuni saltuari (e pertanto più efficacy) usi di strane divisioni della pagina nelle scene di azione.
La band, però... proprio non mi prendono come criminali. Sembra che tengano un demone nel loro autobus, che è un’idea divertente, ma i personaggi in sé sono essenzialmente indecifrabili. E per me il finale non funziona affatto: dopo che gli eroi hanno interrotto lo spettacolo dei Diskhord, li hanno combattuti sul palco, hanno fatto evacuare il pubblico e non sono riusciti a evitare la distruzione di un’intera città, tutti parlano come se la band si limiterà a presentarsi alla prossima tappa del tour e rifare tutto daccapo. Uh... davvero? Tutto questo non ha fatto saltare la loro copertura?


Uncanny X-Force # 13
Parte 3 di “The Dark Angel Saga”, che sta avanzando più velocemente di quanto mi aspettassi. È programmata come una trama in otto parti e mi ero immaginato che il viaggio nella linea temporale dell’Era di Apocalisse avrebbe impiegato di più. Ma no, in questo numero il gruppo recupera l’Aggeggio Magico dell’Avanzamento di Trama e ritorna nel suo universo – dove, come accade in questi casi, le cose sono un po’ andate male in loro assenza.
C on così tanti numeri ancora da venire, sospetto che torneremo ai personaggi dell’EdA più Avanti, ma è bello essere preso in contropiede tanto per cambiare da una storia che sta andando più veloce delle mie aspettative. L’idea di base è che nella linea temporale dell’EdA, la versione locale di Wolverine si stia anche trasformando nel nuovo Apocalisse, proprio come Angelo. Questo Wolverine non pensa di essere un criminale, pensa solo di servire un obiettivo più grande di avanzamento globale – cosa che accidentalmente include l’omicidio di massa. Solo il già menzionato Aggeggio Magico dell’Avanzamento di Trama può fermare la trasformazione, ma gli eroi ne hanno solo uno.
È un numero molto pieno d’azione, a spese della chiarezza. Le pagine di apertura sono davvero un po’ un caos, e non scorre sempre bene come dovrebbe. Ma le parti con l’altro Wolverine vengono fuori bene, le pagine riempitivo di Scot Eaton si inseriscono bene (e sono in effetti più facili da seguire nell’insieme), e il cliffhanger funziona, collegando assieme trame precedenti.

Uncanny X-Force # 14
Questa è la quarta parte di “The Dark Angel Saga”, e spiega cosa stesse facendo Warren mentre il resto di X-Force si rovava nella linea temporale dell’Era di Apocalisse. Ed è buona. Per cominciare, abbiamo di nuovo i disegni di Jerome Opena, che sono sempre stati un punto di forza dell’albo, dato che ha un senso unico della scena e un’inattesa delicatezza nel suo lavoro, anche quando sta facendo belle, chiare scene d’azione.
Ma c’è anche l’introduzione del Warren Malvagio, e Rick Remender lo scrive perfettamente. Nella linea temporale dell’Era di Apocalisse, avevamo Wolverine come nuovo Apocalisse, solennemente convinto che il maniac avesse sempre avuto ragione. Questa vuole essere una trasformazione simile, ma la parte ben fatta è che Warren è anche un Apocalisse più gentile e sereno. Invece di diventare il tipico supercriminale delirante, è gentile coi sottoposti e dolce con i bambini. Dopo tutto, sta portando l’Utopia. I disegni di Opena colgono perfettamente l’idea: mette sulla pagina il giusto linguaggio del corpo, e amo il modo in cui le ali di Warren lo seguono casualmente come un mantello. È molto più efficace come criminale per il modo in cui lo fa così gentilmente da far infuriare.

Uncanny X-Force # 15
Parte 5 della Dark Angel Saga (o sei, se si conta il preludio, come probabilmente si dovrebbe), e in questo numero Rick Remender mette assieme alcuni elementi di trama di storie precedenti per preparare il grande piano di Arcangelo: userà il Seme della Vita che il gruppo ha raccolto un paio di numeri fa, assieme agli apparati di distorsione del tempo di Mondo, per creare una sorta di evoluzione in serra nel mondo reale, e guidarla nella direzione che desidera.
Intanto, Psylocke lo segue nella speranza di riuscire a parlare con lui, cosa che di sicuro non finirà bene; Wolverine non sis a dove sia, e questo lascia il contingente folle/mercenario del gruppo a cercare di fermare i cattivi praticamente da solo. (Come ha chiarito lo scorso numero, questo è in parte un sistema per giustificare il fatto che il gruppo non abbia chiesto aiuto per una minaccia globale – chi si fiderebbe di una richiesta d’aiuto da parte di Deadpool o Fantomex? Un po’ forzato, ma lo accetterò per gli scopi della testata.)
Anche se in teoria si suppone che X-Force sia ancora la squadra segreta di X-Men, il lavoro di Rick Remender e Jerome Opena sulla testata non ha niente del tono pesante e cupo che ci si aspetterebbe per questo. Quello che Remender sta davvero scrivendo è semplicemente un albo di gruppo con una minaccia epica quasi di vecchia scuola e abbastanza elementi originali da farla sembrare relativamente nuova. Apocalisse e la sua coorte sono normalmente stati scritti come lunatici il cui presunto piano di sopravvivenza del più forte non è mai stato preso troppo sul serio, quindi è un bel cambiamento vedere Remender scriverli come veri credenti che pensano davvero di stare aiutando a creare un mondo migliore, a un prezzo che vale la pena pagare. In quanto ai disegni di Opena, sono materiale splendido, e l’albo viene aiutato immensamente dal suo studio dei personaggi per dei seguaci che si staccano dagli standard della serie.
Non sono certo che io avrei inserito di punto in bianco il Celestiale Dormiente nella storia dopo cinque numeri, ma ha solo un ruolo minore (finora), quindi non è un gran problema. Ci stanno dando un forte albo di squadra qui.

Uncanny X-Force # 16
Ah, la coordinazione delle storie. Regenesis deve inevitabilmente fare accenno alla fine di questa trama, ma almeno lo fa con più tattoo possible, e senza davvero rivelare il finale.
Intanto, in questo numero: battaglie e battaglie! Essenzialmente questo è il numero in cui X-Force combatte gli scagnozzi in preparazione del vero nemico il mese prossimo. Si potrebbe dire che è una cosa un po’ ridondante in una storia così lunga. Ma ai Cavalieri è stata data abbastanza importanza finora perché superarli debba essere una cosa seria. Inoltre, ci sono alcuni bei moment per i singoli personaggi, e i disegni sono splendidi come sempre. Remender ha trovato uno splendido tono per i criminali, che emergono come se credessero sinceramente (anche se follemente) che l’imminente apocalisse globale sarà un magnifico inizio per tutti coloro che saranno coinvolti. E scrive anche un grande Deadpool, i cui deliri hanno uno sfondo stranamente poetico in questo albo. C’è spazio per migliorare, ma è comunque un buon numero.

Uncanny X-Force # 17
Penultimo capitolo della Dark Angel Saga, ora all’ottavo mese (se contate il prologo, e dovreste), e ovviamente questo è il punto in cui arriva la cavalleria e le sorti cambiano, con gli X-Men dell’Era di Apocalisse che arrivano a dare una mano, mentre gli ultimo seguaci di Arcangelo cadono così che gli ero possano finalmente affrontare lui nel finale.
È buona narrazione classica, a cui viene dato maggiore spessore dall’abile modo in cui Rick Remender e Jerome Opena hanno presentato Arcangelo – invece di usare il maniaco delirante, è un calmo, dignitoso, stranamente compassionevole vero credente nelle virtù dell’annichilimento globale. È un bel modo di dare nuovo vigore a una vecchia idea.
C’è un flashback del primo incontro di Warren e Betsy in cui potrei segnalare dei buchi di continuity se ne avessi voglia, ma lascerò stare. Non sono neanche del tutto sicuro del costume della Psylocke Malvagia, che è un po’ troppo un cliché per questo albo – anche se il richiamo alla tiara di Lady Mandarin è un bel tocco, supponendo sia voluto. Detto ciò, è un altro numero splendidamente disegnato di un arco ben costruito che sta procedendo bene e sta riuscendo a non restare più a lungo del necessario, nonostante abbia impiegato gran parte di un anno per arrivare a conclusione. Forse il punto chiave è che gli autori sono riusciti a dare al tutto un senso di proporzione che fa sentire giustificata la lunghezza – e abbastanza abili dettagli da rendere ogni capitolo interessante.

Uncanny X-Force # 18
Conclusione della “Dark Angel Saga”, ed è un piacere dire che Rick Remender e Jerome Opena l’hanno portata a termine perfettamente.
Anche se parti della storia hanno rischiato di affollare la trama con troppi personaggi, questo numero ha la giusta focalizzazione. Wolverine, Deadpool e Deathlok si vedono a stento, lasciando Arcangelo, Psylocke e un insolitamente serio Fantomex a portare il numero, mostrandoci il triangolo amoroso.
L’Arcangelo di Remender e Opena è stato un grande criminale, in gran parte per via della sua ineffabile quasi-ragionevolezza; avrebbe potuto essere un classico grande piano di distruzione del mondo, ma il modo in cui lui lo porta avanti lo rende nuovo – oltre a far tenere a mente l’idea che si suppone lui sia riconoscibile come Warren. Ma allo stesso tempo in cui zooma sul cast principale, la storia continua anche a scalare la trama, prima con Fantomex che rivela ciò che ha fatto al bambino Apocalisse che teneva nella vasca, e poi con una memorabile sequenza alla fine con Psylocke che dice addio a Warren – portando a un'altra svolta finale sull’ultima pagina.
La sequenza di addio è quella che rimarrà impressa a mosti lettori, però, con Psylocke che guida Warren attraverso una versione del tutto fittizia della vita che avrebbero avuto assieme, nel corso di un montaggio lungo tre pagine. Non solo è realizzata splendidamente di per sé, ma ha un senso di pace e calma che contrasta brillantemente con le scene circostanti.
È un lavoro davvero eccellente, ed è davvero grandioso vedere questo genere di cose in un albo come X-Force, in cui non ci si aspetterebbe necessariamente di trovarle.

Uncanny X-Force # 19
I credit dicono che questo è il primo capitolo di “Live With This”, ma sembra molto più un epilogo della Dark Angel Saga.
Le ultime due pagine sono un cliffhanger che dà inizio alla nuova trama, ma il resto dell’albo è puro epilogo, e a me sta bene; dopo una storia d’azione così lunga, l’albo ha bisogno di un numero per prendere fiato, rivedere i suoi personaggi e fare pulizia di elementi che non saranno più necessari.
Quindi Fantomex spiega cosa stava facendo con Genesis, il clone di Apocalisse che stava allevando nella realtà virtuale – e poi sia Genesis sia il resettato Angelo (che non ricorda nulla) vengono spediti alla scuola da Wolverine e dagli X-Men.
Mi piacciono entrambi i personaggi, e li vedo funzionare bene nell’albo di Jason Aaron, anche se sembra una strana scelta quella di separare Genesis da Fantomex. Forse continueranno semplicemente ad apparire in questo albo. Di sicuro mi piace il modo in cui Rick Remender sta scrivendo Fantomex come un personaggio che lotta duramente per essere la sincera figura paterna di cui Genesis ha bisogno, anche se è del tutto contrario alla sua natura – e c’è anche del potenziale nell’idea che il povero Genesis non si renda conto che la sua storia fittizia è solo una copia fatta male di quella di Superman, qualcosa che chiunque incroci la sua strada noterebbe dopo pochi secondi dalla sua spiegazione.
C0è anche un addio ai personaggi in visita dall’Era di Apocalisse, che funge pressoché anche da “ehi, avete preso in considerazione di comprare la nostra nuova testata?” È interessante che Nightcrawler resti indietro per rimanere con X-Force – e presumibilmente, nel lungo termine, riempire il vuoto lasciato dall’originale.
I disegni su questo arco sono di Robbi Rodriguez, il cui stile è parecchio più sciolto ed esagerato di quello di Opena, ma funziona vene per una storia imperniata sui personaggi come quella di questo numero, e sospetto che andrà bene con i Captain Britain Corps quando avranno più spazio nella storia in seguito.
Diamo questo a X-Force: sembra avere regolarmente alcuni dei migliori disegnatori su cui gli Albi X possono mettere le mani.


