The X-Axis # 06/11, 11.08.2011

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view post Posted on 12/8/2011, 23:04

PontifeX MaXimus del Sacro Culto di Chris Claremont & Grant Morrison

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X-REVIEWS
THE X-AXIS
# 06 / 11

by Paul O' Brien
paulobrienis5



In Questo Numero:
X-MEN: PRELUDE TO SCHISM # 1-4
X-23 (VOL. II) # 10-12
- Astonishing X-Men (Vol. III) # 40
- Daken: Dark Wolverine # 11
- Fear Itself: Uncanny X-Force # 1 (of 3)
- Fear Itself: Wolverine # 1-2 (of 3)
- Generation Hope # 9
- New Mutants (Vol. III) # 27 - 28
- Uncanny X-Force # 12
- Uncanny X-Men # 539
- Uncanny X-Men # 540
- Uncanny X-Men # 541
- Vengeance # 1 (of 4)
- Wolverine (Vol. IV) # 11 - 12 - 13
- Wolverine: The Best There is # 7 - 8
- Wolverine/Deadpool: The Decoy
- Wolverine & The Black Cat: Claws II # 1 (of 4)
- X-23 (Vol. II) # 13
- X-Factor # 222-223
- X-Men (Vol. II) # 14 - 15
- X-Men: Legacy # 251 - 252
- X-Men: Schism # 1 - 2 (of 5)





X-Men: Prelude to Schism # 1-4
Storia: Paul Jenkins
Disegni: Roberto de la Torre, Andrea Mutti, Will Conrad, Clay Mann, Jay Leistein & Seth Mann

Colori: Lee Loughridge e Chris Sotomayor
Lettering: Rob Steen
Editor: Nick Lowe

Abbiamo letto tutti tanti pessimi fumetti, ma è molto più raro imbattersi in quel fumetto che proprio non ha senso… quello che, per quanto ti sforzi, non puoi proprio capire chi possa aver pensato che potesse essere una buona idea.
Prelude to Schism non funziona né come concetto né nell’esecuzione.
“Schism” è il crossover in arrivo quest’estate sugli X-Men: ci hanno già detto che scuoterà il gruppo e che gli X-Men si divideranno in due squadre, una guidata da Wolverine e l’altra continuerà invece a seguire Cyclops. (Il che basta a riempire due numeri, cosa succeda negli altri, lo sa solo il cielo). Si tratta ovviamente di un grande evento per la testata, e lo stanno promuovendo fortemente – quindi ci si aspetterebbe che Prelude to Schism possa essere una sorta di introduzione a questo evento. Un preludio, appunto, a “Schism”.
Non è così. O almeno, solo a malapena. Ogni numero della miniserie vede gli X-Men a Utopia ad aspettare che Ciclope decida sul da farsi riguardo ad un’orrenda minaccia in arrivo. Scapperanno o resteranno a combattere? La minaccia in sé non è mai menzionata per nome o discussa, ma presumibilmente si mostrerà su “Schism”.
Questo è quanto ...... per quattro numeri.
La variazione consiste nel mostrare la scena in ognuno dei quattro numeri raccontata dal punto di vista di un personaggio diverso – nell’ordine sono Xavier, Magneto, Ciclope e Wolverine – e il resto di ogni numero viene riempito da vari flashbacks ma ... inerenti in qualche modo ovvio a “Schism”? No, davvero, no. Per la maggior parte si tratta di scene glorificate o mondane del passato.
Ora, bisogna dare anche del giusto credito: “Schism” non è una storia di Paul Jenkins, e presumibilmente l’argomento di cui scrivere gli è stato assegnato. A giudicare dal risultato, gli sarà stata data come traccia da seguire “accenna vagamente a un pericolo incombente per 4 numeri” ... il che non è un punto di partenza molto promettente.
Se è ciò che gli editori gli hanno chiesto, gli unici a doversi incolpare sono loro stessi, e, ad essere onesti, ci sarebbero stati modi più facili di riempire le pagine dovute. Molti scrittori, quando gli viene chiesto di scrivere una storia che porti ad un grande evento senza poter anticipare la trama di una virgola, avrebbero scritto una storia del tutto scollegata all’evento, ci avrebbero infilato un po’ di tensione tra Ciclope e Wolverine giusto per far iniziare a prevere qualcosa, e poi una serie di bla bla bla portentosi sugli orrori in arrivo.
Questa storia di Jenkins per lo meno punta un po’ più in alto .... solo che manca il bersaglio.
Ci sono tanti problemi con questa serie.
Prima di tutto, i flashbacks, che occupano gran parte dei numeri ma che non sembrano significare molto. Visto il cast dei personaggi, e la trama di “Schism”, si può pensare che l’idea di base fosse quella di costruire un ritratto dei protagonisti attorno al tema “cosa fa di un uomo un leader”.

Il primo numero, con Xavier, è il migliore: anziché rivedere il suo passato, si concentra sul suo rapporto con Scott come suo protetto. Questo ha davvero tanto a che fare con Xavier e il suo ruolo da leader e da figura paterna, ed è arricchito dai bei disegni di Roberto de la Torre (anche se forse i colori un po’ smorzati cercano di dare un’aria troppo seria al numero.) I flashback sono ancora piccole scene, e sembrano goffamente costruite attorno all’agonia di Scott, ma almeno sembrano collegate ad un tema che dovrebbe in qualche modo connettersi alla trama.
Dunque, si parla di leadership? Beh, aspettate un momento.

Il numero due è su Magneto, e parte con un atroce metafora al livello di un esame di ammissione per le superiori (“Siamo tutti magneti”) che Jenkins sembra dimenticare per quasi tutto il resto del numero per poi tirarlo fuori dal nulla verso la fine. A dominare la storia è una ricapitolazione della miniserie Testamento del 2009 in otto pagine, seguita poi da un altro flashback di 7 pagine sul suo primo scontro con gli X-Men del 1963. Anche se suppongo si tratti di momenti molto formativi del personaggio di Magneto, non ne emerge un punto coerente, e non hanno comunque molto a che fare col tema della leadership. Testamento era prima di tutto una storia sull’Olocausto, e Jenkins è comunque più interessato al rapporto tra Magneto e suo padre. Quindi forse il tema principale è quello “padre/figlio”? Apparentemente no, visto che X-Men #1 è una scena di lotta bella e buona, che Jenkins cerca di rivedere in chiave di passioni malriposte.

Il numero 3 vede Ciclope ricordare sua madre Kate, morta da tanto tempo ormai, perciò forse in effetti il tema “genitori/figli” c’entra in qualche modo. Per quel che riguarda questo momento della sua vita, lei una persona importantissima a cui lui pensa continuamente, e non un personaggio ricordato in minima parte solo con una serie di flashbacks. Ma le storia parte con Ciclope che riflette sui meriti di coloro che lo seguono, notevole sequenza per dei dialoghi veramente brutti. “Kitty e Tempesta: mutanti potentissime, che possiedono le migliori qualità del loro sesso”.
Da lì in poi, si vede Scott alle prese con una risonanza magnetica, un’altra possibilità di godere di un po’ del materiale su lui e Alex che saltano giù dall’aereo, e un montaggio che dovrebbe coprire le prime storie degli X-Men. Il disegnatore Will Conrad sembra pensare che Scott e Jean si incontrarono in una normalissima scuola superiore – è così difficile modificare i disegni per liberarsi degli altri studenti comparse? Continua a parlare di sua madre, ma non ne emerge nulla di fondamentale. Invece la storia si sposta su lui che medita sulle sue responsabilità di leader, ma senza un chiaro collegamento col materiale precedente.

Arrivato al numero 4, Jenkins sembra essere degenerato nel semplice ricopiare dal diario ufficiale di Wolverine. Il suo monologo d’apertura è atroce: “Se credi di non poter fare una cosa, probabilmente hai ragione. Ma allo stesso tempo, probabilmente ti sbagli. Ma c’è una cosa che ho imparato dalla mia vita su questo pianeta – e credetemi, è trascorso un bel po’ di tempo – se dici quelle parole ad alta voce, di solito hai ragione al 100%”. Questo potrebbe essere uno di quei bigliettini da regalo sul tema della fiducia in se stessi, ma almeno la Hallmark l’avrebbe reso intellegibile.
Da qui in poi si rivede molto di Origins, con delle menzioni sul nonno di Logan, quindi… forse si tratta davvero di un tema sui genitori? O forse no, visto che si smette presto di parlare di lui e ci si sposta ad altra roba della storia. Poi si passa a un po’ di Weapon X. E sostanzialmente è tutto qui.
Vero, è una storia con qualche ambizione. E vero, i disegni sono belli. Ma Prelude to Schism si alterna vagamente su due temi – leadership ed essere genitori - e fallisce nel dire qualcosa di significativo su entrambi. Non è nemmeno una storia vera e propria, neanche una pessima. Non mette su nulla d’anticipazione per “Schism”; e quello che cerca di fare per promuovere quella storia è alla fine quasi irritante. Per la maggior parte del tempo, ricicla vecchio materiale in una serie di flashbacks messi assieme che degenera nel corso della serie in un clip show glorificato.
È un fumetto che fallisce così totalmente che non riesco a capire a cosa cercasse di arrivare. E questo è il primo colpo di una storyline che si suppone sia un grande evento? Ma che avevano in testa? Non è nemmeno una domanda retorica - non riesco in alcun modo ad immaginare in che modo questa possa essere sembrata una buona idea. C’è la tentazione di sminuirla e relegarla al ruolo di strappa soldi, ma se questo fosse stato il vero scopo, avrebbero puntato su qualcosa di più convenzionale.
C’era un’idea di base qui. Ma qual’era? Quale diavolo era?



