The X-Axis # 05/11

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The Lawyer
view post Posted on 25/6/2011, 13:18 by: The Lawyer

PontifeX MaXimus del Sacro Culto di Chris Claremont & Grant Morrison

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X-REVIEWS
THE X-AXIS
# 05 / 11

by Paul O' Brien
paulobrienis5



In Questo Numero:
ASTONISHING SPIDER-MAN & WOLVERINE
- Astonishing X-Men (Vol. III) # 37
- Astonishing X-Men (Vol. III) # 38
- Astonishing X-Men (Vol. III) # 39
- Daken: Dark Wolverine # 9
- Daken: Dark Wolverine # 9.1 - 10
- Generation Hope # 7 - 8
- Namor: The first mutant Annual # 1
- New Mutants (Vol. III) # 26
- Uncanny X-Force # 10 - 11
- Uncanny X-Men # 537 - 538
- Wolverine (Vol. IV) # 9
- Wolverine/Hercules: Myths, Monsters and Mutants # 4 (of 4)
- X-23 (Vol. II) # 10 - 11
- X-Factor # 219
- X-Factor # 220-221
- X-Men (Vol. II) # 11
- X-Men (Vol. II) # 12-13
- X-Men: Legacy # 248
- X-Men: Legacy # 249
- X-Men: Legacy # 250
- X-Men: Giant Size # 1
- X-Men: Prelude to Schism # 2-3 (of 4)





Astonishing Spider-Man & Wolverine #1-6
Another Fine Mess


Storia: Jason Aaron
Matite: Adam Kubert
Inchiostri: Mark Morales, Dexter Vines, Mark Roslan
Colori: Justin Ponsor
Lettering: Rob Steen
Editor: Nick Lowe


Potreste averlo dimenticato, ma la miniserie Astonishing Spider-Man & Wolverine faceva parte di una intera sigla editoriale Astonishing.
L'idea - e qui sto citando un comunicato stampa della Marvel stessa - era che "Ogni volume di questo progetto avesse per protagonisti personaggi di primo livello, gestiti da teams creativi al top, e servissero come perfetta rampa di lancio sia per un lettore affezionato e accanito, sia per un lettore nuovo o casuale".
Tutto questo doveva ricollegarsi all'epoca degli Astonishing X-Men come volume su cui stava lavorando Whedon.

Ciò che però è successo, in pratica, è che le miniserie Astonishing non hanno avuto molto successo in termini di vendite.
Il numero di Marzo di questo volume ha avuto vendite stimate sulle 24000 copie nel mercato diretto nord americano, numeri che rientrano nei territori di X-Factor o Wolverine: The best there is e quindi non proprio cifre di prestigio. Astonishing Thor non è arrivato nemmeno alle 20000 ed infatti, a giudicare dalle sollecitazioni, la Marvel sembra aver accantonato questa linea editoriale, e non posso dire di biasimarli per questo.

Comunque, abbiamo ancora questa - una miniserie in sei numeri, stranamente spalmata in un'uscita bimestrale che non le ha reso un grande favore - che mentre farei fatica a descriverla come una perfetta rampa di lancio per nuovi lettori, almeno è a se stante: Jason Aaron sembra aver preso quelle direzioni per scrivere qualcosa completamente fuori dalle regole, senza doversi preoccupare della continuity, almeno fin quando non farà danni seri.

Ad Aaron piace chiaramente inserire assurdità nelle storie di Wolverine, e molto spesso la cosa funziona: ha la capacità di mettere nelle storie concetti inaspettati, senza far deragliare la trama della storia. Trasforma la follia in una delle regole, anziché caratterizzarla come parodia.