Uncanny X-Men (Vol. I) # 542
L’Universo Marvel è decisamente sovraccatico di eventi al momento – tra “Fear Itself”, “Spider-Island” e “Schism” ne abbiamo tre in corso allo stesso tempo. Quindi, a fianco della storia di “Schism” che si suppone debba scuotere le testate degli X-Men, Uncanny si ritrova in un collegamento a “Fear Itself”, il che sembra una strana programmazione.
È comunque un numero piuttosto buono. Si tratta di un altro capitolo con il Fenomeno che cammina poderosamente verso San Francisco e gli X-Men che cercano di trovare qualche modo di fermarlo, ma è una preparazione sorprendentemente funzionante. Nonostante il potenziamento di “Fear Itself”, si tratta essenzialmente di una storia del Fenomeno delle origini, basata sul vecchio mantra “Nessuno può fermare il Fenomeno”. Non è neppure che stia causando grossi danni mentre attraversa la città; la tensione arriva dall’anticipazione di quello che farà quando arriva a destinazione, e dal completo fallimento di tutti i piani per fermarlo. Quindi abbiamo una serie di montaggi di piani falliti che o chiudono la domanda ovvia (perché non teletrasportarlo altrove?) o portano a dei bei cameo (ehi, Adam X è ancora vivo).
Intanto, finalmente gli X-Men fanno la cosa sensate che era stata presagita dal primo capitolo e chiedono a Illyana di risolvere il problema. Non sono del tutto certo del perché lei non cerchi semplicemente di colpire il Fenomeno con la Spada dell’Anima – non spezza più gli incantesimi? – ma del resto penso che si potrebbe dire la stessa cosa di qualunque storia del Fenomeno degli ultimi vent’anni. Lasciamo la cosa da parte, e la sua soluzione qui ha comunque senso: contattare Cyttorak e fargli notare che qualcuno ha danneggiato il suo avatar. Tutto questo porta a un cliffhanger alquanto buono. C’è anche una bella sottotrama con Emma, che sviluppa un punto rimasto sullo sfondo per secoli: dato che tutti hanno capito perché Hope sembra terribilmente familiare, perché Emma non la trova un po’ minacciosa?
I disegni di Greg Land sono un po’ raffazzonati (la sua Emma lascia ancora qualcosa a desiderare), ma è in effetti uno dei suoi numeri migliori. Anche se ci sono delle espressioni neutre, non ci sono tutti i ghigni da maniaco, e riesce davvero a rendere bene le sequenze del Fenomeno – quella in cui oltrepassa il crepaccio è ben realizzata.
In conclusione, un numero valido.

Uncanny X-Men (Vol. I) # 543
Intanto, in Fear Itself, si scopre che i numeri di collegamento degli X-Men hanno qualche effetto duraturo sulla testate dopo tutto.
Questo è il climax dell’arco (e probabilmente ci ritornerò in un altro post), e si scopre che l’idea di Colosso quale nuovo Fenomeno prenderà piede. Di dove questo lasci Cain Marko dopo la fine del crossover non ne ho idea, ma è una storia potenzialmente interessante di per sé – soprattutto perché questo numero si impegna a sottolineare che essere il Fenomeno non si limita ad accrescere il tuo livello di potere ma cambia anche il modo in cui vedi il mondo, e non in meglio.
Il Fenomeno, chiunque esso sia, finisce per convincersi della gloria della distruzione, e fatica a ricordare perché abbia mai pensato diversamente. Questo non significa che Peter diventa un folle violento o niente del genere, è ancora riconoscibilmente la stessa persona, ma una i cui atteggiamenti sono stati forzatamente cambiati in un modo che non comprende più del tutto.
Mi piace questa idea. A parte il fatto che un intero arco narrative in una delle testate principali dovrebbe sempre avere delle conseguenze, viene gestito bene come un sacrificio tragico di una parte dell’anima di Peter, e dà una nuova direzione al personaggio. Francamente, Peter è stato a girarsi i pollici fin da quando è stato riportato in vita a servizio della nostalgia. È diventato uno di tanti personaggi (come l’Uomo Ghiaccio e Gambit) che se ne stanno ai margini del cast, non perché gli scrittoi abbiano qualcosa da fare con loro, ma perché la loro presenza legittimizza l’albo come fumetto degli X-Men. E va bene fino a un cedrto punto – i grossi calibri nei Vendicatori spesso svolgono la stessa funzione – ma se deve essere qualcosa di più, Peter ha davvero bisogno di un’idea nuova e una vera nuova direzione.
La scena dell’epilogo è altrettanto interessante, con Scott che se la prende con Sadie per aver anche solo preso in considerazione l’offerta del Fenomeno, e praticamente minaccia di ucciderla se dovesse mai far alterare di nuovo gli X-Men. Questo è Scott come un politico estremo, che si è alienato praticamente l’intero governo USA e ora sta tagliando i ponti con l’unica persona con cui andava d’accordo, e presumibilmente questo si lega alla sua filosofia post-Scisma.
La copertina pesante e dalle strane proporzioni di questo numero non è una buona pubblicità per i disegni Greg Land. Quelli all’interno sono significativamente migliori, e le scene Fenomeno/Fenomeno sono davvero piuttosto buone. Badate bene, c’è una scena Emma/Namor in cui l’eccesso di atteggiamento da civetta è davvero una tortura, e la scena Scott/Sadie alla fine è visivamente piatta – c’è una sottile differenza tra “difficile da interpretare” e “piatto”, e lui davvero non la coglie. Cionondimeno, la scrittura è abbastanza buona da far funzionare per lo più le scene. Buon numero.

Uncanny X-Men (Vol. I) # 544
Gli annunci che indicano questo come “l’ultimo numero” mi hanno fatto roteare gli occhi: sappiamo già che pubblicheranno Uncanny X-Men (Vol. II) 1 a Novembre, quindi non è l’ultimo numero ma solo un cambio di numerazione – uno volto principalmente a promuovere il cambio di direzione, anche se sospetto che volessero mettere la fazione di Wolverine ad armi pari con quella di Scott ed evitare l’impressione che sia un X-Treme X-Men (Vol. II).
Kieron Gillen, sia benedetto, comunque capisce che se devi fare qualcosa del genere devi impegnarti fino in fondo, quindi questo numero è ampiamente dedicato a convincerci dell’idea che gli X-Men siano stati profondamente cambiati e che, in modo significativo, le cose stiano arrivando a una fine. (Serve anche a riportare in circolazione Sinistro, come strano metacommentatore che riflette su come la versione di Xavier degli X-Men sia finalmente morta.)
Sarebbe stato più facile da fare se l’interruzione fosse avvenuta intorno al trasloco a Utopia, quando c’era un cambiamento molto più evidente in ciò che gli X-Men erano diventati, ma Gillen ci riesce.
Con Jean morta, Warren non più in circolazione dopo l’attuale arco di X-Force (anche se la storia fa attenzione a non dire mai esattamente perché),e Hank andato via da tempo, tutto quello che resta degli X-Men originali sono Scott e il povero, emarginato Bobby, che non ha una trama da anni, anche se Bobby viene usato molto qui, dato che la storia si basa sul fatto che Scott sta perdendo il suo ultimo legame con il gruppo originale.
La storia glissa del tutto su ciò che sia accaduto al Professor X, presumibilmente per evitare di incrociare la trama di qualcun altro – il che è un peccato.
In quanto ai disegni di Greg Land... be’, ci sono delle sequenze decisamente goffe, e alcune disposizioni traballanti delle vignette nelle scene di conversazione, per nessun motivo comprensibile, ma le scene di Sinistro sono buone, e la doppia pagina centrale della storia degli X-Men è ben fatta.
Nel complesso è passabile.
Comunque, anche se c’è poco più che fumo e specchi, la storia riesce a far passare l’idea che si tratti ti una rottura significativa. Per Scott, tutti coloro che se ne vanno stanno cercando di ricatturare glorie passate: sa che la squadra, un gruppo di separatisti che vive su una roccia ed è composta principalmente di personaggi dalla dubbia virtù e/o sanità mentale, non è davvero gli X-Men come li si intende tradizionalmente, ma non lo vede tanto un problema quanto della vuota nostalgia.
Se non mi convince l’idea che sia qui che le cose sono cambiate, almeno accetto che sia qui che Scott se ne è accorto, ed è abbastanza perché la storia funzioni.




Uncanny X-Men (Vol. II) # 1
“Nuova serie regolare!” proclama la copertina, come se ci fosse stato un qualche genere di interruzione dal numero finale dell’ultima serie.
Per certi versi, Kieron Gillen ha la sfida più grande nello scrivere questa parte del gruppo. Non solo la fazione separata di Wolverine è quella che attira naturalmente le maggiori simpatie, ma a prima vista gli X-Men rimasti stanno semplicemente proseguendo lo the status quo degli ultimi anni, solo con un po’ meno gente.
Uno dei compiti chiave di questo primo numero è stato convincermi che non fosse così, e che lo scisma avesse cambiato le cose anche per questo albo.
E ci riesce.
Con quasi tutti i ragazzi andati via (e i pochi rimasti che vengono trattati come cadetti militari), gli X-Men sembrano aver abbandonato ogni pretesa di star gestendo una specie di rifugio in cui la gente possa vivere normalmente; sono un piccolo gruppo separatista convinto che qualcuno debba fare il lavoro duro di proteggere i mutanti rimasti, anche se a Wolverine e al suo gruppo non interessa. E ora stanno apertamente facendo di tutto per avvantaggiarsi del modo in cui intimidiscono i normali umani – sono ancora supereroi, ma in parte solo per poter fare una dimostrazione di forza e ricordare a tutti di starsene fuori dal loro giardino.
Questo significa anche (era ora) un ritorno a una composizione definite del gruppo, che dovrebbe fare molto per alleviare la mancanza di concentrazione di cui quest’albo ha sofferto negli ultimi anni: Ciclope, Tempesta, Colosso, Magneto, Emma, Danger, Namor, Magik e Hope.
È un gruppo di grossi Calibri ridicolmente superpotenziati, e lo è deliberatamente. È anche un gruppo pieno di gente con un passato dubbio, con forse l’unica eccezione di Tempesta. Molti di loro sono ex criminali, e almeno uno è una psicotico borderline.
Ovviamente, a questo punto della storia, non hanno chiaramente torto, ma la natura dell’ambientazione significa che la storia deve almeno far sorgere dei dubbi sul fatto che si stiano spingendo troppo oltre. Una difficoltà ancora più grande potrebbe essere rendere il gruppo qualcosa che si possa comprendere, dato che Ciclope di rado è stato visto come un personaggio per cui fare il tifo, ma Tempesta, Hope e (fino a un certo punto) Colosso dovrebbero poter ricoprire quel ruolo.
C’è anche un’altra ragione per cui lo scisma influenza quest’albo, che in effetti viene spiegata meglio nella pagina di riassunto di X-Men (Vol. III) 20: l’intero scopo di Utopia è rappresentare i mutanti, eppure la defezione di massa fondamentalmente mina l’affermazione di Scott che lo faccia: non ha più un chiaro mandato, e risponde a questo raddoppiando le sue politiche più controverse. Non può finire bene – ma potrebbe essere una buona storia.
La storia effettiva del primo numero – a parte presentare in nuovo gruppo e il loro ridefinito rapporto con Francisco – vede tornare Sinistro per... be’... fare qualcosa... con il Celestiale Dormiente. Sinistro è un personaggio difficile, è partito come davvero misterioso alla fine degli anni ottanta, prima di abbassarsi nel corso del decennio successive a diventare un pasticcio incoerente e arbitrario con scopi vaghi e mal definiti. Non aiuta il fatto che sia appesantito dal nome straordinariamente melodrammatico e da un aspetto che originariamente si basava sul concetto di Chris Claremont di un supercriminale come lo avrebbe immaginato un bambino. D’altra parte, quello che sappiamo molto chiaramente di Sinistro è che gli interessa la direzione dell’evoluzione (per qualche ragione) e pensa che i mutanti abbiano in essa un ruolo chiave, perciò dovrebbe essere molto preoccupato delle stesse cose che interessano Ciclope. Visivamente, l’ultima versione di Sinistra ricorda non poco V per Vendetta, specie nelle pagine iniziali in cui sta uccidendo turisti a caso con una spada, ma se questo abbia un qualche significato resta da vedere.
Il suo piano effettivo in questa storia è caratteristicamente oscuro, e penso che un fattore qui sia quanto vi fidiate del fatto che Gillen abbia una vera risposta una volta tanto. D’accordo, la lista dei passati misteri di Sinistro che avessero davvero un senso non è molto buona, ma confido in Gillen su questo, in parte per il suo passato, ma anche perché il cliffhanger eleva la storia da un attacco generico a un “ma che cavolo” – è talmente strano che deve portare da qualche parte.
Carlos Pacheco è un grande disegnatore di supereroi – alquanto più convenzionale di Chris Bachalo sulla testate gemella - ma sa davvero come realizzare una sequenza d’azione e dare vita ai suoi personaggi. Fa un grande lavoro anche con le sequenze di montaggio, dato che sa come realizzare una singola pagina che suggerisce un’intera scena.
È anche bello vedere che viene si pensa un po’ al design di Utopia, come per la sala riunioni degli X-Men. Già da tempo i disegnatori avrebbero dovuto mettersi d’accordo su un aspetto per il posto che andasse oltre “lo stretto indispensabile”. Il design del Fenomeno /Colosso ha ancora bisogno di essere un po’ rifinito; c’è qualcosa che mi sembra ancora strano, e qualcosa con i cubetti che non è chiaro come dovrebbe essere... ma l’ultima pagina doppia è eccellente, e nel complesso è un bell’albo a fumetti.
Inevitabilmente questo è un albo più cupo sia di Wolverine sia di X-Men, ma solo fino a un certo punto. Ci sono ancora dei bei momenti di commedia nell’albo, gli X-Men non sono diventati un gruppo paramilitare, e il piano di Sinistro è del tutto demenziale.
Ha un concetto più difficile da portare Avanti, ma è partito bene.