X-23 (Vol. II) # 10 - 12
Touching Darkness
Storia: Marjorie Liu
Disegni: Sana Takeda

Lettering: Clayton Cowles e Cory Petit
Editor: Jeanine Schaefer

Ecco, l’avevo detto che avremmo avuto storylines del genere, prima o poi…
Quando ho letto il numero conclusivo di questa storia in 3 parti, ho pensato che fosse un po’ un casino; rileggendo l’intero arco, inizia ad avere un senso. Certo, ha i suoi problemi – soprattutto nella terza parte – ma non sono rilevanti ai fini della storia che Marjorie Liu sta raccontando in questo caso.
La premessa di base della serie è X-23 che va a scoprire il mondo per trovare se stessa e generalmente provare ad evolversi dal suo ruolo di killer unidimensionale. Non ha una vera e propria idea su come voglia cambiare o una vera comprensione di come essere diversa possa essere. Vuole semplicemente cambiare, o, possibilimente, gettare la spugna e suicidarsi.
L’arco precedente si era concluso con il ricordo di quante persone avesse ammazzato sotto l’ordine della Facility; questo inizia con lei che accenna vagamente a un desiderio di morte. Il problema dell’arco è portarla fuori da questo stato d’animo, e usa la guest star Jubilee per cambiare le sue prospettive e darle una ragione per vivere… o almeno la sensazione che se non mollerà troverà una ragione per vivere.
Funziona: in effetti, usare Jubilee in questo ruolo si rivela essere un’ottima idea sotto tanti aspetti.

Per prima cosa, come potrete aver capito, X-23 è un personaggio un po’ apatico e depresso, perciò se questa serie vuol essere resa accettabile anche da altre persone che non poeti teenager con troppo eyeliner, ha bisogno di avere dei personaggi più allegri che le stiano vicino. Gambit ha quel ruolo, come cast regolare, ma anche Jubilee aiuta.
Più precisamente, anche se X-23 fa tecnicamente parte della famiglia di Wolverine, è Jubilee ad essere stata una vera e propria spalla e viene trattata come una vera amica. Come Gambit fa notare, c’è un contrasto ovvio nel modo in cui Wolverine tratta le due, il che fa di Jubilee qualcuno a cui X-23 aspira automaticamente a somigliare, e le dà anche la possibilità di osservare il tipo di rapporti che lei invece non è in grado di avere (ad eccezione di quello che ha con Gambit, che in questo fumetto viene accreditato della pazienza di un santo, continuando a lavorare con lei). Per quanto concerne a Wolverine, non tratta X-23 come una persona normale perché lei non lo è… ma è proprio qui il cerchio vizioso.
E c’è anche molta ironia nel far scoprire delle ragioni per le quali vivere ad X-23 tramite un personaggio che recentemente è stato mutato in un non-morto.
Liu ha anche un’altra prospettiva, cioè che entrambe le ragazze hanno dovuto lasciare Utopia per poter scoprire i propri orizzonti ed evolversi come persone. Purtroppo i dettagli di tutto ciò vengono un po’ persi in quella che sembra un’interpretazione distorta della mini di Kathryn Immonen su Wolverine e Jubilee, perciò alla fine risulta un po’ piatta. Ma non è un problema troppo grave.
Tutto questo si sposa bene con la storia centrale della testata e ci dà la sensazione che X-23 stia effettivamente facendo progressi, anche se lentamente. Che è una ragione per continuare a leggere la testata. Il fumetto è al suo meglio quando tratta dello sviluppo della protagonista, anche se a volte si calca un po’ troppo la mano (come dare a quest’arco il titolo “Touching Darkness” e dando a Gambit dialoghi del tipo “Mi ha ferito molto di più quando hai provato a ferire te stessa”.)

Le guest stars danno a Sana Takeda la possibilità di mostrare un po’ di varietà, visto che Jubilee è sostanzialmente all’estremo opposto di X-23. Questa storia ha bisogno di un disegnatore che possa rendere il contrasto tra le due già solo con il linguaggio del corpo, e Takeda ci riesce bene. Più generalmente, c’è una bella delicatezza nei suoi disegni che cambia rotta facilmente negli sporadici bagni di sangue. Si potrebbe obiettare
che X-23 sia un po’ monotono, ma è il modo in cui è stata scritta, e almeno quest’unica nota viene resa bene dalla disegnatrice.

Dunque, la parte che non funziona del tutto sarebbe la trama, o, almeno, i cattivi, visto che Marjorie Liu non sta fingendo che siano al centro della trama di quest’arco.
La trama che li coinvolge non compare nemmeno fino alla metà del secondo numero, quando la storyline dell’”Odore Scatenante” di X-23 non viene girata a 180 gradi e ci ritroviamo con una storia bizzarra su dei cattivi senza nome che vendono una versione di questa sostanza che trasforma chiunque in un killer scatenato. Ora, è un’idea in effetti divertente – c’è la bella visione di un bimbo piccolo che cerca di artigliare delle persone senza successo – anche se non sono ancora convinto che questa sostanza possa essere un’arma utile. E il capo dei cattivi sembra un personaggio destinato a ritornare più volte su queste pagine, almeno.
Ma avendo introdotto questo elemento per inserire un conflitto nella trama, non pare che ci siano delle idee chiare su come utilizzarlo. Una volta che i protagonisti si sono infiltrati nel quartier generale dei cattivi per trovare l’elemento che ci porterà al prossimo arco di storie, la storia si dimena qua e là cercando di avere un certo climax senza però risolvere nulla.
E dunque, gran parte del terzo numero vede questa sostanza pericolosa venire diffusa su una piattaforma della metropolitana senza alcuna ragione che quella di cercare di dare un climax alla storia.
Questa parte non funziona granché, e visto che è il cuore del numero conclusivo, fa scendere di livello l’intero arco. Ma se viene letto tutto assieme, la forza delle prime due parti viene fuori maggiormente. Una storia migliore di come possa sembrare a una prima impressione.