Beh, questa serie spinge questo modo di fare all'estremo limite; c'è una trama - più o meno - ma è un volume sfacciatamente demenziale che si sforza in tutti i modi di ottenere il risultato di non avere minimamente senso.
Parte con Spider-Man e Wolverine naufragati al tempo della preistoria, dove sono bloccati apparentemente da diversi mesi; un flashback ci rivela che sono finiti qui dopo aver sventato una rapina in una banca dal cattivo di serie D Orb, e qualcosa di strano è successo per via di qualche gioiello magico. Da qui in poi, il volume continua a far salire il livello di nonsense; arriva l'asteroide a cui si deve l'estinzione dei dinosauri; poi i nostri eroi vengono catapultati in un futuro lontano in cui l'umanità si è estinta, una versione robot di Devil Dinosaur assedia Manhattan, e Peter Parker è l'ultimo insegnante di scienze in vita. C'è una pistola che spara Phoenix Force. C'è un ridicolo (e divertentissimo) twist che coinvolge Ego il Pianeta Vivente. C'è uno spacciatore di droga pazzo chiamato Czar con una mazza da baseball per viaggiare nel tempo, che fa casini con tutti tanto per farli. C'è anche un breve viaggio nelle storie d'origine reciproche.

E' folle, e voglio che sappiate che è veramente folle.
Gioca bene con l'abilità di Adam Kubert come artista; ha tante occasioni per sbizzarrirsi, ma ha anche da ingegnare mondi, ed è abile a cambiare ritmo quando Aaron vuole dare ai personaggi un momento di lucidità. Un volume come questo richiede un disegnatore a cui vada di andare a pieni giri, e Kubert ne è capace.

Al limite, si può dire che sia discutibile l'idea di tirare fuori Mojo come cattivo a tramare nell'ombra, visto che ha interpretato questo ruolo talmente tanto a lungo che anziché contribuire a far diventare tutto ancora più strano, in realtà riporta il volume su un territorio familiare e sicuro. Persino Spider-Man lo fa notare, perciò forse si tratta di una scelta deliberata, giusto per provare a dare alla trama principale una qualche parvenza di forma.

Però, se il volume dev'essere inteso come una stravaganza, ci si aspetterebbe di arrivare a chiuderlo in un climax più convenzionale .... e invece non succede.
Il numero 5 si chiude con Wolverine che si trasforma in Fenice Nera, un cliffhanger tipicamente sopra le righe, ma il numero 6 presenta un deliberato anti-climax; ci viene detto che Spider-Man è riuscito a far rinsavire Wolverine parlandogli, ma di questo ci viene mostrato molto poco, e quel poco lo riceviamo solo tramite flashback. Il resto del numero si rivela basato su Peter e Logan bloccati nel vecchio West, con una donna che Mojo ha messo lì per fungere da interesse amoroso arbitrario. Sono lì da tre anni. Si stanno adattando a quella vita e Peter dichiara che forse tutto ciò è accaduto per portarlo a stare insieme con la donna...

...e a quel punto arriva la Commissione per l'Invarianza Temporale a premere il bottone di azzeramento cosmico. Fine.

Le ultime pagine sono un montaggio della situazione dei personaggi, con Spider-Man che pronuncia un deprimente monologo su come l'effetto di tutto ciò che abbiamo letto prima sia nullo e senza senso.

Ora, questo, secondo ogni standard, è un modo strano di chiudere un fumetto.
Penso che lo scopo di Aaron - vista l'ultima tavola, in cui Wolverine si osserva il palmo della mano in un'eco di una sequenza alla "fratelli di sangue" avvenuta in precedenza nella storia - è che i due all'inizio non si parlano, e col tempo diventano amici, e Wolverine se ne ricorda ancora. La trama era folle e senza senso; per Spider-Man, l'unica cosa importante è stata la ragazza che non ha avuto e che non si ricorda di lui; ma Wolverine invece ricorda di aver iniziato ad apprezzarlo molto di più, e questo è abbastanza. Una piccola oasi di significato in un mondo che ne è privo, ma è già abbastanza.

Funziona? Beh... Wolverine inizia non rivolgendo parola a Spider-Man, e gradualmente diventa sempre più amichevole nei suoi confronti col proseguire della serie. Quel cambiamento è leggermente oscurato dalla scelta di far seguire la storia dalla prospettiva di Spider-Man, che invece fin dall'inizio voleva parlargli. Perciò sì, il cambiamento c'è, ma dà la sensazione di essere un cambiamento sostanziale? Difficile da dire.
Aaron ha dovuto inserire un livello artificiale di tensione tra i due, tanto per cominciare, così che il loro rapporto possa avere un'evoluzione nel corso della storia, e questo fatto sminuisce un po' il suo obbiettivo. Nella logica di questi sei numeri, sì, c'è un cambiamento; ma è in fin dei conti più un ritorno allo status quo.