Uncanny X-Men (Vol. II) # 2
Secondo numero, e ci sono già dei disegnatori aggiunti per coprire alcune delle pagine? Tsk. Non che sia davvero un problema qui: Jorge Molina disegna una sequenza in flashback che funziona perfettamente in uno stile diverso, e il lavoro di Rodney Buchemi sembra amalgamarsi in modo abbastanza accettabile con Carlos Pacheco.
Quindi: in questo numero, gli X-Men continuano a combattere Sinister, che a quel punto fa qualcosa di ben poco caratteristico per lui: spiega le sue intenzioni.
Il problema di Sinistro, storicamente, è che è andato alla deriva dall’essere un personaggio davvero misterioso nelle sue prime apparizioni a un criminale che faceva qualunque cosa la trama richiedesse, con la scusa di essere enigmatico. Questo ha reso alquanto difficile rimettere assieme tutti i fili, e quando gli è stata infine data una storia come scienziato pazzo dell’era Vittoriana, questo non spiegava davvero nulla di quanto avesse fatto prima.
A quanto sembra, l’approccio di Kieron Gillen riconosce che sia necessario un drastico rimaneggiamento, e il modo migliore per rimettere in forma Sinistro è un reset del personaggio, tracciando una linea chiara sotto quello che è accaduto in passato e dandogli un piano e uno stile specifici – e se qualcosa di accaduto non si adatta, basta non parlarne mai più. Con un personaggio contorto come Sinistro, questa è probabilmente la cosa migliore, quindi ecco un pretesto per il cambio di atteggiamento: morto l’originale, questo è il clone “migliorato”, progettato per prendere il suo posto, in un ciclo continuo di tentativi di perfezionarsi. Il suo stile è ora quello di un melodrammatico criminale Vittoriano, il suo piano è creare una razza superiore riproducendo in massa la persona più perfetta in circolazione, , ovvero lui stesso. Questo non si adatta del tutto alla precedente ossessione di Sinistro per il DNA dei mutanti in generale e di Ciclope in particolare, anche se si potrebbe sempre obiettare che i mutanti sono diventati inadatti dopo l’ M-Day, e quindi Sinistro sta passando al piano B. Cosa più importante, comunque, è che prende un personaggio nebuloso e disperso e gli assegna un piano chiaro che lo rende più che un semplice scienziato pazzo di servizio alla trama del momento.
Quindi, come riabilitazione di Sinistro va piuttosto bene. E mi piace il modo in cui viene posto come un inequivocabile criminale: col gruppo di Ciclope già ritratto come gli X-Men moralmente ambigui, è utile avere a confronto qualcuno che è inequivocabilmente cattivo.
È vero che questo numero è essenzialmente una scena di lotta con qualche spiegazione dei piano di Sinistro, ma penso che se la cavi lo stesso. Dato che è soprattutto un numero di azione, il discorso da criminale di Sinistro funge da pausa. Inoltre, ovviamente Gillen ha messo un certo impegno nell’assicurarsi che tutto ciò che accade nelle scene di azione significhi qualcosa, invece di trattarle solo come un requisite del genere e lasciare che il disegnatore disegni qualche massacro. La sequenza dell’ultimo paio di pagine, che chiarisce l’idea della mente alveare di sinistro, è eseguita molto bene.
Un numero piuttosto funzionante nel complesso.


Wolverine (Vol. IV) # 15
Wolverine va allo Yukon per pensare al suicidio, tanto è influenzato dalla fine dell’arco narrative precedente (in cui ha scoperto che la Rossa Mano Destra gli ha fatto uccidere con l’inganno un figlio che non aveva mai saputo di avere).
Quando ho recensito quell’arco narrative, ci sono state delle discussione nei commenti sul fatto che la storia fosse gravemente minata dal fatto che Wolverine appaia in così tante testate ogni mese, e nessuna di esse sembrasse considerarla affatto. Personalmente, non penso sia un problema critico. Anche se ci fosse un solo fumetto di Wolverine, sarebbe sempre ovvio che la risposta alla domanda “Si arrenderà” sarebbe “Non per più di una manciata di numeri male che vada”, dato che altrimenti non ci sarebbe una serie.
Detto questo, c’è un certo grado di sindrome da universo parallelo qui, dato che agli eventi della storia non fa accenno neanche lo stesso Aaron in Schism, e penso che la Marvel sottovaluti il valore di fare almeno riferimento agli eventi in altre testate. Razionalmente o meno, contribuisce a dare la sensazione di un mondo coerente, cosa che ha un certo valore quando si scrive fantasy. (Sospetto che l’atteggiamento della Marvel sia che quel genere di cose richiede un grado di coordinazione che semplicemente non vale lo sforzo, e in termini di qualità delle single storie hanno probabilmente ragione – in particolare quando questi riferimenti finiscono per essere solo vaghi rileggendo le storie anni dopo – ma ci sono dei benefici immateriali nel farlo se il tuo giro di affari si basa principalmente sulle prime uscite delle serie mensili.)
Comunque sia, in questo numero Wolverine finisce di occuparsi dei cadaveri dei Mongrels, tenta il suicidio (cosa che ovviamente presenta alcune difficoltà di ordine pratico), e in generale getta la spugna. I disegni di Goran Sudzuka sono molto chiari ed efficaci, e il concetto viene trasmesso bene quanto ci si può aspettare, anche se alla fine è contrastato dal fatto di accennare a qualcosa che sappiamo non accadrà. L’interesse reale qui è nel modo in cui Aaron ricostruisce il personaggio – e data la sua storia non sarei del tutto sorpreso se questo includesse in qualche modo la religione, non che sia una cattiva idea per il personaggio. Di certo Aaron si sta prendendo il suo tempo con questa trama, e devo chiedermi se possa davvero finire il altro modo che non facendo fare un giro complete al personaggio fino al punto di partenza, ma se deve fare la routine “distruggiamolo e poi ricostruiamolo”, di certo Aaron vi si sta impegnando.

Wolverine (Vol. IV) # 16
Così, Jason Aaron ha impiegato un anno ad abbattere il suo personaggio titolare e portarci a un punto in cui Wolverine ha gettato la spugna, si è arreso ed è andato a rimuginare tra i monti.
Ovviamente non può restare lì. La domanda è, come farà Aaron a scriversi fuori da questo angolo? Più precisamente, sembra l’inizio di un nuovo ciclo? O solo un anticlimax?
Sfortunatamente, la risposta è enfaticamente “anticlimax”, e Aaron fa ricorso alla vecchia situazione in cui Wolverine incappa in un qualche criminale che necessita di essere battuto (cosa che perfino lui riconosce come una coincidenza improbabile) e poi un gruppo di suoi amici appare e lo incoraggia a tornare a casa. Cosa che fa, ed essenzialmente finisce lì.
Cosa che avrebbe anche potuto andare bene, se ci fosse stata una qualche sensazione che Wolverine fosse stato cambiato da questa esperienza e stesse per tornarne come un altro uomo, o almeno un uomo che intende cercare di cambiare. E penso che Aaron mirasse a quello, ma non mette il colpo a segno, forse perché alla storia manca ogni concreta sensazione di come Wolverine debba essere diverso questa volta. C’è una strana coda con un Wolverine segnato dalle battaglie su Utopia che ha senso solo se la si considera un’introduzione a Schism 1, e forse è questo che Aaron aveva in mente: l’esperienza di Wolverine in questo arco giustifica il suo atteggiamento in quell’albo, e spiega perché lo stia tenendo adesso, riconciliando ogni incoerenza con il suo comportamento in passato. Ma se quella è l’idea, è degradata al punto da diventare invisibile in Schism, e qui c’è solo una vaga allusione.
Ci sono dei disegni molto belli di Goran Sudzuka, e mi piace la colorazione minimalista delle scene nella neve all’inizio. Anche i cameo con le teste parlanti dei personaggi sono ben disegnati, anche se si avvicinano un po’ troppo al territorio di Bendis. I tizi strani che fanno combattere dei bambini contro i lupi... sono al limite del troppo generico, ma penso che i disegni li rendano bene. C’è del buono qui, e la storia potrebbe funzionare bene col senno di poi se i prossimi numeri fornissero la sensazione di una nuova partenza, che qui manca. Il problema fondamentale, penso, è che per funzionare la storia dovrebbe colpire un “sorge un nuovo giorno”, ma lo manca e colpisce un “eccoci punto e a capo”. Si potrebbe risolvere nei numeri successivi; speriamo.

Wolverine (Vol. IV) # 17
Questo numero ha un banner “Regenesis”, ma si scopre che non significa molto più di “succede dopo Schism.”
Wolverine è tornado a San Francisco per prendere alcune cose, dire addio a Melita, e (si suppone) raccogliere dei soldi che pensa di usare per finanziare la nuova scuola. Ovviamente non può essere così semplice, e quindi abbiamo una storia di Wolverine che viene trascinato in altre faide a Chinatown, presumibilmente così che Aaron possa riprendere i fili sciolti del fatto che Wolverine sia tecnicamente il bosso del crimine di Chinatown. (Cosa che risale... alla miniserie Wolverine: Manifest Destiny?)
Questa si scopre essere un’ opportunità per fare qualcosa con gli Agents of Atlas, che dovrebbero essere adatti allo stile di scrittura di Aaron: idee ridicole trattate in modo serio è praticamente il suo metodo di lavoro, e l’Atlas ne è piena.
Ron Garney sembra anche molto felice di disegnare gorilla e draghi.
Sono meno convinto della parte con Melita; sospetto che sia una finta e che lei lo seguirà sulla costa est, ma dopo il ruolo importante che ha avuto nell’ultima trama, non mi convince proprio che la loro relazione vada in questo modo, e di certo non così bruscamente.

Wolverine (Vol. IV) # 18
A quanto sembra, a parte riannodare dei fili sciolti della fine della miniserie Manifest Destiny, ”Goodbye, Chinatown” è il modo di Jason Aaron di cambiare Marcia dopo un anno di tristezza cumulative, e lasciare che l’albo torni a essere divertente. A me va bene, perché gioca sui suoi punti di forza come scrittore. Molto di quello che accade nell’albo è semplicemente ridicolo: Wolverine si allea con Gorilla-Man e Fat Cobra (ecco un paio di ospiti del tutto casuali) per combattere contro un impero letteralmente sotterraneo e una raccolta di draghi. Ciò significa che il disegnatore Ron Garney può disegnare draghi, e anche gorilla e kung fu. Ovviamente non è una storia che mira allo spessore emotivo. Ma va bene.
Okay, su alcune delle scene di lotta si potrebbe lavorare. Le pagine di apertura sono una serie di generiche accoppiate di personaggi che apparentemente si teletrasportano da un avversario al successive, senza nessun vero flusso. Ma la parte con i draghi è adorabile.
È stupido, ma divertente.

Wolverine (Vol. IV) # 19
Questa è la parte finale di “Goodbye Chinatown”, etichettata come la trama “Regenesis”, ma si tratta più che altro di Jason Aaron che riannoda i fili sciolti della permanenza di Wolverine a San Francisco e ricolloca il personaggio e il suo cast di supporto composto da una donna sola a New York.
L’arco riprende gli elementi della trama della prima storia di Aaron di Wolverine, nella miniserie Manifest Destiny, dove era tecnicamente diventato il capo del crimine organizzato della Chinatown di San Francisco, e come sempre accade quando i membri degli X-Men accettano simili ruoli, la cosa non è stata mai più menzionata. In teoria, “Goodbye Chinatown” traccia una linea sotto quella sottotrama, e vede Wolverine cercare di recuperare una parte dei suoi soldi, il che dovrebbe spiegare come fa ad aiutare a finanziare la ricostruzione della scuola in Wolverine e gli X-Men – anche se vedo dalle anteprime che il suo bisogno di soldi sarà un trampolino di lancio per le trame ancora per un po’. In realtà, quello con cui ci ritroviamo è Wolverine, Gorilla-Man e Fat Cobra (un personaggio di supporto di Pugno d’Acciaio) che combattono spacciatori di droga kung fu e draghi giganti in una società nascosta sotterranea.
Non c’è alcuna vera pretesa che si debba prendere tutto ciò seriamente; elementi della trama vengono allegramente e sfacciatamente messi da parte, i discorsi motivazionali sul liberare gli schiavi dei criminali sono minati dagli avvertimenti sul pessimo stato dell’economia della superficie, e i criminali di Manifest Destiny sembrano essere stati riportati in scena solo per servire come carne da macello che fornisce un minimo di simmetria con la vecchia gestione di Aaron. Ma dato il tono generalmente cupo del lavoro di Aaron nell’ultimo anno o giù di lì, e il fatto che di solito sia più interessante quando abbraccia le sue tendenze lunatiche, la storia rappresenta un buon cambio di ritmo.

Wolverine (Vol. IV) # 20
L’albo si è ora trasferito in pianta stabile a New York, ma curiosamente questo non impedisce a Jason Aaron di usare questa storia per riportare in scena i due folli serial killer montanari del Punto Uno, sebbene l’incongruenza della cosa sia più o meno il punto. (Mi domando, però, se si senta obbligato a usarli per chiudere quel punto in sospeso prima di lasciare la testata.)
La storia effettiva riguarda qualcuno che tenta di dare vita a una guerra territoriale tra la Mano e la Yakuza in merito al vuoto lasciato dalla morte di Silver Samurai. Dato che al momento la Mano è sotto il comando di Kingpin, a cui non potrebbe importare meno di Silver Samurai, non sarà una cosa facile. Quindi sarà necessaria qualche sparatoria. Intanto, a investigare sull’intera faccenda ci sono un po’ di ex-ragazze di Wolverine (inclusi personaggi dimenticati come Cassie Lathrop), e, uh, si dà il caso che Wolverine sia lì di passaggio... già, non è proprio una cosa attentamente pianificata.
Francamente, è una specie di serie di coincidenze, da quello che si è visto finora, anche se penso sia possibile che Aaron rimetta assieme il tutto.
Renato Guedes torna ai disegni, e anche se è abbastanza chiaro, ha qualcosa di un po’ rigido per i miei gusti. Di certo non sembra molto adatto ai concetti più assurdi di Aaron, il che è un peccato quando gli viene chiesto di disegnare montanari con armi di osso intagliato.
Non mi convince del tutto, per essere onesti.