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Astonishing X-Men (Vol. III) # 40
Perché Astonishing X-Men?
Non è una domanda del tutto sarcastica (anche se un po’ lo è). Col prossimo lancio di una quinta testata mensile sugli X-Men e senza il sentore che ne venga chiusa qualcuna, ci si chiede quale sia il punto di tutto ciò. Su un livello puramente commerciale, ovviamente, la risposta è “i lettori con il pallino della completezza, le compreranno”. Ma consideriamo il punto di vista degli editori e dei creativi a cui viene chiesto di riempire quelle pagine.
Sappiamo che Uncanny X-Men e Wolverine/X-Men saranno le due serie principali, ognuna a seguire una delle squadre risultanti da Schism. Legacy ha un ruolo ragionevolmente definito come il posto in cui Mike Carey può esplorare concetti più oscuri. Ma allora X-Men e Astonishing X-Men? Sono forse qualcosa di più che non una scusa per abbattere alberi?
X-Men a un certo punto doveva essere la serie in cui gli X-Men interagivano col resto dell’Universo Marvel – una specie di X-Men team up, credo – ma di questo concetto non c’è più traccia, nell’arco di storie più recente. La sua identità e il suo scopo attuale potrebbero essere definiti nel massimo della cortesia come nebulosi.
Astonishing quantomeno ha un ruolo ufficiale: è la storia fine a se stessa, che si può seguire anche senza leggere le altre testate. Diciamo che come concetto è per gli X-Men l’equivalente di Batman: Legends of the Dark Knight. Ma chi è il pubblico di questa serie? Lasciamo stare quelli che hanno l’idea di dover completare le loro collezioni, perché loro comprerebbero qualsiasi cosa: sono il punto oltre cui nessuna serie degli X-Men può cadere più in basso. Presumibilmente, stiamo invece parlando di un pubblico che consiste in coloro che sono interessati alle storie degli X-Men ma ai quali non interessa la continuity tra le testate.
Questo avrebbe un senso se Astonishing fosse una serie che garantisse a dei creativi con una voce molto potente, la possibilità di poter produrre delle storie sugli X-Men con uno stile che non si vede altrove. Il ciclo di Warren Ellis rientrava in questa categoria. Sono certo che i suoi fans non avrebbero voluto che facesse invece 6 numeri di Uncanny in cui doversi preoccupare della trama generale che lega le testate. Ma i due archi attuali invece sono semplicemente delle storie X-Men dal classico stile Casa Marvel, e che senso hanno? Stiamo immaginando un pubblico di non-collezionisti-che-devono-completare-le-collezioni che vogliano comprare delle glorificate storie di riempimento?
Ancora più stranamente, la Marvel sembra supporre che il pubblico di Astonishing, che non vuole seguire la continuity generale, abbiam voglia invece di seguire due storie senza connessioni tra di loro che si alternano mensilmente su Astonishing? Come potrebbe avere senso una mossa del genere?
Questa testata ha bisogno di essere ripensata. O di essere falciata.
Il numero 40 è la seconda parte della serie di Christos Gage e Juan Bobillo sulla Covata. Fa piccoli progressi, ma non si tratta di materiale sconvolgente, e francamente non ha molto senso.
Avendo premesso che la Covata sia un po’ la controparte aliena degli X-Men, questo numero ci porta al nocciolo della questione: gli X-Men devono salvare un bimbo della Covata nato con la qualità della compassione. Non è un’idea originalissima, poi – è la stessa premessa della storia di Warlock su New Mutants - ma almeno è qualcosa di nuovo per una storia che riguardi la Covata.
Il problema è, avendo deciso di fare una storia su un membro “buono” della Covata e perciò rinnegato, Gage finisce col costruire una giustificazione molto convoluta nella trama, che non sta granché in piedi. Sarebbe più o meno così. Gli X-Men non possono semplicemente spazzare via la Covata, perché anche se sono malvagi, fanno comunque parte dell’ecosistema; senza di loro, sorgerebbero delle specie anche peggiori. In effetti così la Covata è una specie in pericolo che va preservata. Ma sono cattivi. Come risolveranno il problema gli X-Men? Usando un piano un po’ sconcertante che prevede l’uso del “buono” della Covata salvato per creare una nuova mente alveare che in qualche modo non specificato debba risultae in una Covata più gentile.
Eccetto che… la ragione che spiega l’importanza della Covata nell’eco-sistema è precisamente il fatto che se ne vanno in giro ad ammazzare altri. Dunque una razza di “buoni” della Covata che non siano dei pazzi assassini è completamente inutile per risolvere il problema. Ed ecco perché la trama non funziona. E anche se avesse funzionato, la meccanica è talmente vaga e vacillante da essere un problema. “Se facciamo di questo membro compassionevole della Covata la base per una mente alveare, potremmo creare questa nuova razza”. Cosa? Come? Il problema di fondo è che non capisco cosa i nostri eroi stiano cercando di fare, qui, e per quanto ne possa capire, capisco che non risolve in alcun modo il problema.
Mettiamoci poi dei disegni abbastanza brutti di Juan Bobillo, il cui lavoro su quest’arco non mi convince, e avete una bella cilecca.

Daken: Dark Wolverine # 11
Daken continua a provare a portare avanti il suo piano per avere il controllo della malavita di Los Angeles. O almeno in teoria. In realtà è molto più interessato alle potenti droghe che ha trovato, che lo fanno sballare persino col suo fattore rigenerante. Anche se la Heat si suppone dare facilmente dipendenza, non si tratta solo di lui che si perde nella droga. È piuttosto che lui è stanco di quanto le cose siano facili per lui (e lo sono anch’io), e vede nelle droghe una novità e una sfida – la sfida è conquistare la città, cosa che non gli interessa poi tanto, pur essendo completamente sballato. Allo stesso tempo, c’è l’obbligatorio poliziotto duro che indaga su di lui, che sembra anch’gli interessato più alla sfida che rappresenta anziché a quello che Daken combina effettivamente.
È una nuova rotta per un personaggio che ne aveva disperatamente bisogno, ed è anche molto più interessante che cercare di umanizzarlo. Piuttosto che cercare di convincerci che dopo tutto anche Daken abbia un lato decente, Rob Williams abbraccia l’idea che sia in effetti irrecuperabile. Il suo approccio per questo è di spostarsi dal concetto della sua forza e della sua abilità di battere in astuzia chiunque, mettendo il personaggio nella posizione di poter essere sconfitto dalla sua stessa auto compiacenza e dalla sua voglia di strafare. I due disegnatori sono utilizzati al meglio, con il lavoro chiaro e diretto di Matteo Buffagni a mettere su il tono generale della storia e con le sequenze sull’assunzione della droga di Riley Rossmo che vanno oltre i limiti in termini di colori luridi e tratti confusi (ma senza mai diventare difficile da seguire). Dopo tanti mesi in cerca di una svolta per il personaggio, finalmente il suo sta diventando un fumetto interessante.

Fear Itself: Uncanny X-Force # 1 (of 3)
Questa settimana vede anche il lancio di due mini di raccordo a Fear Itself, al posto di altre testate mutanti che hanno meglio da fare che unirsi al crossover.
A giudicare dal primo numero, la mini X-Force di Rob Williams e Simone Bianchi non è esattamente centrale alla storia globale. C’è qualche menzione sul caos generale creato a pagina 5, ma la storia è sulla X-Force che indaga su un culto religioso anti mutante che minaccia di uccidere live su Internet un supereroe sconosciuto. I membri del culto non hanno nulla a che fare col Serpente; la connessione al crossover sta nel fatto che per loro gli eventi principali della storia si riflettono nelle loro profezie apocalittiche. Certo, più o meno qualunque storia avrebbe potuto servire allo scopo. Non che me ne stia lamentando, visto che il link tematico a Fear Itself c’è, e che preferisco che i tie-ins siano piuttosto contenuti in una storia comunque a se stante. Preso in questi termini, questo è un numero solito di X-Force con dei cattivi nuovi e interessanti. Rob Williams evidentemente non prova simpatia per loro, ma almeno lascia che siano onesti e sinceri nelle loro credenze. A volte si cade in una trama troppo contorta – in due separate occasioni, la squadra ricorre alla forza per ottenere delle informazioni, anziché lasciare che Psylocke legga le loro menti. Sì, l’effetto è più drammatico, ma non ha senso. Comunque, Williams dà un bel tono alla storia. E Bianchi, il cui lavoro a volte ha sofferto della sua preferenza per l’estetica a sfavore della chiarezza, è molto bilanciato, invece, qui. Un bel numero.

Fear Itself: Wolverine # 1 - 2 (of 3)
Se il tie-in della X-Force era principalmente tematico, quello di Wolverine è piuttosto tenuo. Un gruppo di mercenari rinnegati della STRIKE (un vecchio concetto di Capitan Britannia degli anni ’80, mi pare) dirottano uno degli Helicarriers inutilizzati di Norman Osborn e si appropriano di tutte le pazzesche armi a bordo. Wolverine viene mandato a fermarli. Cosa ha a che fare tutto ciò con Fear Itself? Beh, stanno accadendo nello stesso momento, e STRIKE sta approfittando della confusione. Oh, ed è tutto qui, sul serio.
Quindi non si tratta tanto di una storia crossover, quanto una storia che menziona cos’altro sta accadendo nell’Universo Marvel allo stesso tempo, ma anche qui, questo non è un problema per me. Il cielo sa che uno degli errori commessi per Secret Invasion fu quello di cercare di costruire tutti quei tie-ins con gli Skrulls, che divennero subito molto ripetitivi. Si può arguire che c’è un certo elemento da prezzo di svendita per attirare i consumatori a comprare poi anche gli altri pezzi più costosi, ma allo stesso tempo, probabilmente si tratta di fumetti migliori perché hanno lo spazio per poter raccontare una storia a se stante.
Lo scrittore Seth Peck ha pubblicato qualche storia per la Image, un paio d’anni fa, ma questo è il suo primo lavoro sulla testata di un supereroe di serie A, e ha fatto un bel lavoro. Le personalità dei dirottatori sono subito ben definite; gli elementi di Fear Itself sono usati bene includendoli nella sequenza introduttiva; si fa un buon uso di Melita Garner, a cui viene dato qualcosa di significativo da fare; e le scene d’azione sono ben costruite. Roland Boschi, che di solito disegna personaggi come Punisher o Ghost Rider, sembra trovarsi perfettamente a suo agio anche con supereroi più classici. Come per la storia X-Force, anche se potrei essere irritato se avessi acquistato l’albo solo in quanto tie-in a Fear Itself, preso come un numero di Wolverine, è molto buono ... ed in realtà è la stessa miniserie ad essere perfettamente buona, e se l’avessero divisa in tre parti sulla serie regolare di Wolverine, penso che nessuno se ne sarebbe lamentato.