Ancora: l'intero concetto qui, è che debba essere una cosa davvero, davvero minore, ma abbastanza da dare un significato alla pazzia. Se il cambiamento nel loro rapporto fosse stato molto più chiaro, non avrebbe funzionato; nel migliore dei casi, sarebbe stato troppo sdolcinato.
E' un finale che farà infuriare alcuni lettori, ma credo che alla fine Aaron sia riuscito a far bene.

Va notato che la serie offre anche un altro paio di tentativi per dare alla storia un significato più ampio.
L'epilogo sembra rivelare Dog, da Wolverine: Le origini, arrivato nel tempo presente, presumibilmente per causare qualche guaio nella serie di Wolverine nelle mani di Aaron.
Poi c'è quell'interesse amoroso, del quale viene finalmente svelato il nome nell'ultimo numero: Sara Bailey. Potrebbe essere una semplice coincidenza - e anche se Aaron avesse fatto un riferimento consapevole, non avrebbe potuto aspettarsi che molti lettori lo cogliessero - ma Sara Bailey è il nome da sposata della sorella di Jean Grey. Sara è scomparsa nei primi numeri di X-Factor, in una sottotrama di rilievo che venne presto dimenticata, e non si rivide mai più. (Venne riportata morta nel 1994 nel corso del Phalanx Covenant crossover, ma non abbiamo visto nessun corpo. La trama, se così si può chiamare, non è stata più toccata da 17 anni). Si tratta dello stesso personaggio? Sembra improbabile, visto che questa indossa una collana con la stella di David, ma, d'altra parte, ne verrebbe fuori un parallelo interessante di fratello/sorella con Wolverine e Jean.
Forse è solo il modo di Aaron di giocare con coloro che prendono troppo sul serio la continuity. O forse è solo un'incredibile coincidenza.

La natura sovraffollata della continuity Marvel dà luogo ad un sacco di miniserie che non possono permettersi libertà e che non contano nulla. Con l'imput di dover consistere di storie a se stanti, il progetto Astonishing avrebbe per forza avuto difficoltà a creare storie che "contassero"; molto ingegnosamente, Aaron ha trasformato questi limiti a suo vantaggio, creando una storia che non solo Non Conta, ma Non Conta su scala cosmica e senza senso, sfidando apertamente il lettore a trovare in essa qualche significato, dopo tutto.
E, allo stesso tempo, funziona anche per il semplice fatto di essere una folle parata di godibile nonsense. Molto eccentrica, ma per dio, devota al concetto, e lo fa anche funzionare.