Wolverine: The Best There Is # 9
Quindici noiose pagine di spiegazioni ininterrotte seguite da una sequenza di azione sparsa, per lo più muta e simile a un montaggio. Cerca davvero di rendere convincente l’idea che Paradox e Monark siano un’adorabile società/strana coppia, ma non ha il fascino necessario per riuscirci.

Wolverine: The Best There Is # 10
Nessun segno di questo albo nelle anteprime di Dicembre, vedo. È stato chiuso col numero 12? Non mi sorprenderebbe, dato che vende allo stesso livello di Heroes for Hire. Né posso dire che mi mancherà.
Ma onestamente, questo è il miglior numero dell’albo. Il numero nove è stato una stancante fiera della spiegazione, ma ha portato Charlie Huston a una bella scena per l’inizio di questo. Wolverine e due misconosciuti personaggi della space-opera degli anni settanta, Monark e Paradox, stanno teoricamente cercando Contagion, il criminale del primo arco. Wolverine è stato infettato da qualcosa di orribile; Monark deve curarlo con i suoi poteri nanotecnologici; routine fin qui. Ma la parte col corpo di Monark che inizia a dissiparsi per lo sforzo, e Paradox che lo abbraccia quando si stabilizza, funziona davvero, forse perché è uno dei moment in cui l’albo smette di cercare di essere tagliente e permette a qualche emozione di emergere.
E c’è un’altra scena forte verso la fine, quando gli eroi affrontano di nuovo Contagion e Juan Jose Ryp disegna un’ottima sequenza d’azione al rallentatore – di nuovo, non qualcosa che si adatta alla logica dell’albo, ma un buon pezzo di narrazione visiva con alcune vignette dinamiche. Sotto tutto questo, c’è un albo semidecente che tenta di uscire.
Resta il fatto, però, che Wolverine: The Best There Is è una testate che migliora quanto più si allontana dalle sue premesse – il che suggerirebbe che l’albo resta essenzialmente mal concepito. E le ultime pagine non funzionano davvero; non ho idea di cosa stia facendo Contagion a Paradox, e per attirare la gente, “Tornate il mese prossimo perché possa farvi un monologo di spiegazione” non è il massimo. Ma questo numero ha qualcosa di buono, glielo concedo.

Wolverine: The Best There Is # 11
Ammirate, ecco che giungono diciotto pagine di monologo di spiegazione.
Lo scenario tenta di renderlo più interessante di così – e, d’accordo, alcune di quelle pagine narrano il flashback altrimenti silenzioso delle origini di Contagion – ma la conclusione è che continuano a essere un monologo di spiegazione lungo diciotto pagine. Se volevate una spiegazione del piano di Contagion, la trovate qui. In sostanza, ha eseguito dei test sui potenti guaritori nel tentativo di creare un virus capace di uccidere qualunque cosa. Cosa che apparentemente rifarà l’universo a sua immagine, anche se che lo intenda in senso letterale o metaforico non lo so e non mi interessa.
Il solito tempo perso, insomma.

Wolverine: The Best There Is # 12
Be’, grazie al cielo è finita. Pochi fumetti vengono pensati peggio di Wolverine: The Best There Is.
Per cominciare, se volete davvero fare un fumetto di Wolverine sanguinoso e violento, dovrebbe essere nell’etichetta Max a cui appartiene... ma venendo al punto, è dolorosamente ovvio che questa serie è nata con la premessa di dover contenere una quantità ridicola di sangue e violenza e ha marciato all’indietro da lì, col risultato di avere un criminale artificioso non perché renda la storia in qualche modo interessante ma perché consente una trama che si adatta all’inutile premessa.
In questo ultimo numero, si combatte e il cattivo perde.
C’è un’idea vagamente buona su come sconfiggerlo, ma semplicemente Contagion non è un personaggio interessante, ed è impossibile interessarsene.


Wolverine & The X-Men # 1
A grande richiesta: un’altra testata mensile degli X-Men!
Questo porta il totale a cinque, o sei se contate Ultimate X-Men (io no); ovviamente, la Marvel ha mandato il messaggio forte e chiaro che quest’albo e Uncanny sono i due che contano, e tutto il resto è essenzialmente solo per completisti.
Il titolo sembra essere stata selezionata perché il passato la Marvel ha realizzato una serie a cartoni animate con lo stesso nome. Fondamentalmente, quest’albo riguarda la nuova scuola.
Per coloro che vogliono una lista definitiva di chi ci sia in ogni albo, c’è un elenco completo della facoltà e degli studenti alla fine del numero (che include un totale di trentacinque personaggi, quindi è una scuola abbastanza piccola per ora). L’effettivo gruppo di X-Men che operano dalla scuola è composto da Wolverine, Kitty, Bestia, Gambit, Rachel, Rogue e l’Uomo Ghiaccio, che è un discreto insieme di personaggi.
Sono sicuro che questo numero scatenerà delle discussioni sul fatto che vi accada abbastanza o meno.
La trama grossomodo si riduce a questo: p il primo giorno dell’anno scolastico, e un paio di ispettori scolastici molto scettici (e probabilmente antimutanti) sono arrivati a vedere se dovrebbero chiudere il posto. Viene fatto fare loro un giro dell’edificio che impiega letteralmente la maggior parte dell’albo, prima che arrivi Kade Kilgore a sfidare Wolverine verso la fine, e poi un importante nemico attacchi nell’ultima pagina.
È abbastanza? Per me sì, lo è – perché Aaron e Bachalo stanno lavorando duro, e per lo più con successo, per assicurarsi che la Scuola Superiore Jean Grey abbia il giusto equilibrio tra far tornare gli X-Men alle loro radici e sembrare qualcosa di nuovo. Bachalo è stato una scelta intelligente come disegnatore per il primo arco, dato che è importante che l’aspetto della scuola abbia un certo impatto. (Questo è stato uno dei problemi di Utopia, per cui nessuno dei disegnatori è stato in grado di stabilire l’aspetto degli interni salvo “minimalisti e piatti”.) Il design dell’edificio di Bachalo è del tutto folle, una fusione demenziale della vecchia scuola e di una ridicola espansione di Kirby conficcata proprio nel mezzo, ma cielo se ha un impatto. Riesco a immaginare altri disegnatori che dovranno disegnarla guardare la doppia pagina e uggiolare, e potrebbe rivelarsi un’immagine che non si traduce bene in altri stili, ma per adesso mi piace.
Dato che questo è un numero molto parlato, gioca anche sui punti di forza di Bachalo: sa rendere queste cose interessanti visivamente, e la vignetta singola dedicata a Quentin Quire è uno splendido esempio di progettazione. Non so di preciso perché abbia cambiato di colpo l’aspetto di Toad, e c’è un momento di azione verso la fine che non è davvero chiaro finché non viene spiegato dai dialoghi, ma sono piccole cose in un numero che è praticamente un tour de force.
Il Professor X non fa parte del cast regolare, ma appare nelle pagine iniziali per dare alla scuola la sua benedizione. Questo ancora non chiarisce bene cosa stia facendo dopo Schism – andando in pensione a quanto pare – ma è bello averlo in giro, e ugualmente saggio metterlo da parte per sfruttare la novità del nuovo corpo docente. Ovviamente si suppone che odiamo gli ispettori – e la cosa non è proprio sottile – ma almeno riescono a stabilire alcuni concetti lungo la strada. Senza Emma nei dintorni, c’è qualcuna di queste persone che sia davvero qualificata per insegnare?
A parte prendere in giro gli ispettori per ridere, il giro mostra l’edificio, il sistema scolastico, i ruoli dei nuovi personaggi, e un mucchio di altri dettagli che saranno utili nei numeri a venire – e sono abbastanza promettenti da permettere ad Aaron di cavarsela con quello che è tecnicamente un lungo infodump. Viene anche sviato carinamente il lettore, con i presagi dell’attacco che vengono scambiati da tutti per problemi di stabilità dell’edificio.
L’albo ha un chiaro senso del proprio tono: è un fumetto giocoso, che vuole abbracciare la follia della scuola piuttosto che tentare di spiegarla. Se c’è una cosa che Aaron e Bachalo vogliono che capiamo da questo albo, è che sarà divertente.
E sono convinto. Questo è un primo numero molto forte, e spero davvero che potranno mantenere questo standard.

Wolverine & The X-Men # 2
In questo numero: combattimenti! Dopo il lungo tour della scuola del numero scorso, questo riguarda interamente l’attacco del nuovo Club Infernale. Come carinamente spiegano, non stanno effettivamente cercando di uccidere nessuno degli studenti – dopo tutto il loro credo è approfittare del sentimento antimutante, quindi non è nel loro interesse spazzare via i mutanti. Ma un po’ di gravi mutilazioni sono perfettamente accettabili.
È piuttosto chiaro che il tono di quest’albo sarà decisamente folle. Come per il numero scorso, qui si tratta di lanciare sulle pagine idee sempre più pazze e continuare ad alzare la posta in gioco. Come ci si può aspettare, se i ragazzi del Club Infernale sembravano un po’ fuori posto in Schism, qui sono perfettamente a loro agio, in un fumetto che vi dice di punto in bianco che l’intera scuola è stata costruita in quindici giorni e vi sfida ad affermare il contrario
Se devo essere onesto, il numero 1 era un tantino più forte.
Chris Bachalo è sempre un disegnatore dalla grande inventive, e ci sono alcune immagini che colpiscono in questo albo, ma la chiarezza nelle sequenze d’azione è sempre stata il suo tallone d’Achille, e ci sono dei moment in cui rialza la testa qui. (Cosa fa di preciso Husk ai soldati di Frankenstein, ad esempio?)... ma se siete disposti ad abbracciare le sue tendenze allo sfacciato nonsense – cosa che in genere vale la pena fare nelle storie di Aaron – questo è un sano divertimento.

Wolverine & The X-Men # 3
Tre numeri sono insolitamente pochi per un primo arco di questi tempi, ma presumibilmente la Marvel sta iniziando a capire che se pubblica una raccolta contenente due archi non cadrà il cielo. Ce ne hanno messo di tempo per arrivarci.
Perciò, in questo numero Krakoa sta ancora attaccando la scuola, e sta a Kid Omega risolvere la situazione, cosa che grossomodo fa.
Mi ha piacevolmente sorpreso il flashback iniziale che spiega perché Wolverine non abbia semplicemente consegnato Kid Omega alle autorità, anche se spingeva per farlo durante Schism – essenzialmente, ha avuto il permesso di Capitan America per fare un ultimo tentativo di rimettere il moccioso sulla retta via. Mi fa anche piacere vedere che non abbiamo un altro numero di solo combattimento: la follia viene conclusa all’incirca a metà strada, lasciando la strada libera per una conclusione chiara che ristabilisce la stranezza che avevo apprezzato nel primo numero.
(Questa conclusione estesa lascia anche la via libera a Duncan Rouleau e Matteo Scalera per inserire un paio di pagine di riempitivo, tra l’altro. Ma non spiccano troppo male sullo stile di Bachalo.)
Inevitabilmente, questo albo accenderà delle discussioni sul fatto che sia o meno troppo sciocco e forzi troppo la credibilità o meno.
Non mi importava molto dei ragazzi del Club Infernale in Schism, dove sembravano fuori posto in una storia seria, ma qui sembrano funzionare... sono ridicoli, ma lo è essenzialmente anche tutto il resto. Quindi il tono è coerente, ed è questo che importa davvero.
Ci sono un paio di moment che suonano falsi, lo ammetto – faccio fatica a credere che Idie non riconosca Kid Omega così presto dopo Schism, e il suo piccolo monologo a Krakoa è fin troppo diretto. Sono errori da poco, comunque.
L’albo nell’insieme funziona, e funziona perché è semplicemente divertente.


Wolverine & The Black Cat: Claws (Vol. II) # 2 (of 4)
Oh cielo. Il primo numero non sembrava così male, ma ora è degenerate in una generica storia di viaggio nel tempo in cui i nostri eroi si alleano con Killraven.
Ora, non è che io abbia problemi col rispolverare vecchi concetti, finché si ha davvero una storia da raccontare con questi. A volte il momento di un’idea ritorna. Va bene. Ma con questo fumetto si tratta solo di dire “Ehi, tutti, ricordate Killraven? Di di sicuro lo abbiamo amato quanto fu pubblicato.” Non c’è una trama degna di questo nome, dietro una storia meccanica progettata solo per dare una scusa ai personaggi per stare assieme. È solo nostalgia.
Sarebbe stato diverso se ci si fosse potuti ragionevolmente aspettare che il pubblico condividesse questa nostalgia. Ma Killraven è stato pubblicato tra il 1973 e il 1976. È stato cancellato prima che io imparassi a leggere. E la sua reputazione si basa sul lavoro di particolari autori (soprattutto Don McGregor), non sulla forza inerente del concetto. Questo è l’equivalente a fumetti di un comico che continui a usare le battute di quindici anni fa.
A parte Killraven, quello che questo fumetto ha da offrire sono commedia piatta e fastidioso material della Gatta Nera – con gli scrittori apparentemente incapaci di distinguere tra i tipi di personaggio “festaiola “ e “tonta”. Scene in cui lei salta tra le braccia di Wolverine per sfuggire a delle creature cattive? Pozze d’acido che dissolve solo i vestiti?
Va oltre l’essere brutto: è imbarazzante.