In linea con la strategia crossover Marvel, è interamente periferico alla storia principale.
Il tema di Fear Itself è semplicemente lo sfondo dal quale fare emergere questa storia a sé. Non è un problema per me; almeno abbiamo tante storie fini a se stesse, anche se costruite attorno allo stesso tema, e molti scrittori riescono a utilizzare gli elementi di incrocio come il cattivo della settimana, senza dover portare la serie fuori rotta.
La trama in questa serie consiste in un gruppo di mercenari che ha dirottato un Helicarrier e sta volando verso New York. Il primo numero suggeriva che gli elementi di crossover fossero semplice contorno, ma ora col # 2 non sembra più così semplice; i mercenari sono guidati da un culto deviato, anche se potrebbero non essersene resi bene conto quando hanno intrapreso questo progetto.
Come storia da fumetto supereroistico d’azione, è molto buona. Seth Peck riesce a dare ai cattivi un po’ di personalità, la lenta e progressiva rivelazione del piano reale dei cattivi funziona, e i disegni di Roland Boschi sono molto dinamici, e beneficiano dei suoi tratti grezzi. D’altra parte, le pagine di fill-in di Robbi Rodriguez non si sposano bene col resto del fumetto, e la sottotrama di Melita non funziona bene – non si riesce a capire bene se stia correndo per la città per portare delle informazioni a Wolverine, o se stia fermandosi ad ogni angolo per avere una Storia perché è una giornalisanta con le palle. Ma nell’insieme è un buon fumetto. Sarei felice di leggere altro da questo team.

Generation Hope #9
Ora ecco una storia che non abbiamo avuto per un bel po’ di tempo. È impossibile discuterne bene senza anticiparne il finale (e già la copertina dice molto in merito, in effetti), perciò non dite di non essere stati avvisati.
Questo numero non ruota attorno al cast principale. Si focalizza su degli ospiti – uno studente il cui “potere” mutante si rivela essere la degenerazione in melma, e alcuni suoi amici particolarmente privi di empatia troppo impegnati a filmarlo per mettere il video su YouTube piuttosto che fare qualcosa per aiutarlo. Quando le stelle del fumetto si muovono per aiutarlo, si è già ucciso. Secondo Kieron Gillen, questa sarebbe una metafora per i teenagers gay che commettono il suicidio. Non so quanto aiuti interpretare la storia a questo modo, però, visto che ha luogo nello spazio di una sola serata ed è inevitabilmente correlata allo shock iniziale di Zeeshan per la sua trasformazione. (Lo scenario attuale delle storie X non gli permette di starsene lì come un mutante sconosciuto che vive tra gli umani, perciò è inevitabile). Va bene, però; cercare di incastrare la storia in una correlazione precisa con la realtà sarebbe stato troppo forzato, e queste storie di solito funzionano meglio quando queste connessioni restano più distanti.
Visto che Zeeshan non può parlare, o neanche formare espressioni facciali, per la maggior parte del numero è l’immagine di una persona molto comune – e aiuta anche che quello che dice suggerisce una visione delle cose che si relaziona molto al punto di vista del lettore. Luke è un personaggio prepotentemente privo di pietà la cui totale mancanza di cura del prossimo forse è un po’ esagerata, ma in fondo la rete è deprimente proprio perché spesso piena di una rudezza inesplicabile. E gli altri stupidotti a bocca aperta nella stanza sono tutti fin troppo credibili. I disegni di Jamie McKelvie sono più belli che mai – mi piacciono soprattutto le due pagine senza parole alla fine in cui le vignette sono distanziate più del solito, un grande esempio di come basti una piccola variazione di layout a cambiare totalmente il modo in cui una pagina venga letta e percepita.

New Mutants (Vol. III) # 27 - 28
Mi chiedevo il mese scorso se “ripulire il lavoro lasciato in sospeso degli X-Men” fosse una premessa adeguata per dare una direzione a questa serie, e quindi è rassicurante vedere Sunspot chiedere la stessa cosa su queste pagine. Effettivamente, non posso non chiedermi se questo arco non sia una specie di prendere tempo in attesa di Schism e dell’esplosione dello status quo.
Ad ogni modo, il punto fondamentale di quest’arco è quello di reintrodurre Nate Grey, ma visto che passa l’intero numero legato ad una sedia, il vero obiettivo è su Sugar Man. Che non è, ad una prima impressione, un cattivo che tutti non vedevano l’ora di rivedere, nonostante il grande character design. Ma in realtà è un’ottima scelta per tanti motivi. Su un livello puramente pratico, ha qualcosa in comune con Nate – vengono entrambi dal medesimo mondo parallelo. Ma ancora più precisamente, l’unica ragione di vita di Sugar Man era essere uno scienziato pazzo che faceva esperimenti sui mutanti. Perciò un mondo che ne fosse virtualmente privo sarebbe, beh, un po’ deludente per lui. Piuttosto che correre dietro agli X-Men, però, ha deciso che la soluzione più semplice sia quella di tornarsene a casa.
Il problema è che ha un portale sballato che potrebbe portare ovunque… quindi, fin quando non scopre le coordinate precise, ha bisogno di un po’ di cavie che vadano dall’altra parte e gli dicano cosa c’è. Metteteci dentro degli ex-mutanti disperati e creduloni…
È un raro esempio dell’uso dell’M-Day come base per una storia, ed è fatto molto bene, col cattivo in questione con mezzi ridotti e un lato pauroso che gli sta bene. Vi potreste chiedere se sia una vera e propria storia dei New Mutants - e in effetti chiunque altro avrebbe potuto essere messo a dare la caccia a Nate – ma i personaggi sono ben definiti e c’è una dinamica nel team che spesso manca nelle altre testate X.

Il # 28 invece è un numero con terapia!
Per le storie mutanti, questo è il classico esempio nello stile delle storie X-Factor di Peter David e Joe Quesada dei primi anni ’90, quindi il termine di paragone è impegnativo.
Costruisci una brutta storia e diventa solo una scusa per spiegare i problemi dei personaggi al pubblico. Ma Abnett e Lanning sanno ciò che fanno, quindi mentre i personaggi spiegano come vedono lo svolgersi delle cose, vengono anche messi molto alla prova. Può risultare un po’ troppo da formula prestampata – persino Gus, il terapista, si chiede vagamente se il suo approccio brutale sia poi una vera e propria “terapia” – ma come mezzo per esplorare quest’arco di storie, funziona benissimo.
Stranamente, la storia si concentra maggiormente su Cannonball, Magik e Karma - i personaggi che erano stati messi fuori nel primo arco di Abnett e Lanning – che sembrano essere scelte un po’ bizzarre per l’occasione. Alcuni dei personaggi mantenuti nel cast regolare, più ovviamente Magma e Warlock, ebbero ben poco da fare in quelle storie, e sembra un po’ strano che gli scrittori siano più interessati ad ex-membri del gruppo piuttosto che alle stelle di questa testata. Anche Nate Grey riceve un bel po’ di spazio; essendo stato convenientemente deprivato dei poteri nello scorso numero, pare che si unisca al cast regolare, il che spiega almeno perché siano stati impiegati ben 3 numeri per trovarlo. In una di quelle storie un po’ scomode che di solito non trovano mai il posto adatto nei fumetti, Nate conosce Hope Summers, che naturalmente riconosce in lui una versione più giovane della sua figura paterna, Cable.
Nel complesso, idee interessanti sui personaggi, in questa storia.

Uncanny X-Force # 12
Seconda parte (o terza, se si usa il modo di contare del mondo reale) de “The Dark Angel Saga”, che non vede però Angelo nella storia, in alcun modo. La X-Force (ad eccezione di Angelo) è ancora nella linea temporale dell’Era di Apocalisse per cercare l’Aggeggio Magico che possa risolvere i problemi di Angelo. Ma hanno diversi problemi: non hanno questo Aggeggio Magico; la versione locale degli X-Men lo vuole per i loro scopi (la storia suggerisce che ce ne siano due, ma dai, sappiamo dove si andrà a parare); e qualcosa sembra suggerire che questo Aggeggio Magico “curerebbe” la possessione di Warren uccidendolo.
Ecco, con l’ultimo punto avrei un problema. La X-Force non vuole uccidere Angelo – e se lo facessero l’avrebbero potuto fare comunque – quindi questo mette dei limiti alla trama. Però, Rick Remender sta facendo un bel lavoro nel giostrarsi tra i vari gruppi. Oltre a ciò che ho già menzionato, ci sono anche interazioni tra i membri del gruppo e le altre versioni di personaggi che conoscono, un proseguimento della sottotrama Angelo/Psylocke/Fantomex, e dei cattivi che sono deviazioni godibili di personaggi già familiari. (Mi piace soprattutto l’Iron Man con la testa di Ghost Rider). Ci sono anche ottimi disegni di Mark Brooks, che sembra aver cambiato il suo stile aggiungendo un livello di dettaglio che prima non aveva. E funziona benissimo.
Un altro bel numero di una serie molto bella.