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Astonishing X-Men (Vol. III) # 37
Questo è solo il secondo numero di Daniel Way, dunque non promette bene che ci siano già disegnatori da riempimento, con Sara Pichelli che prende il posto di Jason Pearson verso la fine della storia. Ancora più strano è il nuovo formato, dove a numeri alternati ci sono capitoli di storie diverse con personaggi diversi. Non è impossibile che una cosa del genere funzioni – Thunderbolt e Hercules hanno già provato qualcosa di simile in passato – ma da ogni punto di vista è un modo un po’ strano di mettere assieme un fumetto.
Gli X-Men – beh, Scott, Emma e Wolverine, almeno – sono a Tokyo a vedersela con un drago gigante, perché è questo che si fa a Tokyo. Apparentemente il drago dovrebbe essere Fin Fang Foom, anche se non sono sicuro di come la cosa potrebbe inserirsi nella continuity – ma non importa. C’è una bella, semplice idea di base: il cattivo di serie D Mentallo ha fatto il doppio gioco con la Roxxon Oil e l’ha usata per farsi dare un passaggio fino a Monster Island, dove ha preso prontamente il controllo di tutti i mostri giganti. Ora, nel classico vecchio stile da cattivo, si sta imbarcando in un piano di ricatto. Come trama, è talmente vecchia scuola che quasi riesci a indovinare che dev’esserci qualcosa sotto. Ma se è così, è nascosto molto bene.
E poi, bene. Se deve esserci una tale quantità di storie in uscita sugli X-Men, non si possono pretendere sviluppi cruciali della trama in ogni numero. Non dovrebbero esserci, in effetti. Perciò avanti, usiamo un po’ di queste storie extra per far andare la squadra da qualche altra parte, combattere con qualche cattivone, e divertirsi un po’. Il piano “mostro gigante all’attacco di Tokyo” è vecchio come il cucco, ma i disegnatori ci si divertono parecchio. Way sta facendo un lavoro intelligente sulla riabilitazione di Mentallo, un villain viaggiatore che ha finalmente trovato uno schema che funziona e se ne vanta. C’è anche una bella sequenza alla fine, con Wolverine che discute per l’idea di non uccidere il drago gigante controllato mentalmente; se “Schism” è sugli X-Men che finalmente si rivoltano contro la linea dura di Scott, allora ha senso ritrovare queste scene che ci mostrano quanto sia ormai allontanato, negli ultimi anni, dal personaggio che era.
D’altra parte, c’è anche la sottotrama elaborata con Corazza che assiste al funerale dei suoi genitori e che ri-incastrata per via dei sensi colpa nel suo ruolo in famiglia. E questo invece non funziona – in parte perché c’è questo tono cupo che suona troppo ridicolo quando si incrocia a draghi giganti, ma in parte anche perché è tutto un po’ troppo cliché e unidimensionale. In teoria, questa sarebbe una storia incentrata su Corazza – sul suo ritorno a casa e il suo dilemma, se restare con gli X-Men o tornare al nido – ma non ne viene fuori un personaggio abbastanza interessante al punto da farmi importare se poi resti con gli Men oppure no.
Comunque, gli X-Men contro draghi giganti. Godibile intrattenimento.

Astonishing X-Men (Vol. III) # 38
Questo è il primo capitolo di “Meanwhile”, che apre una delle scelte editoriali più curiose della Marvel.
Su Astonishing X-Men ci sono, adesso, due team creativi diversi, che producono due storylines differenti allo stesso tempo. Si alterneranno due archi di storie diverse numero dopo numero. Perciò, l’ultimo numero vedeva la storyline di Mantello ad opera di Daniel Way e Jason Pearson, in questo numero Christos Gage e Juan Bobillo iniziano il loro ciclo “Brood”, e il prossimo numero ci riporterà da Way e Pearson.
Scelte come queste non sono insolite alla Marvel – Hercules e Thunderbolts hanno fatto cose del genere in passato, dividendo i personaggi in due serie differenti, ma farlo con due storylines diverse, scritte da autori diversi è… certamente insolito.
C’è stato uno cambiamento di tendenza notevole, ultimamente, verso il raddoppio delle testate regolari, anziché verso l’uscita di volumi spin-off da vendite minori. La cosa ha senso, visto che una seconda uscita di Uncanny X-Men venderà presumibilmente di più di un’altra miniserie, ma mi ritrovo a chiedermi se la cosa non abbia più a che fare con la Marvel che decide di volere una doppia uscita di Uncanny X-Men, e con il team creativo a rispondere gentilmente che la cosa non è possibile.
C’è la sensazione che sia un riempitivo.
La SWORD ha fatto esperimenti su alcuni elementi catturati della Covata; va tutto a rotoli; Abigail Brand è nei guai; Bestia chiama gli X-Men per provare a salvarli. Da qui, è praticamente “La Covata in una stazione spaziale”, e potete immaginare il resto da soli. Va bene, sono passati un po’ d’anni dall’ultima storia con la Covata di mezzo, e non c’è nulla di male a rispolverarli un po’ ogni tanto per usare il trucchetto su una nuova generazione di lettori.
Sostanzialmente, però, è tutto qui. Non ci sono stravolgimenti nella trama, non c’è alcuna connessione apparente con le storie di Way. È anche brutto a livello visivo – ho apprezzato il lavoro di Bobillo in passato su testate come She-Hulk, ma non si adatta molto ad una storia che cerca di essere tesa e claustrofobica, e sembra avere dei goffi tic che non rendono affatto grandi favori al suo lavoro.