Wolverine & The Black Cat: Claws (Vol. II) # 3 (of 4)
Ma è terribile. Dopo un primo numero promettente, questa si è rivelata una miniserie davvero orrenda.
A volte, di fronte a un fumetto davvero brutto, tento di immaginare quale sia stata la presentazione in un’unica frase. Spesso, togliendo tutto il resto, si può trovare un’idea vagamente promettente che è stata affossata da una cattiva esecuzione. Ma davvero qui non c’è nulla. Quello che abbiamo è il seguito di una miniserie che non molti ricordano, tentando di dare un seguito al flirtare tra i due personaggi titolari, e poi infilandoci a casaccio un viaggio di andata e ritorno per il mondo di Killraven. Non succede niente di particolare interesse lì, a meno che si pensi che la mera apparizione di quei personaggi sia di per sé emozionante.
È il genere di storia in cui i criminali dicono davvero cose come “Voi sorci di terraferma non lascerete mai vivi questa nave!!” Far sì che i personaggi si rendano conto di star parlando per frasi fatte non altera il fatto che stiano parlando per frasi fatte. La trama non ha neanche senso – i nostri eroi tornano al presente e impediscono ad Arcade di prendere il congegno per viaggiare nel tempo, cosa che logicamente sembrerebbe annullare l’intera serie, ma apparentemente non lo fa.
Ci sono un paio di pagine ben disegnate, ma la conclusione è che si tratta di un fumetto che si illude di avere fascino. Evitatelo come la peste.



Wolverine: Debt of Death [OneShot]
Da un punto imprecisato nella nebbia della continuity (ma evidentemente prima che venisse sciolto lo SHIELD) giunge questa storia di David Lapham e David Aja. La pagina dei credit dice che è “Una storia di Wolverine con Robot Shinpu, ninja, assassinii, esplosioni, sfere della morte preventive e il sempre benvenuto Nicholas Fury”, il che più o meno vi dice cosa avrete, anche se il ritmo è in effetti un po’ più riflessivo di quanto questo potrebbe suggerire.
Wolverine è andato in Giappone per aiutare a proteggere alcuni testimoni per un processo contro la Yakuza, ma arriva troppo tardi. Piuttosto si ritrova a indagare sulla morte del poliziotto, cosa che naturalmente porta a una trama contorta che include demenziali robot kamikaze della Seconda Guerra Mondiale misti a degli elementi investigativi pseudo-noir. La storia in sé è okay, ma i disegni di Aja sono davvero eccellenti, e alcune delle sequenze d’azione molto fantasiose. Potrebbe davvero essere più interessante per i fan dei disegni di alta qualità che per quelli del personaggio.


X-23 (Vol. II) # 14
Hmm, c’è qualche problema qui: in teoria, mi piace l’idea di riportare X-23 a New York dopo il suo giro del mondo e farla interagire con i supereroi di serie A tanto per cambiare, ma in pratica, una volta stabilita la strana minaccia fisica e portato tutti al Baxter Building per discuterne, X-23 si limita a restare sullo sfondo sperando che nessuno le rivolga la parola, e il tutto si trasforma all’incirca in un numero dei Fantastici Quattro. Uno dei problemi di un personaggio principale silenzioso, è che degli ospiti chiacchieroni possono metterlo in ombra, ed è quello che accade qui a volte. Parte del problema potrebbe essere il fatto che questa minaccia non ha davvero niente a che fare con X-23, cosa che si aggiunge alla sensazione che lei se ne stia a rimuginare ai margini di una storia dei FQ. Ma ci sono alcune belle scene coi ragazzi, e Phil Noto contribuisce con bei disegni puliti (la sua splash page dei ragazzi dei FQ è molto ben fatta). E sembra che il prossimo numero eviterà alcuni di questi problemi mettendola in un gruppo più piccolo, quindi forse questo sarà solo un errore di percorso.

X-23 (Vol. II) # 15
Cavoli, Marjorie Liu sta davvero rispolverando criminali di secondo piano qui.
Questa è la terza parte di “Chaos Theory”, in cui X-23 si ritrova ad aiutare i FQ a occuparsi di una qualche stranezza cosmica che è più nel loro territori che nel suo. Quindi lo scorso numero ha portato in scena la Forza Enigma, e questo mese identifica i criminali come i Whirldemons. Si tratta di avversari il più sconosciuti possibile, apparsi in un’unica trama nel 1981 e mai più visti da allora.
Apparentemente, qualcuno alla Marvel deve essersi reso conto che pubblicano delle serie, dato che le note a piè di pagina sembrano essere tornate. Forse Axel Alonso ha un atteggiamento meno duro contro di esse. Quindi questo numero ci avvisa debitamente del fatto di far riferimento a una sottotrama che non era stata menzionata fin dal numero 3. Ed è una cosa buona, perché francamente quale parte dei lettori avrebbe mai fatto il collegamento senza che fosse stato detto? È interessante che ci sia una certa selezione in corso: questo numero contiene anche un riassunto della storia delle origini della Forza Enigma, ma non c’è nessuna nota a piè di pagina a rimandarci al relativo albo (Micronauts 35, se ve lo state chiedendo). Ha senso: tutte le informazioni di rilievo vengono ripetute qui, quindi perché preoccuparsi di indirizzare i lettori a un fumetto vecchio di trent’anni e comunque non più stampato?
Ma sto divagando.
Di sicuro ci sono degli splendidi disegni in questo numero, e mi piace il modo in cui X-23 mantiene la sua sconfortante aria di imperturbabilità non importa quanto sia folle la situazione... e in termini di forma generale della serie, ha senso riportare indietro X-23 dal suo giro del mondo e metterla a contatto con alcuni supereroi più classici.
Il mio problema con questa storia, immagino, è che non sembra davvero una storia di X-23; sembra che stia vagando in un altro fumetto in cui non ha davvero un posto. Viene narrato abbastanza dal suo punto di vista da non farla sembrare un ospite di troppo in un fumetto dei FQ, e ci sono alcuni indizi sul fatto che abbia un ruolo vitale nella storia, ma dopo tre capitoli ancora non so quale possa essere.
Forse quadrerà tutto nella parte finale.

X-23 (Vol. II) # 16-17
Il numero 16 è l’ultima parte di “Chaos Theory”, e ha dei bei momenti. Qualcuno deve sacrificarsi per liberare Valeria Richards dal demone malvagio, e X-23 si offre nobilmente volontaria perché pensa che tutti gli altri siano meno spendibili. È un bel tocco.
Dopo questo, però, la cosa crolla, con X-23 che diventa Capitan Universo per combattere i demoni (una cosa passabilmente logica data la loro storia passata), e poi, uh, succede qualcosa e lei vince. Penso voglia significare in qualche modo che alla fine lei trionfa perché ha ancora la capacità di sperare, ma anche se si può vedere la metafora, non ha davvero un gran senso come conclusione della storia, e finisce per essere forzata e insoddisfacente.
Il numero 17 inizia “Misadventures in Babysitting”, in cui Laura accetta gentilmente di aiutare i Fantastici Quattro occupandosi di Franklin e Valeria. Probabilmente potete immaginare quanto le cose vadano bene. In altre parole, è un cambio di Marcia per questa serie, che passa da un numero relativamente leggero. Va abbastanza bene, anche se non sono sicuro dell’avere i FQ come ospiti per due archi di fila. Non è che si adattino così bene.
C’è anche una scena all’inizio che riporta nel cast Satiro, riprendendo dalle scene tra i due nei primi numeri della serie. Questa parte va bene, anche se è il genere di scena che necessiterebbe disperatamente di qualche nota a piè di pagina – Satiro parla di aver fatto “qualcosa di brutto dopo che te ne sei andata” ma non dà assolutamente alcuna indicazione su cosa intenda o anche su cosa sia successo di preciso e perché la cosa lo faccia alterare. Per quel che vale, immagino si stia riferendo a X-Men Legacy 243, quando ha spento la Sentinella Omega. Ma se è abbastanza importante da essere presentato come un punto di svolta per il personaggio, di sicuro è anche abbastanza importante da meritare una spiegazione per i lettori di questa serie.
Sana Takeda torna ai disegni, il che significa che ci sono di nuovo molte opportunità di vedere la faccia di Laura triste – il che è ovviamente come viene scritta. Penso che questo numero sia colorato o stampato in una sfumatura un po’ troppo scura per i miei gusti, ma come al solito c’è una piacevole delicatezza nel suo lavoro, e la commedia coi ragazzi è ben realizzata.

X-23 (Vol. II) # 18
Così X-23 sta facendo da babysitter per i bambini dei Fantastici Quattro. Questi hanno accidentalmente evocato un drago. Satiro arriva per cercare di uscire con Laura e finisce con l’aiutarla contro il drago. E alla fine arriva un criminale cosmico.
È accademico, dato che l’albo sta per essere cancellato, ma sono piuttosto confuse dalla direzione che sta prendendo Marjorie Liu con quest’arco. Capisco che X-23 funziona meglio quando è a confronto con qualcosa che contrasta il suo comportamento deliberatamente piatto, e capisco perché l’arco precedente volesse completare il suo giro del mondo facendola essere un supereroe vero e proprio. Ma l’intero punto di questa storia sembra volerla portare via dalle sue storie verso qualcosa di totalmente scollegato.
È okay. I disegni danno una piacevole sensazione di delicatezza, e mi piace il modo in cui usa Satiro (anche se la sua personalità e terribilmente incoerente tra le diverse testate). Eppure con quest’arco e il precedente l’albo sembra deviare X-23 verso una direzione di “alta avventura” che non sembra adatta al personaggio, e non riesco a capirne la ragione.

X-23 (Vol. II) # 19
Okay, quindi erano tre numeri di X-23 che combatteva il Collezionista senza alcuna ragione particolarmente interessante. È un po’ deludente. Onestamente, il vero centro di questo arco si suppone sia Satiro che torna e tenta di essere l’interesse amoroso, ma tutto questo si svolge in maniera piuttosto prevedibile fino alla fine del numero, quando Laura, più o meno di punto in bianco, di non essere davvero interessata a lui. La relazione tra i due personaggi mi intriga, e penso che ci sia qualcosa nell’idea di fondo di Marjorie Liu – che sembra essere il fatto che i sue siano stati precedentemente uniti dal fatto di essere in qualche modo danneggiati, e che il cambiamento di Laura verso di lui rifletta il modo in cui è cresciuta nel corso della serie. Ma temo che dia l’impressione di un momento dei personaggi arbitrariamente inchiodato a una storia generica con un nemico scelto a caso.


X-Club # 1 (of 3)
Un’altra miniserie per il club scientifico degli X-Men (ne avevano avuta una prima del crossover Secondo Avvento). Gli X-Men di Ciclope stanno dando una mano per il progetto di un ascensore spaziale perché pensano che sia un bene per le pubbliche relazioni. Ovviamente, tutto va orribilmente male, e iniziano a bucare delle folli cose mutanti dall’acqua. E qualcuno prende il controllo di Danger.
Il punto riguardo il club scientifico è che ha una dinamica di gruppo alquanto sbilanciata. È ovvio che il Dr Nemesis è quello che agli autori piace di più sceneggiare (chi può biasimarli?), e tende a dominare le apparizioni del gruppo con i suoi deliri da scienziato pazzo. Lo fa anche qui, ma è chiaro che Si Spurrier sta almeno tentando di mitigarlo dividendo il gruppo. Questo mette molta enfasi su Danger, e accoppia Nemesis con Kavita Rao, che è quella più probabile per tenergli testa.
Questo fa molto per dare un po’ di equilibrio all’albo, ma bisogna dire che questi Quattro personaggi non sembrano davvero una squadra, né sembrano particolarmente voler essere nella stessa storia. Singolarmene mi piacciono abbastanza; nell’insieme non so se funzionino davvero. Né, per essere onesto, mi interessa molto una storia su strane cose sott’acqua.
Comunque ci sono dei bei momenti, e il resto va bene.


X-Factor # 224
Un mucchio di bestie mitiche appaiono per cercare il bambino di Rahne, che nasce, e combattono e... guardate, è una storia piatta, tutti gli albi ne hanno una a volte, facciamo solo finta che non sia accaduta e continuiamo con le nostre vite.

X-Factor # 224.1
Peter David prende a cuore la premessa del Punto Uno realizzando una storia che è un “vi presento la squadra” nel modo meno ambiguo possibile. C’è un cattivo da combattere per il gruppo, e c’è un cliffhanger che prepara la scena per una storia, ma gran parte del numero è letteralmente Jamie Madrox che presenta i personaggi e spiega le trame in corso. Tutte cose che sarebbero ideali se questi albi Punto Uno stessero davvero ottenendo lo scopo presunto di raggiungere i nuovi lettori, ma potrebbe essere un po’ stancante per i lettori regolari che formano davvero il pubblico. Comunque non si può dare colpa agli autori per aver prodotto le storie che sono state chieste loro.
E il finale è un bel colpo di scena.