Uncanny X-Men # 539
Ecco una bellissima cover di Simone Bianchi. Per quanto riguarda il contenuto, è una storia in singolo albo che forse sarebbe stata più adatta su Generation Hope (sembra strano che questa testata, anziché la sua serie regolare, offra la più chiara spiegazione, finora, di come funzionino i suoi poteri), ma va bene così. Riprende un conto in sospeso, ovvero perché Wolverine non sembri gradire molto Hope. Nel corso di un viaggio verso la terraferma, Hope viene rapita, Wolverine va in suo soccorso. E hanno l’occasione di parlare.
Il cattivo in questione è Crimson Commando, che era stato privato dei poteri nel corso dell’M-Day, ma che pare sia un cyborg (giuro, questo stava nell’X-Factor di Howard Mackie o qualcosa del genere). Rivuole indietro i suoi poteri, visto che senza di essi è solo un vecchio con un bel po’ di metallo. E si è messo in testa che Hope possa rimetterlo in sesto. È una bella idea, anche non sono sicuro di come questo conduca al fatto che abbia un’intera organizzazione a sostenerlo – presumibilmente si starà spendendo i risparmi di una vita per assoldare dei mercenari. Ci sono bellissimi disegni di Ibraim Roberson, e il volume fa anche un bell’uso in vecchio stile dei poteri rigeneranti di Wolverine – è bello vedere che qualcuno si ricorda ancora che certe cose fanno male lo stesso, e con quella stunt assieme a Hope (che fa uso del suo potere di emulazione), la storia evita di scivolare nella familiarità di vedere Wolverine prenderle.
Avrei voluto che la storia di Commando avesse una risoluzione più chiara – alla fine dei conti, è lì solo come mezzo per concedere a Wolverine e Hope questo momento insieme – ma nonostante questo è una bella storia.

Uncanny X-Men # 540
Ho approcciato questo numero con una certa trepidazione – un tie-in con Fear Itself e il ritorno di Greg Land ai disegni? In effetti è meglio di quanto mi aspettassi, su entrambi i fronti. Per quanto riguarda i crossover, sì, il Fenomeno arriva per distruggere le cose con il suo enorme martello, ma è anche un po’ il cattivo della settimana attorno al quale possono ruotare le storylines attuali degli X-Men. Quelle storie, inaspettatamente, includono anche l’imprigionamento di Magik, una trama da New Mutants che viene fuori qui del tutto all’improvviso. (Peter e Kitty hanno dei dialoghi che suggeriscono una qualche spiegazione alla cosa, ma, personalmente, avrei inserito una nota per indicare ai lettori la storyline in questione. Chissà, forse potrebbe far vendere qualche volume). Per quanto riguarda il Fenomeno, penso che fosse da un bel po’ di tempo che non avevamo una storia del tipo “Nessuno può fermare il Fenomeno”, perciò via, almeno Fear Itself mette da parte la devalutazione del personaggio degli ultimi anni, per fare questo tipo di storia nella maniera più giusta. La domanda è se Kieron Gillen abbia dei piani già definiti, e solo il tempo lo dirà.
Per quanto riguarda i disegni, anche se ho ancora molte riserve su Greg Land, in questo numero fa un passo in avanti. Ha quasi del tutto abbandonato quel solito irritante ghigno che dominava tutti i suoi disegni; per la prima volta in eoni i suoi personaggi qui mostrano tutta una serie di emozioni (e spesso molto bene). Sì, Ciclope sembra uscito da Miami Vice; sì, Illyana è inspiegabilmente ben truccata anche in una cella – che è sia illogico che sbagliato per rendere la scena. Ma in ogni caso è un passo nella giusta direzione, e le caratteristiche più irritanti del suo lavoro sembrano essere state parecchio smussate.

Uncanny X-Men #541
L’altra storia X-Men di Kieron Gillen non potrebbe essere più diversa; la seconda parte del tie-in a Fear Itself è praticamente la possibilità di riscoprire la vecchia routine “Nessuno può fermare il Fenomeno”, che non era stata messa in atto da anni (inevitabilmente, è stata ritirata fuori anche su Fear Itself, specialmente nell’ultimo numero di Thunderbolts, ma così è la vita). Dunque il Fenomeno marcia su San Francisco, accompagnato da una spalla che parla per lui e un mucchio di inseguitori presumibilmente sotto l’effetto di un trucco. E la soluzione degli X-Men, come al solito, è cercare di togliergli l’elmo. Non c’è bisogno di dire che non fila tutto liscio. Siamo solo alla seconda parte, dopo tutto.
Il Fenomeno è stato selvaggiamente degradato negli ultimi anni, anche solo perché la storia richiedeva di usarlo come protagonista. Questa storia fa un buon lavoro nel reimpostare la solita vecchia premessa “Nessuno può fermare…” e rimette un po’ le cose a posto. Mi piace anche la dinamica tra lui e la sua spalla – non sono sicuro cosa prevedano i piani a lungo termine sul Fenomeno con tutta la storyline di Fear Itself, ma credo che possa funzionare, fin tanto che è di nuovo impegnato a causare guai.
I disegni di Greg Land sono un po’ così così – non è ritornato al solito ghigno irritante dei personaggi, ed è sorprendentemente bravo a disegnare scene in strada (c’è qualcosa nel Fenomeno che si trascina per una mondanissima strada a doppia carreggiata che mi piace proprio), ma ci sono di nuovo delle ricadute nell’inespressività e volti fermi dei personaggi. E non posso non chiedermi, dopo che Illyana è comprarsa convenientemente nello scorso numero per poggiare una pistola sulla mensola del camino, come nessuno veda la cosa come possibile soluzione. Ma poi, non abbiamo visto gli X-Men pianificare la cosa, li abbiamo visti solo in azione – quindi forse l’hanno capito. Vedremo un po’ come andranno le cose.
Nel complesso, un buon uso del crossover come scusa per scrivere un Fenomeno vecchia scuola – l’idea di base è riassestata, e ci sono alcuni piccoli tocchi per darle nuovo vigore.

Vengeance # 1 (of 4)
Il lavoro di Joe Casey alla Marvel e alla DC non raggiungerò mai gli estremi del suo lavoro autoprodotto, ma comunque emerge tra gli altri lavori come quantomeno eccentrico. A dispetto del titolo, è essenzialmente una storia da Teen Brigade. All’epoca della Silver Age, la Teen Brigade era un gruppo di radio amatori che aiutavano Rick Jones a rintracciare Hulk. Sono una versione di allora di coloro che poi sono stati reinventati come coraggiosi hackers, e credo che sia il concetto di “ragazzi che sovvertono l’ordine delle cose da dietro le scene” che interessa Casey.
Incidentalmente, è anche un X-Book de facto, visto che la Brigade attuale ha include Angelo privo di poteri e Becco, così come qualcuno che dichiara di essere Stacy X (è comparsa completamente priva di poteri su New Warriors – assieme ad Angelo e Becco, quindi è piuttosto improbabile che Casey non ne sia consapevole – ma qui sembra essere tornata alla normalità). Magneto ha un ruolo di spicco, e persino Sugar Kane, una specie di Britney Spears già vista nel lungo ciclo su Uncanny di Casey, viene rispolverata per comparire nella storia. Anche il cast di Last Defenders è nel numero, e Casey sembra si stia ritagliando la sua nicchia personale di culto dell’Universo Marvel.
La trama principale del primo numero vede la Brigade salvare un ragazzo misterioso da un bunker fuori servizio – e ad una prima occhiata sembra essere la versione adolescente dell’Intermediario di Jim Starlin – mentre la stessa Brigade è anche alle prese con Magneto e i suoi tentativi di comandare la popolazione mutante. Molto di tutto questo è uno scenario usato solo per mettere su il mistero su chi siano i personaggi principali e cosa stiano combinando. Il Magneto di Casey è estremamente fuori dal personaggio delle serie regolari, e non riesco a capire se sia un caso di semplici conflitti tra interpretazioni dello stesso personaggio o un punto della trama. Molto in effetti credo non si suppone che abbia senso, in questo primo numero; un flashback di una pagina su Red Skull che incontra Hitler non si connette discernibilmente a nulla, per esempio. Ma probabilmente diventerà chiaro nel corso della storia.
Storie come questa cadono o trionfano a seconda di quanto la risoluzione finale sia buona, e non lo sapremo quindi ancora per un po’ – ma Vengeance è sicuramente un fumetto supereroistico insolito e più che ambizioso, e quantomeno è interessante.

Wolverine (Vol. IV) # 11 - 12 - 13
Quest’arco potrebbe avere il titolo insolitamente diretto “La vendetta di Wolverine!”, ma in realtà si focalizza maggiormente sui membri della Red Right Hand che vogliono vendicarsi di Wolverine. Mi piace l’idea di base di questo gruppo – un’organizzazione composta dai parenti di tanti piccoli personaggi secondari fatti fuori da Wolverine nel corso degli anni. Ma dopo i primi due capitoli inizia ad emergere uno schema: Wolverine combatte contro un membro dell’organizzazione nel presente, e un altro ricorda il modo in cui gli ha ucciso il padre. Come per il numero precedente, mentre il narratore del flashback è convinto che la persona da lui amata fosse un eroe crudelmente ucciso da uno schifoso bastardo, viene reso molto chiaro che la loro prospettiva è del tutto distorta.
Ci sono bei momenti, ma è comunque troppo simile al numero precedente. Detto questo, il cliffhanger suggerisce che Aaron stia per rompere lo schema, quindi forse è più un problema di ritmo che altro

Nel # 12 – non indovinereste mai – Wolverine combatte altri Mongrels e vediamo altri flashbacks sul passato di un membro della Red Right Hand. Quest’ultimo non è il parente di un cattivo, è solo un pazzo che incolpa Wolverine di qualcosa chiaramente fuori dal suo controllo. Anche se i flashbacks mostrano una bella discesa nella follia, e traboccano dell’umorismo nero di Jason Aaron, devo dire che penso che ormai abbiamo afferrato il concetto. Rendendo i membri della Red Right Hand tanto illusi e pazzi – quando in realtà ci sarebbero sicuramente tante persone veramente danneggiate da Wolverine – Aaron ha perso l’occasione di renderli più vari. Ma di sicuro lo sa, è sicuramente una scelta voluta. Questi tizi rappresentano un culto di pazzi e Aaron non vuole proprio compromettere il suo stile da film di serie B dandoci una ragione qualsiasi per simpatizzare con loro. Anzi, forse lo scopo di questi flashbacks sembra proprio quello di toglierci qualsiasi simpatia potremmo aver avuto. Lo capisco, e si adatta bene allo stile di Aaron… ma credo che in questo arco ora si stia girando e rigirando attorno allo stesso punto.

Col # 13, quelli che hanno amato gli ultimi 3 numeri saranno lieti di avere una quarta possibilità di viverli. Sì, anche stavolta si parla delle “reminiscenze di un membro della Red Right Hand mentre Wolverine se la vede con uno scagnozzo perdente”. Ora, in tutta onestà, Jason Aaron sta ovviamente mettendo su uno schema che suggerisce qualcosa di minaccioso dietro l’angolo – che dovrebbe arrivare nel prossimo numero. E la parte dei flashbacks di questo numero si basa su un concetto divertente, sui ninja senza volto che Wolverine ha ucciso nel corso degli anni. (Per essere, si suppone, parte di un’elite di combattenti, questi ninja certo sembrano piuttosto scarsi, quando appaiono in questo fumetto). È una bella idea, e lo è anche la premessa della Red Right Hand che rifornisce deliberatamente i suoi ranghi con future generazioni di ninja lattanti. E Aaron continua a rendere chiaro che se i Mongrels sono cattivi di serie Z è solo perché servono come distrazione.
In ogni caso, questo è il quarto numero di fila sostanzialmente uguale al precedente, e a meno che il prossimo numero non abbia una conclusione incredibile che davvero aveva bisogno di questo ritmo stabilito in 4 numeri, credo che sia un po’ troppo.

Wolverine: The Best There Is # 7 - 8
Inizio dichiarato di un secondo arco, “Broken Quarantine”, è in effetti la diretta continuazione del numero precedente. Wolverine ritorna ad Utopia per riprendersi, e gli X-Men sbuffano e si ritirano in quarantena in attesa che il suo fattore di guarigione lo liberi delle varie condizioni delle quali è stato infettato nel corso dell’arco precedente. Naturalmente, Wolverine è molto più interessato a tornare là fuori per riprendere i conti in sospeso e capire come Winsor l’abbia catturato, tanto per cominciare.
Mentre il primo arco era un po’ un casino, questo non sembra affatto male. Ora che la storia ha smesso di scendere nell’angolo da “avviso ai genitori”, si sta trasformando in una storia molto più ragionevole. Ci sono ancora un paio di punti in cui si cerca di convincerti che la storia sia molto ai limiti, ma i disegni sono migliorati e la storia ha perso la sua incoerenza.
Detto questo, uno penserebbe che gli editori si sarebbero resi conto che Bestia ha lasciato il gruppo circa un anno fa, e che qualcuno avrebbe messo un veto su due storie di quarantena in rapida successione qui e su Uncanny X-Men. Piccolezze a parte, comunque, questo numero è un bel miglioramento.

Nel # 8, l’idiota etichetta “avviso ai genitori” continua ad apparire in copertina, ma i creatori sembrano aver smesso di calcare la mano in quella direzione. Quello che accade in questo volume è che una strana cosa tecno-organica è apparsa a San Francisco, e Wolverine la combatte per tutto il numero accanto a due poliziotti che si sono fatti avanti per aiutare. E sì… è praticamente il riassunto dell’intero numero.
Charlie Huston sta rastrellando gli angolini più oscuri dell’Universo Marvel in cerca di guest stars, visto che i due poliziotti spaziali sono personaggi già esistenti, ma tra i più ignorati possibili. Uno è Monark Starstalker, un personaggio di Howard Chaykin apparso su Marvel Premiere #32 (Ottobre 1976) e in un numero singolo della recente serie Nova. L’altro è Paradox, che è comparso su Marvel Preview #24 e Bizarre Adventures #30, e non si merita nemmeno di essere elencato sul sito Unofficial Handbook Appendix. Nulla di male in questo, visto che nulla nella storia suggerisca la possibilità che il lettore li riconosca, e se invece lo fa è un po’ un Easter Egg.
Fondamentalmente è tutta una scena di combattimento, ma almeno la serie sembra aver smesso di puntare solo ad essere estrema.

Wolverine/Deadpool: The Decoy
Questa è una ristampa da Marvel Digital, che bizzarramente si basa sull’idea che un team-up tra Wolverine e Deadpool (che sono stati coprotagonisti insieme su X-Force nell’ultimo anno) sia una novità godibile. Non sarei del tutto sorpreso se dovessi venire a sapere che questa è una storia falciata da Deadpool Team-Up.
Un robot alieno malfunzionante sta cercando Jean Grey, per motivi che non vengono spiegati, ma poco importa. Wolverine ha bisogno di una distrazione mentre lo abbatte, e visto che la vera Jean Grey non è disponibile, beh… avete visto la copertina. Questa è la versione di Deadpool in cui è un pazzo furioso, e Stuart Moore lo scrive molto bene, con Wolverine ridotto a spingerlo nella giusta direzione sperando per il meglio. È un fumetto-scherzo, e ovviamente non è un acquisto essenziale, ma fa sorridere, e Shawn Crystal disegna un bel robot.
Oltre alla storia principale, c’è anche un back-up in 18 pagine ristampato da Deadpool/GLI Summer Fun Spectaculat di un paio d’anni fa, che è sciocco ma con alcune buone gags qui e là.

Wolverine & The Black Cat: Claws II # 1 (of 4)
Beh, questo sì che è uno strano lavoro da commissionare. La Marvel sta generalmente frenando sulle miniserie a favore di più numeri delle testate regolari. Ma ecco qui un sequel in 3 numeri di Claws, una miniserie uscita nel 2006.
Ancora più stranamente, riprende esattamente dopo la storia precedente, e nonostante un cartello con la scritta “Oggi”, ovviamente non è in alcun modo legato alla continuity attuale (a meno che Wolverine non abbia una relazione molto aperta con Melita). Visto che la vignetta introduttiva è scritta con lo stesso font minuscolo dei giorni della direzione di Jemas che la Marvel ha smesso di usare da un bel po’, non posso non chiedermi se non sia un altro volume come 15 Love che la Marvel si è ritrovata abbandonato in fondo ad un cassetto quando hanno cambiato ufficio. Non ero un fan della mini originale, ma se si sopportano delle allusioni ben poco sottili, la storia non è male. Wolverine e la Gatta Nera vanno fuori a cena per festeggiare la vittoria nella mini precedente, Arcade e il Bianconiglio scappano dalla Terra Selvaggia per creare problemi, ne vengono fuori scene divertenti, e una guest star incredibilmente inaspettata su una mini come questa appare alla fine della storia. È roba leggera, ma divertente.