X-Factor # 225
Riprendiamo dalla fine del numero Punto Uno, in cui la donna che viveva nella vecchia residenza di famiglia di Madrox veniva assassinate alla fine. La polizia locale trova il biglietto da visita di Madrox sulla vittima, e così X-Factor finisce per andare a indagare.
La serie sembra stranamente dirigersi nella direzione del soprannaturale, che non è qualcosa che mi interessi molto. Suppongo si colleghi in qualche modo con la storia di Layla che ha riportato indietro Guido dal regno dei morti senza un’anima, e potenzialmente apre strade che potrebbero essere usate per risolvere quella trama se fosse necessario... ma sì, sembra che abbiamo un numero crescente di criminali basati sulla magia, e non è davvero una cosa che faccia presa su di me. Anche il cliffhanger è piatto – se non fosse stato per il piccolo logo con la X, non mi sarei accorto che era la fine della storia.
Leonard Kirk disegna questa trama, e per lo più è un buon lavoro. Ci sono alcuni punti leggermente abbozzati e incoerenti, che mi fanno domandare quale fosse la scadenza – ma quando disegna delle emozioni lo fa in modo brillante. Sta facendo un ottimo lavoro qui, dando vita a una storia che non mi prende del tutto per i suoi meriti.

X-Factor # 226
Ecco una splendida copertina, anche se il collegamento ai contenuti è più che altro tematico.
Peter David sembra aver deciso di scavare negli angoli oscuri dell’Universo Marvel in questo albo, e ora sta rispolverando l’Impiccato, un criminale a le cui uniche precedenti apparizioni erano in due ampiamente dimenticate storie dei Vendicatori della Costa Ovest. Va bene, però, perché p evidentemente più interessato al concetto che ai dettagli di qualunque storia precedente; questa è a tutto gli effetti una ripresentazione del personaggio.
Questo arco sembra stia riportando in carreggiata la serie dopo la faccenda delle “figure mitologiche a caccia del bambino”. È un bel cambiamento vedere il cast che lavora davvero come un gruppo, e dà a David la possibilità di fare qualcosa con le dinamiche di squadra.
I disegni di Kirk garantiscono una bella lettura pulita, e gli intermezzi comici sono ben calcolati.
Buon numero.

X-Factor # 227
Continua la trama Bloodbath. Inizio a capire dove stiamo andando a parare: apparentemente il nostro criminale è impegnato a raccogliere anime, e la forte implicazione delle storie precedenti è che Guido non ne abbia più una. Quindi presumibilmente è quella la storia che giunge a conclusione qui.
Bloodbath in sé è un criminale abbastanza monodimensionale – si chiama Bagno di Sangue dopo tutto – ma non è un grosso problema, dato che è lì solo come avversario insolitamente maligno per il cast regolare. Peter David sembra aver deciso di gestirlo come una specie di mistero, che è giocare secondo le regole per questo tipo di storie, e perciò potrebbe essere intenzionalmente per fargli fare il ruolo del criminale. Non sarei del tutto sorpreso se ci fosse in arrivo una rivelazione che lo metta in una diversa luce. Al momento, almeno è una minaccia credibile – e data la tendenza di questo albo a dividere il cast. C’è effettivamente un certo peso nell’idea che ci voglia l’intera squadra per batterlo.
I disegni di Leonard Kirk sono tipicamente chiari e forti, passando con facilità dai moment calmi a quelli dinamici.
È il genere di trama in cui molto dipende da come verrà conclusa, ma finora sembra promettente.

X-Factor # 228
Contina l’arco di Bloodbath: Madrox è fuori uso, ma il resto del gruppo continua a combattere, solo perché Bloodbath attire la loro attenzione sul grande punto della trama che solo lui è qualificato per far notare: se Guido abbia ancora un’anima. Cosa questo significhi in pratica, dato che la personalità di Guido non è fondamentalmente cambiata, resta un po’ vago (senza dubbio deliberatamente). E la reazione del gruppo è piacevolmente più equivoca di quanto vi aspettereste.
In aggiunta, adorabili disegni di Leonard Kirk, che sa davvero come rendere convincente il ritmo della storia qui. D’altra parte, Bloodbath stesso resta decisamente un criminale monodimensionale, e anche se suppongo che sia in qualche modo intenzionale, non sono certo di capire a cosa punti Peter David qui. In modo simile, l’arco dell’Impiccato sembra un po’ appiccicato. Ma le cose buone superano facilmente quelle un po’ meno valide.

X-Factor # 229
Prima parte di un nuovo arco, e scopriamo cosa è successo a Madrox dopo che è morto nell’arco precedente. Be’, più o meno. Come abbiamo giù visto, è apparso in una stanza d’albergo assieme ai cadaveri suo e di Layla Miller, e questo numero riguarda essenzialmente lui che cerca di capire cosa stia accadendo. In sostanza è una realtà alternative, ma è capire cosa sia cambiato e perché mai Madrox sia qui il punto. Essenzialmente è un enigma che lascia indizi su tutto, prima di lanciare Madrox in un altro mondo nell’ultima pagina. (Avete tre tentativi per indovinare come accada.)
A questo punto, tutto molto misterioso, ed è difficile capire dove stia andando a parare Peter David, ma stabilisce bene il giallo, i dialoghi sono buoni come sempre, e lavora bene con cose che potrebbero essere o non essere degli indizi su come le cose si svilupperanno per i personaggi di X-Factor nel mondo “reale”.
Non sono sicuro di quanto avrebbe senso per un lettore arrivare ora all’albo, ma per il pubblico regolare c’è molto da apprezzare.


X-Men (Vol. III) # 15.1
Questo, d’altra parte, è un po’ un pasticcio. In teoria, gli albi Punto Uno si suppone siano punti di partenza per nuovi lettori. Quindi ci si potrebbe aspettare una storia che stabilisce le premesse dell’albo. In effetti, lo scopo di questa testata è quello di essere l’albo degli X-Men che interagisce con il resto dell’Universo Marvel – X-Men Team-Up, in altre parole – quindi ciò che l’albo contiene davvero è una storia autoconclusiva che vede come ospite il nuovo Ghost Rider.
Spiega il concetto di X-Men? No. Ha un granché a che fare con il concetto di X-Men? No davvero, no – riguarda una vecchia strega che Dani Moonstar conosceva, e che non è neppure un personaggio regolare di questa serie. Spiega almeno chi sia Ghost Rider? No. Funge in qualche modo o forma da numero di presentazione? No. Per nulla.
Togliete questo, e avete una storia abbastanza standard sul passato di qualcuno che torna a tormentarlo, che potrebbe essere stata costruita come una storia semidecente di Ghost Rider o del Dr Strange, ma finisce per essere appiccicata su una formulaica alleanza Ghost Rider/X-Men . Debole.

X-Men (Vol. III) # 16
L’alleanza casual di questo numero: i FQ. Perché? Be’, perché il Dr Destino è in giro per il loro albo, quindi qui possiamo fare una storia con il Dr Destino e Magneto, e immagino di sia qualcosa di vagamente interessante in questo. Ma la vera storia riguarda gli X-Men che rispondono alla richiesta d’aiuto di un vecchio personaggio di supporto che si è perso nel Triangolo delle Bermuda, e finiscono con l’andare in un monto alternativo dove incontrano ancora un altro ospite (che non identificherò, perché è il cliffhanger, ma basti dire che se conoscete i fumetti Marvel di metà anni settanta, allora il Triangolo delle Bermuda è già un indizio.)
I disegni sono piuttosto buoni, tutti sono in personaggio, è una storia team-up perfettamente adeguata.
Non c’è davvero molto altro da dire.

X-Men (Vol. III) # 17
Allora... abbiamo alcuni degli X-Men, e i FQ, e un oscuro personaggio degli anni settanta, Skull the Slayer, e un personaggio di supporto degli X-Men dei primi anni ottanta dimenticato da tempo, Lee Forrester, e sono in un mondo parallelo, e c’è un qualche genere di invasione aliena, oltre a un miliardario corrotto.
La conclusione di questo numero suggerisce che Victor Gischler abbia dimenticato di star scrivendo una storia degli X-Men, dato che sta preannunciando una trama che potrebbe andare solo nei FQ. In effetti, a parte la presenza di Lee Forrester, che è semplicemente meccanica di trama, niente di questa storia suggerisce che abbia molto a che fare con gli X-Men. E, davvero, c’era qualcuno che desiderava tanto vedere Lee Forrester reinventata come Shanna?
In quanto ai disegni, sono abbastanza chiari, ma niente di cui valga la pena scrivere a casa. Togliete gli X-Men e Lee dall’equazione e avrete un passabile numero riempitivo dei FQ, ma Dio solo sa cosa ci faccia in questo albo.

X-Men (Vol. III) # 18
Tersa parte dell’arco FQ/Skull the Slayer, ed è alla meglio indifferente.
C’è un’idea che mi piace in questo albo – il leader alieno che si lega letteralmente alla terra che conquista – ma a parte quello si tratta solo di eserciti fantasy retro standard, litigi con i personaggi ospiti, Destino che si scopre non aver cambiato fazione dopo tutto (come se qualcuno pensasse davvero che una cosa simile possa avvenire fuori da un albo dei FQ), e Lee Forrester che viene inspiegabilmente revisionata come Shanna in quello che è forse il pezzo meno richiesto dai fan della storia.
Anche l’idea che mi piace viene presentata in modo traballante. Destino fa un piccolo discorso dicendo ai cattivi che non ha senso conquistare il passaggio a meno che abbiano una fonte di energia per usarlo. Non è un problema, dice il capo, che a quel punto dà una dimostrazione del suo completamente scollegato potere. È una scena che dovrebbe portare Destino a rispiegare con pazienza il suo concetto originale, o almeno a roteare gli occhi di fronte alla stupidità di certa gente, ma no, apparentemente la scena dimostrativa costituisce una risposta al problema, in qualche modo inspiegabile.
Questo è territorio di soli completisti.

X-Men (Vol. III) # 19
Victor Gischler sembra non avere alcun reale mandato per questa serie a parte realizzare dei team-up, e va ditto che questo non gli dà un granché su cui lavorare... ma “Betrayal in the Bermuda Triangle” sembra non essere stato altro che un omaggio a Skull the Slayer, una serie durata otto numeri a metà degli anni settanta.
Gli X-Men e i FQ (che non aggiungevano davvero nulla alla trama a parte ingolfarla) si alleano per rispondere a una richiesta di aiuto di Lee Forrester e Jim Scully, che sono rimasti di nuovo intrappolati nel mondo di Skull the Slayer. Gli ero li aiutano a combattere un’invasione da parte di un gruppetto di alieni della serie originale, e poi le due persone che erano andati a soccorrere... decidono che resteranno lì dopo tutto. Grandi risultati abbiamo ottenuto, non è vero?
Tra questo e Claws 2, di recente abbiamo avuto due storie che non servivano ad alcuno scopo comprensibile, a parte indulgere nei ricordi di personaggi della metà degli anni settanta. Ovviamente, è un periodo precedente alla nascita di molti degli attuali lettori, quindi è ridicolo attendersi che le storie abbiano successo basandosi sul valore della nostalgia. Non ha senso rispolverare questi personaggi a meno che si abbia una storia degna di essere narrata con loro – e anche se questo albo sembra sospettosamente una porta di servizio pilota per un revival di Skull the Slayer, in concreto è solo una generica commistione di supereroi e fantasy. A parte il bizzarro pessimo utilizzo di Lee Forrester, non è del tutto cattiva, solo molto irrilevante.
Storie come queste non sono un grande argomento a favore del continuare a far esistere così tanti fumetti degli X-Men.

X-Men (Vol. III) # 20
Oh, X-Men Team-Up è ancora in giro, e l’ospite di questo arco è War Machine.
A giudicare dal cast, sembra che questo sia il posto in cui finiscono i personaggi di serie B dalla parte di Ciclope – in questo caso Psylocke, Jubilee, Warpath e Domino.
La storia vede gli X-Men inseguire delle sentinelle di seconda mano che stanno passando di proprietario in uno dei tanti stati fittizi dell’est Europa che devono rendere i quiz terribilmente ardui nell’Universo Marvel. Dimostrando una traballante comprensione di come queste cose funzionino, si suppone che questo in particolare sia vicino alla Romania, ma ha un nome che finisce in -stan, che, uh, no. Forse gli americani non lo ritengono un problema, ma onestamente a me suona falso in modo imbarazzante. È come avere un paese arabo ai confini con la Danimarca.
Comunque, se potete mettere questo da parte, e non vi dà fastidio il fatto che due vecchie sentinelle arrugginite debbano essere considerate una grande minaccia nella storia anche se erano una minaccia di sfondo usa e getta in Schism appena un paio di mesi fa, questa storia è abbastanza funzionale. I disegni di Conrad sono piuttosto buoni, e le sue sentinelle abbastanza convincenti. Realizzato nello stile giusto, il loro aspetto legnoso può diventare un vantaggio, e questa è una buona illustrazione.
Come sempre, Gischler coglie bene le voci dei personaggi, ed è bello vedergli riprendere l’idea di Colosso/Fenomeno da Uncanny X-Men, ma gli avversari non hanno davvero molto in termini di personalità, e la storia va a malapena bene. Buono per quel che è, ma davvero è solo un albo per completisti.