X-23 (Vol. II) # 13
Un cambiamento di ritmo, con X-23 che arriva a Manhattan e finisce per fare squadra con la FF. piomba anche da Cecilia Reyes e blatera sulla caccia agli altri membri di NYX, dunque probabilmente faranno la loro ricomparsa da avversari a un certo punto così che X-23 possa rendersi conto di quanta strada ha fatto dall’ultima volta che li ha incontrati. Ma principalmente questa storia la vede alla ricerca di Alex Cimini, il ragazzo che decise di non uccidere quando ancora lavorava per la Facility. Ora è cresciuto e conduce esperimenti di fisica incomprensibili a New York, e sappiamo tutti che questo genere di cose non finisce mai bene.
X-23 non sembra al posto giusto in un fumetto con la FF, ma forse è proprio questo il punto. Fino ad ora, la serie l’ha vista assieme ad altri personaggi delle storie mutanti, e in giro per il mondo. Ora viene affiancata ai supereroi più convenzionali di tutto il panorama Marvel, nel luogo più convenzionale, e la storia probabilmente in questo modo si chiede quanto possa essere adatta al genere supereroistico. Questo potrebbe essere un modo interessante di tirare fuori un altro lato del suo carattere, oppure potrebbe essere un gran casino. Troppo presto per dirlo, credo. Non sono particolarmente interessato ai particolari della trama, che vede un gigantesco simbolo mistico nel cielo, ma i disegni sono belli, ed è un cambiamento piacevole lasciare che X-23 provi ad essere una supereroina pura e semplice.

X-Factor # 222 - 223
Guido viene dimesso dall’ospedale, e tutti si nascondono in ufficio mentre dei cattivi mistici si riuniscono fuori. Capisco che Peter David abbia ereditato la trama della gravidanza di Rahne da X-Force, ma mentre alcuni dialoghi tra lei e Rictor sono molto buoni, nel complesso la cosa non mi prende granché.
Abbiamo un mucchio di cattivi senza volto, e il pay-off è rappresentato dall’arrivo di una guest star – Jack Russell dal fumetto horror anni ’70 Werewolf by night.
Ci sono poche cose nell’Universo Marvel che mi affondano il cuore quanto un’apparizione di Jack Russell, il Licantropus. Non possono esserci molti lettori che abbiano nostalgia per il tipo – la sua serie venne cancellata prima che io stesso potessi leggerla, per dio. Molte delle storie in cui l’ho incontrato lo usano semplicemente come il licantropo di default dell’Universo Marvel, richiamato arbitrariamente in certe storie allo stesso modo in cui Matt Murdock veniva inserito ogni volta che c’erano problemi legali nelle trame. Visto che la storia si basa sul concetto di cane e gatto con dei mistici cattivi alla caccia del bimbo ancora senza nome di Rahne, posso solo pensare che sia appunto solo l’ennesima storia in cui viene usato come il licantropo tuttofare della Marvel. Francamente, a questo punto sto solo aspettando che questo arco di storie finisca per poter passare ad altro.

Le cose non cambiano neanche nel numero successivo.
Sta costruendo la strada verso un climax, e c’è un personaggio inaspettato inserito nel finale, ma è ancora basilarmente un numero che vede i personaggi inseguiti da questi cattivi mitologici del tutto intercambiabili, con una guest star che non mi interessa particolarmente. Le sottotrame con Pip e Guido sono più promettenti, però, e sono sicuro che questa serie si rimetterà in carreggiata una volta concluso quest’arco.

X-Men (Vol. II) # 14 - 15
Quarta parte di “First to last”, e la struttura del raccontare storie parallele nel passato e nel presente inizia a stancare. Il problema è che non c’è abbastanza progresso nelle sezioni ambientate nel presente per giustificare lo spazio che ottengono, e la gran parte della vera trama si svolge nel passato. A un certo punto questa storia sembra voler tirare fuori delle stravaganze nella continuity di Emma Frost spiegando alcuni riferimenti a lei come istituzionalizzati. La storia soffre anche del fatto che sembra giocare con la possibilità che Magneto si rivolti contro gli X-Men – ma visto che sappiamo che è ancora lì in Prelude to Schism, è difficile cascarci e prendere sul serio questa minaccia. Le parti del passato sono molto solide, e i disegni sono ottimi – ma nel complesso non riesce a centrare veramente il bersaglio.

L'arco si conclude col # 15 e in realtà non so perché la Marvel abbia spinto tanto quel titolo. È un’ottima storia X-Men, forse solo un po’ allungata nell’ultimo numero oltre la durata ideale, ma non sembra avere un significato particolarmente importante, ad eccezione di rimettere mano alla continuity di Emma Frost e introdurre un nuovo nemico.
Come concetto mi piacciono molto gli Evolutionaries; si potrebbe dire che hanno completamente travisato il significato dell’evoluzione, ma nei limiti logici dell’Universo Marvel, probabilmente non è così definita. Essenzialmente la loro motivazione sembra essere quella di liberarsi delle specie senza sbocco per permettere a nuovi rami evoluzionistici più promettenti di emergere, e fa un po’ tenerezza il loro genuino stupore nel non riuscire a trovare un leader mutante che possa riunire tutti per una campagna di genocidio globale. Christopher Yost ha conferito loro la combo di una visione del mondo distorta e della confusione provata nel non riuscire a convincere gli interessati. Se fossero solo tizi cosmici senza volto, non funzionerebbe. Ma messi nel ruolo di pazzi assassini che si prefiggono di proteggere un mucchio di ingrati, c’è del potenziale divertente.
Ci sono dei problemi di ritmo in quest’arco preso per intero; l’idea di tagliare le scene tra il presente e l’incontro originario con loro di cui nessuno ricorda non mette abbastanza carne al fuoco per funzionare al meglio. Comunque, il concetto di base è molto solido, e alla fine serve al suo scopo di introdurre dei nuovi potenziali nemici in una serie che ne aveva bisogno.

X-Men: Legacy # 251 - 252
Ancora a caccia delle personalità ribelli di Legion. In questo numero siamo a Londra a combattere contro Chain (che trasforma le persone in sue copie) e Susan in Sunshine (una ragazzina che perde i suoi poteri quando è triste). Carey si sta semplicemente divertendo con il materiale a disposizione, anche se lo usa anche come un’opportunità per chiedere a che punto gli X-Men potrebbero decidere di mettere i paletti e liberarsi di Legion così com’è.
I disegni di Khoi Pham non tirano fuori il meglio da queste idee. La storia avrebbe dovuto fornire tante occasioni per una visione di Londra deserta escludendo le copie di Chain, ma gli sfondi appena accennati sminuiscono questa percezione, e poi pare che anche le scene affollate non siano la specialità di Pham. È più bravo nelle scene dei dialoghi, però, e la piccola ragazzina pazza è realizzata molto bene. Nel complesso, un po’ raffazzonato, ma c’è del buon materiale.

La Terza parte di “Lost Legions”, e la squadra vola a Parigi per confrontarsi con Styx e provare a salvare il Professor X. Come per le parti precedenti di questa trama, ci sono concetti molto acuti – come fermare il tempo per chiunque a Parigi tranne che per gli X-Men e coloro che stanno cercando. Magneto e Frenzy finalmente si scambiano una vera e propria conversazione, anche se non sono molto convinto di bermi la dinamica della cosa, considerando che lei ha fatto parte dei suoi cultori. Ma d’altra parte, i disegni di Khoi Pham restano molto abbozzati – in un paio di scene, Parigi sembra essere una pianura con un solo edificio ad ergersi – e inizio anche a chiedermi se le belle idee associate alle menti ribelli di Legion andranno a parare da qualche parte.


X-Men: Prelude to Schism # 4 (of 4)
Tornerò su questa serie in un articolo a se stante, perché la sua stessa esistenza è un mistero irrisolvibile, ma basti dire che questo numero non la salva. Questa volta si focalizza su Wolverine, e con l’assenza di una qualsiasi trama discernibile ad eccezione di “qualcosa sta arrivando”, posso solo speculare che la scaletta di Paul Jenkins prevedesse di mettere in piedi delle storie di back-up su Xavier, Magneto, Ciclope e Wolverine, in una specie di tentativo di identificare cosa veramente faccia di un uomo un leader. In pratica però qui abbiamo 6 pagine di scene da Origins, altre 5 pagine da “Weapon X” di Barry Windor-Smith e un’altra occasione per rivivere varie pagine di conversazioni già lette nei numeri precedenti, che non giungono a nulla. C’è un sottile accenno al fatto che gli altri cercano Wolverine quando non ottengono una risposta da Scott, e la reiterazione della stessa minaccia incombente di cui abbiamo già sentito, ma è letteralmente tutto ciò che questo Preludio offra. Una serie incredibilmente senza senso.