X-Men (Vol. III) # 21
Okay, allora la storia di base è che un piccolo paese dell’est Europa ha trovato il modo di costruirsi delle Sentinelle, sta minacciando di usarle contro i più potenti paesi vicini, e gli X-Men devono allearsi con War Machine per riportare la stabilità. Intanto, Domino è stata catturata dai cattivi, che sembrano pensare sia morta nonostante abbia ben poche ferrite visibili – ma ehi, è un albo per tutte le età.
Per quel che vale va bene, e i disegni di Will Conrad sono davvero molto buoni, in un modo che ricorda un po’ Mike Deodato. È anche bello vedere che quest’albo fa uso di alcuni degli altri residenti di Utopia che non sono nel cast regolare di Uncanny, dato che almeno dà a loro (e a quest’albo) qualcosa da fare.
Ma prendiamoci un momento per parlare di storia e geografia.
Provo una certa comprensione per come gli americani scrivono dell’Europa, dato che io stesso non so poi un granché di, per dirne una, l’Ohio, ma se decidessi di scrivere una storia ambientata lì, probabilmente mi prenderei la briga di fare almeno qualche ricerca superficiale.
Quindi, un paio di cose. Una mappa in questa storia mostra il suddetto piccolo paese est Europeo che si trova tra l’Ungheria, la Romania e la Serbia, assieme a un altro paio di paesi fittizi della Marvel. Ma se è lì, perché cavolo si chiama “Puternicstan”? Non sono sicuro che un nome del genere mi convincerebbe per qualunque paese in qualunque area geografica, ma un paese il cui nome finisce per “stan” di certo non sarà nel centro dell’est Eruopeo. È l’equivalente Persiano/Sanscrito di far terminare il nome con “land”. Non va più a ovest del Kazakhistan. Che è ancora a est dell’ Iraq.
E seconda cosa, perché una donna di mezza si ricorda che il posto è stato invaso da due paesi confinanti prima dell’arrivo dei sovietici? Forse è una cosa un po’ più perdonabile, ma non è che i sovietici conquistassero regolarmente piccoli stati satellite oltre il 1945 (diversamente dall’inviare dei carri armati per mantenere in riga dei regimi esistenti). Sì, esiste una storia di conflitti locali nell’area in precedenza, ma questo personaggio sta davvero condividendo i propri ricordi delle guerre dei Balcani nel 1913?
Questi non sono davvero problemi di trama, ma sembrano terribilmente inadatti al tono, e non fanno nessun favore alla storia.
Un peccato, dato che altrimenti sarebbe una storia team-up interamente funzionale e ben disegnata.

X-Men (Vol. III) # 22
Abbiamo già parlato dello sfortunatamente malriuscito battesimo del Puternicstan, ma ora che l’ho matabolizzato, riesco a vedere cosa ci sia che non va in questa storia. Non che sia particolarmente brutta, badate bene, ma di sicuro sembra un arco alquanto piatto.
Il problema, credo, deriva dall’averci infilato a forza un ospite, e poi aver distorto la storia per dargli un ruolo. L’aggancio principale della storia in questo arco è che un piccolo paese maltrattato ha messo le mani su alcune sentinelle di seconda mano, e gli X-Men vanno a indagare. In effetti, il paese non vuole affatto le sentinelle per scope antimutanti – le vuole per la cara vecchia difesa. C’è solo un lunatico nel loro governo che vuole usarle per creare problemi.
In teoria, potrebbe funzionare. Ci sono gli X-Men che arrivano cercando guai e scoprono che non stanno affatto fronteggiando dei criminali antimutanti. Cosa ne pensano di sentinelle riprogrammate per questo scopo? Questa nazi9one sottomessa ha una ragione abbastanza valida per voler potenziare la propria difesa? In realtà, questa piccola nazione non assomiglia un po’ a Utopia? Si possono fare un bel po’ di cose con questo prima che l’inevitabile maniaco prema il pulsante “invadi paese confinante” nell’ultimo atto.
Ma questo è un albo team-up, quindi dovevano infilare War Machine nella trama, e per farlo dovevano inventare un ruolo per lui. Il risultato è che diventa una storia sugli X-Men e War Machine che litigano per stabilire se gli X-Men dovrebbero farsi coinvolgere nella politica di paesi fittizi, e poi in generale concordano che dei robot gigantic assassin sono una brutta cosa e dovrebbero essere fermata. Il che è tutto molto piatto.
C’è anche un problema secondario, vale a dire che la storia ci richiede di vedere delle sentinelle di seconda mano come un Grosso Problema Sul Serio, quando solo un paio di mesi fa Schism le stava usando come carne da macello comica. È il genere di cose che gli editor dovrebbero evitare. Non riguarda la continuity, ma solo il non richiedere al pubblico un’inversione a U mentale tra due storie pubblicate a così breve distanza tra loro. Oh, e i dialoghi hanno la stessa qualità di somiglianza – Tempesta e Warpath non dovrebbero davvero sembrare intercambiabili, ma a volte in qualche modo ci riescono
Ma principalmente questa vuole essere una storia sugli X-Men che si chiedono cosa pensare delle sentinelle riprogrammate – ma non arriva mai davvero a quel punto perché è troppo impegnata a occuparsi del personaggio ospite.
Ed è per questo che non funziona davvero, penso.


X-Men Legacy # 253
Ultima parte di “Lost Legions”, in cui, be’, l’ultima personalità errante di Legione viene battuta in astuzia e sconfitta, e poi gran parte del cast si prepara ad apparire nella prossima trama. E... uh, già. Rileggerò quest’arco per vedere se mi sono perso qualcosa, ma sembra davvero che Mike Carey si stia essenzialmente divertendo con l’idea di Legione come una fabbrica di poteri folli, e gli concederò che non ho visto arrivare il colpo di scena anche se Carey ha passato un intero numero a presagirlo, perciò di sicuro quello ha funzionato. Solo che non sono certo di quale fosse il punto.

X-Men Legacy # 254
Legacy forse non avrà una missione molto forte, ma almeno mantiene parte della sua identità concentrandosi su personaggi che gli altri albi ignorano. Questa è la prima parte di “Five Miles South of the Universe”, in cui il gruppo di X-Men di Rogue viaggia fino all’impero Shi’ar per cercare di recuperare i Predoni Stellari, e si ritrova bloccato in una guerra civile tra gli Shi’ar e degli alieni insetto idi che tentano di liberarsi dell’indesiderato oppressore. Per una lieta coincidenza, questo permette anche a Mike Carey di riutilizzare il gruppo di cacciatori di taglie Shi’ar che aveva creato per la storia di Rogue/Danger un anno fa o giù di lì.
È territorio da space opera abbastanza standard fin qui, ma ancora non abbiamo scoperto cosa stia succedendo ai Predoni Stellari, che compaiono alla fine del numero. Come sempre con Carey, fa un uso decente del cast ed è in generale abbastanza interessante. Che poi ci sia di più rispetto a quello che appare in superficie resta da vedere.

X-Men Legacy # 255
Seconda parte dell’arco dei Predoni Stellari, che sta diventando strano.
La base di partenza è semplice: per soccorrere i Predoni Stellari da qualunque cosa abbia fatto sì che inviassero una richiesta d’aiuto, Rogue ha teletrasportato il suo gruppo dall’altra parte dell’universo per trovarli. Come si scopre, si trovano su una stazione spaziale dove gli Shi’ar sono stati recentemente spodestati da una razza schiava chiamata Grad Nan Holt. Havok e Polaris stanno aiutando i ribelli, mentre Rachel per qualche motivo è in coma e viene trattenuta dai cacciatore di taglie Shi’ar di qualche trama fa, che stavano passando di là per caso. E la stazione spaziale sta per cadere nel sole, anche se per qualche ragione gli Holt non sembrano preoccuparsene molto.
Carey scrive bene i suoi personaggi, gli Holt hanno un bell’aspetto bizzarro, e c’è qualcosa di sinceramente disturbante nella reazione vagamente infastidita dei Predoni Stellari ai loro assassinii sadici per pura vendetta – anche se presumibilmente si tratta di una storia di controllo mentale. Anche l’equipaggio di Sovel ha alcune belle battute nel numero. Ma l’ambientazione sembra un po’ troppo ovviamente artificiosa in modo creare un pericolo, e anche se ne andasse della mia vita non saprei dire perché Rachel esca dal coma o come faccia Rogue a battere Horse. E nessuno sembra aver detto al disegnatore Steve Kurth che quelle cose sulle teste degli Shi’ar si suppone siano penne, non capelli.
Ovviamente, non sono mai stato un grande fan delle storie ambientate nello spazio, e la storia potrebbe sembrare più soddisfacente quando avremo l’intera spiegazione. Comunque, finora è un po’ rattoppata.

X-Men Legacy # 256
La trama dei Grad Nan Holt sta arrivando a una conclusione. Fin qui, abbiamo visto due gruppi di pazzi spararsi a vicenda in modi ampiamente controproducenti; in questo numeri, Mike Carey ci spiega perché. Come potreste aver immaginato, dal comportamento di Havok e Polari nell’ultimo numero, è coinvolto il controllo mentale – ma mi piace l’idea che Friendless debba solo dare una spintarella ai capi e tutti gli altri vadano loro dietro.
D’altra parte, questo continua a non essere il miglior lavoro di Mike Carey sulla testata, nemmeno un po’. Il flashback delle origini di Friendless è buttato lì, e non sono sicuro di come si adatti al presunto stato di schiavitù della razza dei Grad Nan Holt prima della loro ribellione. La notizia che ci siano “quasi un miliardo di persone” sulla stazione spaziale sembra venir fuori dal nulla: dove diavolo sono? I cacciatori di taglie Shi’are sembrano esserci per il solo motivo di permettere a Mike Carey di usarli di nuovo prima di lasciare l’albo. E finisce con una di quelle scene “l’unico modo di salvare il mondo è fare qualcosa di incredibilmente pericoloso e artificioso” in cui le cose sono troppo ovvie.
Ma gli Shi’ar hanno dei bei dialoghi. Magneto e Polaris hanno alcune scene promettenti in cui Carey riesce a inserire un po’ del sottotesto del loro sottosviluppato rapporto. E anche Frenzy viene usata bene. E il disegnatore Steve Kurth sta avendo un buon mese, anche se qualcuno dovrebbe davvero dirgli che gli Shi’ar hanno delle penne, non dei capelli.
Tutto sommato va bene, ma non è al livello che sappiamo può essere raggiunto dai lavori di Carey.

X-Men Legacy # 257
Wow, questa trama è lunga. In questo numero, Friendless fa alleare le due razze aliene contro gli X-Men, mentre Rogue e Frenzy cercano di salvare la stazione spaziale, e tutti gli altri cercando di trovare una nave spaziale funzionante. Non è la miglior storia chey Mike Carey abbia mai scritto – non capisco davvero perché Friendless non si limiti a controllare direttamente la manciata di umani, e la cosa Rogue/Frenzy è davvero una di quelle scene “Dobbiamo arrivare alla sala di controllo che è scomodamente posizionata dal lato opposto di questa incredibilmente pericolosa e mal progettata stanza”. Ma, detto ciò, è fatta abbastanza bene – le scene di Rogue e Frenzy catapultate in cima alla stazione spaziale sono ben disegnate, ed è di molto aiuto il lavoro del colorista Brian Reber. E pi piace l’idea che fintantoché Friendless controlla i comandanti, tutti gli altri faranno ciò che loro dicono, non importa quanto sia chiaramente bizzarro o perfino suicida.
Nel complesso, funziona.

X-Men Legacy # 258
Ultima parte di “Five Miles South of the Universe” (anche se non ultimo numero di Mike Carey, che sarà il mese prossimo), perciò questa è la storia di come gli eroi escogitano un modo per impedire alla stazione spaziale di cadere nel sole, sconfiggere Friendless e tornare a casa. Cosa che accade debitamente.
Considerato che è l’avversario principale dell’arco, la sconfitta finale di Friendless è un po’ troppo brusca per essere davvero soddisfacente. L’idea di fargli giocare entrambe le fazioni di una futile guerra civile sembrava il tema principale dell’arco, ma qui c’è la vaga sensazione che Carey abbia esaurito quel filone e si sia messo a cercare un modo per concludere il tutto. Ovviamente, la storia fornisce una scusa per cui è stato improvvisamente possibile sconfiggere il cattivo nell’ultimo atto. Ma non è una che si adatta particolarmente al resto dell’arco, e dà alla scena una fastidiosa sensazione di “è ora di tonare a casa”. Allo stesso modo, la soluzione perché il cast torni a casa è ingegnosa, ma sbuca fuori dal nulla. Essenzialmente sembra che Carey non riuscisse a escogitare un modo per legare le meccaniche della trama di questo finale a nessuno dei temi effettivi della sua storia.
Ma i personaggi sono ben scritti, e i predoni Shi’ar sono divertenti come sempre. I disegni di Steve Kurth sono sempre validi, e il colorista Brian Reber fa un ottimo lavoro per convincere delle condizioni della stazione caricando il giallo.
Comunque, anche se va bene per quello che è, è uno degli archi più deboli di Mike Carey.

X-Men: Legacy # 259
Questa testate ha subito una riprogrammazione personale di recente, ma con la conclusione dell’arco dello spazio è ora di riagganciarsi a “Regenesis”.
Comunque, i numeri 259-260 sono anche il canto del cigno di Mike Carey sulla testate, che ha scritto fin dal numero 188: considerate quante nuove direzioni ha dovuto gestire in questo periodo, deve adorare le punizioni – ricordate quando la testata riguardava Rogue che guidava la propria squadra? E poi Rogue che faceva da mentore per i ragazzi? E poi di nuovo Rogue con una squadra sua? Ricordate come nessuna di queste direzioni sia durata molto a lungo prima che arrivasse qualcosa e sbattesse l’albo fuori percorso?
Ma, forse perché si è concentrato più sul raccontare forti storie single che su qualunque disegno più ampio, Carey è riuscito a mantenere la qualità piuttosto elevate per tutto il tempo, e “Regenesis” finge facilmente anche da qualcosa che dà una sensazione di conclusione a ciò che sta facendo – anche se questo non gli impedire di far notare a Frenzy che “la tua squadra si sta sfaldando prima ancora di partire.”
Quindi questo è principalmente un numero su Rogue che cerca di decidere da che parte dello scisma stare.
Viene presentata come una scelta più difficile di quanto lo sia stata nello speciale Regenesis, ma comunque sia... c’è anche una storia più immediate, con Rogue e i Predoni Stellari che scoprono di aver accidentalmente riportato indietro un passeggero – apparentemente, l’ultimo atto di Carey su questa serie è disfare una dei più inutili punti di dramma artificiale di “Secondo Avvento”, il che sembra una cosa vagamente strana considerato quanto sia relativamente poco conosciuto il personaggio in questione.
Ma ehi, almeno sarà di nuovo in circolazione per uso future, e non è che la natura partenza-stop del periodo di Carey su quest’albo si prestasse davvero a un qualche genere di grande climax.
Come sempre, la forza di Carey sta nel rendere i personaggi credibili nonostante il caos delle storie in cui appaiono.

X-Men: Schism # 3 (of 5)
Finalmente, continua la miniserie evento degli X-Men. Daniel Acuna è il disegnatore ospite stavolta, ed è un buon disegnatore di supereroi di questi tempi. Anche se ci sono un paio di scene che potrebbero essere più chiare, amo la ricchezza dei suoi colori, e di questi tempi c’è un certo dinamismo nelle sue scene d’azione.
Questo è anche il momento in cui scopriamo per cosa stanno davvero discutendo Ciclope e Wolverine: essenzialmente, se gente come Idie avrebbe dovuto essere tenuta lontana dalla linea di fuoco. Ora, a giudicare dai commenti precedente, sospetto che ad alcuni lettori questo non andrà bene. Ma per me ha senso. Sì, Wolverine è quello chef a il lavoro sporco – ma la cosa cruciale è che, nella sua mente, lo fa perché non debbano farlo altri. È per questo che sta combattendo, perché gli altri abbiamo l’opportunità per una vita migliore della sua. Ciclope, d’altra parte, è diventato qualcuno che pensa che tutti su Utopia siano i suoi piccoli soldati. Per lui è il dovere di tutti fare la loro parte, proprio come ha fatto lui.
Questo lo comprendo. Che poi io creda che possa arrivare a un picco nel resto della miniserie... be’, sarà dura, francamente, ma vedremo quanto bene cercherà di convincerci Aaron. Ma per qualcosa su cui gli X-Men potrebbero essere in disaccordo, che vada al cuore dell’attuale ambientazione di Utopia, la trovo credibile.
Le mie principali riserve su questa serie riguardano i giovani criminali. Azzarderei che si suppone fungano da una sorta di specchio distorto della preoccupazione di Wolverine di mantenere innocenti i ragazzi. Ma c’è un vero problema con loro in questa storia, perché da una parte c’è una discussione relativamente sensate in corso tra Ciclope e Wolverine,e un momento seriamente melodrammatico con Idie – e dall’altra ci sono questi decisamente assurdi criminali monodimensionali che sembrano adatti a combattere le Superchicche. L’assurdo va bene, probabilmente agli albi X ne servirebbe di più. Ma i due lati della storia non legano. È come se una riconoscibile psicologia umana venisse accesa e spenta da una scena all’altra, e ci sono due storie completamente diverse che si incrociano di passaggio in piena notte. I ragazzi sono criminali potenzialmente divertenti, ma per quel che si è visto finora sono un assurdo intermezzo comico, e non sembrano appartenere a questa serie.

X-Men: Schism # 4 (of 5)
E così, alla fine, arriviamo al grande scontro.
Ora è chiaro cosa stesse facendo Jason Aaron in termini di preparazione negli ultimo numeri: ha bisogno di far salire la temperature politica globale (anche se in modo strano) in modo che gli X-Men non possano semplicemente andarsene e creare un’altra Utopia da qualche altra parte; ha bisogno di spargere gli X-Men per il mondo a combattere Sentinelle il modo che Ciclope e Wolverine debbano difendere Utopia col solo aiuto dei ragazzi che dovrebbero non essere combattenti.
Ha bisogno di creare un qualche genere di conflitto tra Scott e Logan basato su (a) l’intera faccenda dei non combattenti e (b) fino a che punto si veda Utopia come fine a sé stessa. (E ignoreremo educatamente gli Atlantidei, al di là del menzionare la loro esistenza, perché non si adattano alla storia ed è stata una cattiva idea metterceli fin dall’inizio.)
Fatto tutto questo, Aaron può scatenare un robot gigante per distruggere Utopia, e farsi indietro: fortunatamente, quel robot gigante non può volare, quindi quello che abbiamo in questo numero è essenzialmente Scott e Logan che discutono su cosa fare, mentre un’enorme metafora si avvicina all’orizzonte.
Avrebbe potuto venir fuori terribilmente ridicolo, ma penso che funzioni. C’è una bella sensazione di minaccia incombente, e dato che il robot è programmato solo per attaccare Utopia, non i mutanti, viene finalmente posta la domanda: quanto sono disposti a spingersi gli X-Men per difendere la loro patetica piccola roccia? Getteranno dei ragazzi ancor più inesperti nella mischia, o si limiteranno ad andarsene?
Come ho detto prima, di solito la filosofia “restare e combattere” di Ciclope sembrerebbe la più eroica, ma anche se quasi tutti in questo albo sono dalla sua parte, penso che riesca a evitare il problema. Forse il punto chiave è che mentre, in teoria, dovremmo volere che gli X-Men difendano Utopia, in realtà si tratta di una fase della storia degli X-Men dallo scarso successo sia creative che commerciale: francamente, dubito ci siano tanti lettori la fuori a fare disperatamente il tifo perché lo status quo non cambi.
C’è di più, comunque. Scott sta combattendo per Utopia quale riga nella sabbia della razza mutante. Se fuggono anche questa volta, cosa riserverà loro il futuro? Per Logan, Utopia è sempre stata solo un mezzo per un fine, e quando la posta è sul tavolo si tratta solo di una dannata roccia.
C’è, decisamente, un problema nel mettere Wolverine in questo ruolo.
Per anni lui è stato l’X-Man maggiormente associato con il guidare spalle adolescenti in battaglia, prima con Kitty e successivamente con Jubilee, e ora sostiene che dovrebbero essere tenuti fuori dal campo di battaglia a tutti i costi. È un po’ maldestro, ed è probabilmente qualcosa che dovrebbero fargli notare. La spiegazione più semplice potrebbe essere collegare il cambiamento di Wolverine all’attuale trama nella sua testate personale, ma non è stato fatto niente in Schism per indicarla come un fattore. Questo è esattamente il momento in cui fare riferimento a un’altra testata aiuterebbe – supporterebbe le motivazioni di Wolverine in questo alvo e mostrerebbe che la storia nell’altro albo ha avuto delle conseguenze, e francamente questo sarebbe sufficiente per farlo, anche se Aaron non voleva che le due cose fossero correlate.
Ma, dopo tre numeri per gettare le fondamenta, ora abbiamo chiaramente definite il punto della discussione – vale la pena combattere per Utopia? – ed è da tempo che avrei voluto vedere i personaggi discuterne.
Mi sta bene.

X-Men: Schism # 5 (of 5)
Ultimo numero, ed è qui che avviene l’eponima divisione.
Col senno di poi, il titolo della serie forse è stato un errore, dato che il vero scisma l’abbiamo visto nei numeri che mostravano le conseguenze: ciò che questa serie contiene sono le ultime gocce che portano alla divisione. (E quello che il Preludio a Schism contenesse... resta un mistero per tutti.)
Come direzione per gli albi X, mi piace la divisione ideologica. L’ambientazione di Utopia non ha mai davvero funzionato, e da ogni punto di vista rende più difficile raccontare alcuni tipi di storie isolando i personaggi dal mondo reale. Forse è alquanto strano che sia il solo Wolverine a sollevare l’argomento – per farlo funzionare si sarebbe dovuta leggere questa serie alla luce del Wolverine di Jason Aaron, e sarebbe stato furbo farvi un riferimento più esplicito in Schism stesso – ma è anche abbastanza giusto che qualcuno metta in discussione la politica di Scott in cui non ci sono più non combattenti.
La storia lascia Aaron e il disegnatore Adam Kubert con un difficile esercizio di equilibrio per l’ultimo numero.
Il vero climax di questa storia è la partenza di Wolverine assieme a un gruppetto di persone; la Sentinella chiaramente p solo un mezzo per raggiungere il fine e una grande e grossa metafora.
Aaron lo dice un po’ pesantemente con i ragazzi del Club Infernale che guardano e fanno commenti salaci sulla “violenza insensata”, ma alla fine lo scontro funziona, perché si può leggerlo in maniera da adattarlo a qualunque dei punti di vista delle due fazioni. Per Ciclope, i ragazzi sono sorti per l’occazione, quindi è stato un grande gesto eroico che gli ha dato ragione. Per Wolverine, il fatto stesso che ci sia stata la battaglia non f ache mostrare che qualcosa sta andando per il verso sbagliato – e alla vittoria deve essere data una vaga sensazione di vuoto perché questo funzioni.
Il lavoro di Kubert su questo numero è grandioso. È sempre un buon disegnatore di scene d’azione, e mi piace il modo in cui sta usando vignette leggermente sbilanciate per dare energia e urgenza a una disposizione della pagina essenzialmente familiare. Dato che ho menzionato di recente le pagine tipo casella postale che mi danno sui nervi, è il caso di dire che questo è un esempio di come si possano usare bene: quando spuntano nella scena di lotta, è in una sequenza in cui la forma delle vignette ha senso, e le diagonali tendono a mantenere alta la tensione. Passa a quelle di stampo classico solo in seguito, quando vuole ristabilire con la regolarità un senso di calma, o quando vuole passare da un luogo all’altro nell’epilogo.
Che abbiamo bisogno che Ciclope e Wolverine continuino a litigare tra loro con la Sentinella davanti alle porte... be’, questo non ha davvero senso, ma posso conviverci date le tendenze operatiche dei fumetti di supereroi.
Vedo dove stave andando a parare Aaron: il ritmo della storia è stato pensato per permetterle di diventare personale, e i due vi vengono di nuovo gettati dentro dovendo mettere assieme le loro teste quando vedono i ragazzi arrivare a passo di carica al posto loro. Comunque è un po’ una forzatura.
E ancora non mi convincono i ragazzi del Club Infernale. Nematicamente, suppongo di capire le intenzioni di Aaron: l’obiezione di Wolverine è che gli X-Men mettano i ragazzini sulla linea di tiro, i criminali minorenni sono l’altro lato oscuro della medaglia di questa preoccupazione. Questo ha un qualche senso, ma gli studendi degli X-Men sono personaggi effettivi (e disegnati come se avessero qualche anno in più), mentre i mocciosi del Club Infernale sono tali caricature che è difficile prenderli sul serio: sono ridicoli, e sono certo che è esattamente quello che piace di loro a Jason Aaron, ma la cosa crea problemi quando vengono usati per qualcosa di diverso da un intermezzo comico.
L’altra cosa che colpisce della serie è che abbiamo una spiegazione abbastanza approfondita di perché Ciclope e Wolverine litighino, ma non ne abbiamo nessuna del perché gli altri X-Men prendano le parti dell’uno o dell’altro.
C’è semplicemente un gruppetto di personaggi, principalmente i ragazzi, sull’aereo di Wolverine senza alcuna spiegazione: presumibilmente di tutto questo si parlerà in numeri future, ma fa sì che il momento della partenza sembri un po’ arbitrario – specialmente perché i ragazzi sembravano essere fermamente dalla parte di Scott nel numero precedente.
Non una serie perfetta, quindi, ma per lo più funziona: mi piace la direzione generale, e sono felice di vedere che la linea vada verso una nuova fase con i suoi nuovi scrittori principali.
C’è molto potenziale.

X-Men Regenesis # 1 [OneShot]
Il numero in cui tutti scelgono da che parte stare.
Se dobbiamo essere diretti, questa non è tanto una storia quanto una scena mancante di Schism 5, anche se Kieron Gillen fa dannatamente del suo meglio per darle una qualche forma e una sensazione di primaria importanza con delle vignette tematiche che mostrano tutti scegliere la loro fazione attorno a un fuoco da campo in stile neanderthal.
Ci sono delle difficoltà nel modo in cui “Schism” è stata costruita. Non deriva davvero da nulla di cui abbiamo visto i personaggi discutere finora – ed è strano, col senno di poi, che gli albi X abbiano ignorato l’opportunità quando Utopia era appena iniziata, e i dubbi eccessi di Ciclope erano appena stati svelati. Ma Gillen è un grande scrittore di personaggi, e penso che centri bene i vari membri del cast visti qui, abbastanza da far funzionare le loro scene. Molte delle decisioni prese hanno senso, ed è bello vedere che persone come l’Uomo Ghiaccio e Toad hanno un minimo di spazio per cambiare.
La scelta di Tempesta, verso la fine del numero, è una scena particolarmente funzionante (non di meno in termini di dare una certa struttura all’albo), con Ciclope ridotto a elencare tutti gli altri personaggi principali che restano con lui, e sottolineare che hanno tutti vari livelli di follia. Questo aiuta anche a spiegare perché potrebbe essere diverso per Uncanny, che in superficie sta solo proseguendo con alcuni personaggi in meno – Scott ha il potere, ma Wolverine ha preso il cuore, ed è questo che cambia le dinamiche nella serie di Scott.
È una serie di scene che tentano duramente di essere una storia, ma è una serie di buone scene che almeno possono sembrare far parte di una storia più ampia, e per me è sufficiente.


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