X-Men: Schism # 1 - 2 (of 5)
Dunque eccoci arrivati al grande evento mutante dell’estate, anche questo per mano di Jason Aaron. In effetti, visto che questo evento porterà alla serie X-Men scritta da Aaron, si può dire che sostanzialmente questo sia il primo numero di quella serie.
Ma prima bisogna spendere due parole sul volume tanto malignato (e giustamente) Prelude to Schism, un volume del quale si può dire: se dovessi saltare una sola storia degli X-Men quest’anno, ti scongiuro di far sì che sia proprio quella. Anche letta con l’assunzione che stesse andando a parare da qualche parte, Prelude è stato un fumetto noioso. Ora, sia Aaron che l’editor Nick Lowe hanno confermato che la misteriosa minaccia di cui si accennava in Prelude to Schism non ha in effetti niente a che vedere con Schism, e apparentemente non verrà risolta, né in Shism né altrove. È stato un “Preludio a Schism” solo ed esclusivamente nel titolo. Una selezione a caso di flashbacks senza ragione, collegati da una scena nel presente che alla fine viene fuori non dovesse portare proprio a niente.
Ora, da collezionista da completamento, avrei comprato comunque la cosa.E ironicamente, in un certo senso ora mi sento sollevato sapendo di non dover ripensare alla storia di quel volume. Ma quei lettori che l’hanno acquistato credendo comprensibilmente che potesse in qualche modo essere connesso a Schism hanno tutte le ragioni di risentirsi. Lowe, alla CBR, ha risposto a queste ragionevoli domande come segue: L’ho detto in ogni intervista su “Prelude” che abbiamo fatto. “Prelude” era un precursore di “Schism” a livello tematico. Non è di sicuro il primo capitolo della storia. Era molto importante che Schism partisse con un numero 1, ma c’era molto di cui parlare prima di arrivare a Schism. “Prelude” parla del tema della leadership in generale, e nello specifico della leadership di Ciclope. Era importante iniziare ad affrontare la questione a piccole dosi così che tanti lettori non dovessero andare a rileggersi quattro anni di storie per afferrare il concetto.
Questa è una risposta poco saggia. Per prima cosa, incolpare il cliente risentito non è mai una buona idea, anche quando si ha ragione. Per quel che vale, non riesco a trovare alcuna intervista in cui viene riportata una frase del genere da parte di Nick Lowe. La cosa più simile che sono riuscito a trovare è l’intervista di Tom Brevoort con la CBR dello scorso febbraio, dove, per dare giusto credito quand’è dovuto, ha detto – in una lunga intervista su Fear Itself – che:
La storia di Paul serve da apertura per l’evento. Non è connessa a Schism a livello della trama, solo a livello tematico. Prepara il terreno per ciò che arriverà tra luglio e ottobre, ovvero il momento in cui la nuova Crisi mutante colpirà.
Ma anche quel tipo di lettore che si immerge negli articoli della CBR cercando informazioni sui fumetti in arrivo – e anche oggi non è che siamo tutti internettiani accaniti – potrebbe aver letto anche l’intervista a Paul Jenkins di marzo (“X-Men: Prelude” mette in moto gli eventi del prossimo grande evento per gli X-Men…” – non è una citazione di Paul Jenkins, ad essere onesti, ma chiaramente ciò che ne aveva compreso l’intervistatore); o l’articolo promozionale sul sito della Marvel (“…prepara il palco per il prossimo grande evento mutante dell’Universo Marvel”); o le anticipazioni (“Prima di Messiah Complex venne Endangered Species. Questo è il preludio al più grande evento X-Men del 2011).
Incidentalmente, nella sua intervista con la CBR, Jenkins suggerì che la natura della minaccia incombente era qualcosa di cui non gli era concesso parlare (“non posso dire adesso di cosa si tratta”) – il che mi spinge a chiedermi se effettivamente, quando ha scritto la storia, non fosse proprio destinata a collegarsi alla trama di Schism.
Ad ogni modo, la risposta di Lowe che implicava che i lettori avrebbero dovuto capire da soli che la minaccia incombente in Prelude non avrebbe avuto nulla a che vedere con Schism, a dispetto del titolo del volume e i toni in cui è stato pubblicizzato, è qualcosa di veramente straordinario.
Schism è una storia di Jason Aaron, con la bella presentazione dei disegni di Carlos Pacheco. Ciclope e Wolverine si recano ad una conferenza di controllo dove Ciclope cerca di rendere un discorso ispirato sulla disattivazione delle Sentinelle, e finisce per discutere con un Mahmoud Ahmadinejad leggermente mascherato, prima che compaia Kid Omega a mandare tutto all’aria.
Personalmente, credo che riportare alla luce Kid Omega sia stato un errore – significa perdere completamente il senso della scena della sua morte su New X-Men. Ho visto delle reazioni negative riguardo all’uso del personaggio, ma era stato già rimesso in circolazione su Endsong, perciò ormai quel treno ormai è già bello che partito. Visto che ormai è stato riportato in vita, non c’è nulla di male ad usarlo per questo ruolo – e, visto che la griglia di personaggi è stata fortemente ridotta dall’M-Day, non c’erano grandi alternative in giro per ricoprire il ruolo di mutante anarchico.
L’altra parte della storia introduce un nuovo nemico – Kade Kilgore, un 12enne sociopatico che uccide suo padre che ha a che fare con l’industria militare e prende il controllo della sua compagnia. È proprio sottile quanto può sembrare, e un concetto molto alla Jason Aaron. In un genere che spesso si prende troppo sul serio, Aaron è una boccata d’aria fresca nella sua voglia di introdurre delle pure assurdità nei suoi fumetti sui supereroi, e Kade ne è proprio un perfetto esempio. Sospetto che Aaron, come Grant Morrison, veda il lato più ridicolo dei supereroi come una qualità positiva da abbracciare, e lo usa in un modo che sarà facilmente frainteso come presa in giro.
Ma persino Aaron riesce a cavarsela con queste cose solo perché normalmente riesce a trovare un punto di equilibrio tra la follia e il personaggio, e perché tende a scrivere personaggi come Wolverine o Ghost Rider dove la sua estetica da B-movie funziona al meglio. Come tono, non so quanto questo possa funzionare con gli X-Men veri e propri, specialmente in un “evento” – gli X-Men in effetti non hanno mai avuto dei nemici così pazzi, a parte Arcade o Mojo, e la mia prima impressione è che Kade sia un po’ fuori posto in una serie come questa. Forse mi sbaglio; forse un’iniezione di follia è quello che ci vuole per gli X-Men, ed è certamente una buona cosa vedere Aaron usare la sua voce anziché adeguarsi per questo crossover. C’è qualcosa di tutta quest’idea che mi piace, anche solo per la sua implausibilità - non sono però convinto che mi piaccia in questo contesto.

Frank Cho è il disegnatore del secondo numero, e visto che la storia non gli concede molte opportunità di scivolare nelle sue tendenze smielose, passa il numero a dimostrare di saper raccontare una storia. È anche bello vederlo lavorare molto per differenziare i personaggi in termini di struttura fisica e linguaggio del corpo, anche se calca un po’ troppo la mano con Ciclope, rendendolo un po’ troppo gracile e nerd.
Il nuovo Club Infernale, viene fuori, è una mescola di elitisti razzisti vecchio stile, e bimbi pazzamente crudeli. Ci si può chiedere cos’abbia a che fare col Club Infernale visto in passato, e la risposta è che non ha niente a che vedere con l’altro. Ma poi, uno dei problemi col Club era che divennero una sorta di società segreta con mutanti di dubbia moralità che strideva con il concetto originario di una congregazione malvagia di Illuminati. Questa versione è proprio da “cattivo dei cartoni animati”, e a volte sembrano essere venuti fuori da una storia di Mark Millar, ma se hai a che fare con bimbi sociopatici, la credibilità non è certo qualcosa a cui puntare.
Detto questo, mi chiedo come si collochino questi antagonisti con la spaccatura filosofica che sarà la pietra miliare di questo volume. Questo numero sembra segnalare cosa possa essere: Kid Omega arriva a Utopia e allegramente accetta l’offerta di asilo degli X-Men.
Wolverine non avrebbe problemi a consegnare il marmocchio alle autorità; Ciclope è un separatista che crede che sia un problema mutante e non riguarda il resto del mondo. Questa sarebbe all’apparenza la linea di separazione: quanto possono prendere sul serio, gli X-Men, la loro Terra Marina mutante? È un problema che credo potrebbe dividere in effetti il gruppo, e se questa è la direzione in vista, sono interessato. Ci si può chiedere perché non sia emerso in precedenza, come problema, visto il numero di criminali su Utopia (nessuno ne ha mai chiesto l’estradizione?), ma posso starci – la maggior parte di loro ha fatto parte del campo dei 198 rifugiati, dopo tutto, perciò le autorità hanno già avuto la possibilità di arrestarli se avessero voluto. Bella, solida premessa, bel lavoro sui personaggi principali… solo non sono ancora convinto della presenta dei nemici da cartone animato in una trama del genere, anche se forse è una scelta deliberata per evitare complicazioni indesiderate alla questione.














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