Astonishing X-Men (Vol. III) # 39
Con la serie che si alterna ad ogni numero tra due diverse storylines, in questo numero ritorniamo al “Monstrous” di Daniel Way. E c’è qualche connessione tra le due storie, qui? No. Nessuna. Sono abituato al fatto che le varie testate sugli X-Men non siano correlate tra di loro, ma una testata che non è correlata a se stessa… è un’altra cosa.
E’ interessante il fatto che, nonostante ora l’arco di storie segua una cadenza bimestrale, il disegnatore Jason Pearson se ne sia già andato, e al suo posto c’è Nick Bradshaw. Le tavole di Pearson per la storyline erano molto buone, ma solo il cielo sa cos’avesse in mente quando ha disegnato questa copertina, un sorprendente scarabocchio, reso poi coscientemente nei colori più scuri possibili per far sì che nessuno potesse capirci qualcosa. Bradshaw ha disegnato sull’Annual di Uncanny X-Men – il capitolo “Escape from the Negative Zone” che mi è anche piaciuto – e sono contento di vedergli assegnato un lavoro di alto profilo, qui. C’è un certo grado di distorsione che non accontenterà i gusti di tutti, ma fa un buon lavoro sui personaggi, e bei mostri in stile Art Adams.
E’ una storia messa lì, sugli X-Men alle prese con dei mostri controllati da Mentallo, ma non c’è nulla di male in questo. Daniel Way ha avuto l’idea giusta, qui – mantieni la storia a un livello semplice e divertiti. È un concetto di base che permette abbondanza d’azione e, per la giusta dose di dramma umano, c’è la sottotrama riguardante Corazza, se sia qui perché è suo dovere in quanto X-Men, o se voglia solo scappare dalla sua famiglia. Mantenere il cast limitato a quattro X-Men concentra bene la storia (è notevole quanto spesso la qualità delle storie X-Men salga se non si vuole a tutti i costi dare un ruolo a tutti).
C’è una sequenza nel mezzo, con Ciclope e Wolverine, che non ha molto senso, francamente, o non funziona. Ciclope prende Wolverine in disparte per discutere di cosa stia per fare Corazza. Wolverine dichiara che in realtà lui sta parlando di Jean Grey, ed è per questo che ha voluto parlargli in disparte (cioè per evitare Emma). Ma le domande di Ciclope hanno invece più senso prese letteralmente, non hanno ovviamente nulla a che vedere con Jean, e comunque non poteva parlarne certamente davanti a Corazza… perciò Wolverine pare fare un salto mentale logico piuttosto bizzarro, e l’impressione generale è che forse c’era un’idea sotto che Way non è però stato capace di far arrivare al lettore.
Nonostante tutto, nell’insieme è una buona storia sugli X-Men, aiutata da ottimi disegni, e una scena molto intelligente con un bell’uso dei poteri di Corazza.

Daken: Dark Wolverine # 9
Non è solo la conclusione del ciclo “Collision”, il crossover in 4 parti con X-23, è anche l’ultimo numero ad opera di Daniel Way e Marjorie Liu prima di passare il testimone a Rob Williams. Ma se sperate che il loro ciclo si concluda con qualcosa di particolare, beh, ripensateci. È la risoluzione di Collision ed è anche la rimarcazione su Daken di ciò che hanno detto sui loro numeri per mesi.
Daken e X-23 si combinano in un’alleanza di convenienza contro il rinato progetto Arma X, e ne segue un bagno di sangue o qualcosa del genere. E poi parlano di cose varie. Daken vede Laura come qualcuno che dovrebbe essergli uno spirito affine, e non capisce perché invece lei stia dall’altra parte. Laura vede Daken come uno che ha accettato il suo ruolo di sociopatico anziché provare ad ampliare i propri orizzonti come fa lei. Fine dell’introspezione. Dovrebbe essere possibile costruire una storia interessante attorno a questi due personaggi, e anche attorno a questi temi in particolare, ma questa non lo è. È un affare di combattimenti, dopo i quali ognuno fa la morale sull’altro. E poi, alla fine, viene fuori che (l’avete indovinato) Daken ha superato tutti in astuzia anche stavolta. La storia si chiude sulla stessa nota d’ambiguità: Daken è il pazzo unidimensionale che mostra d’essere agli altri, o anche lui ha il desiderio sepolto dentro di se di qualcosa di più, che nasconde anche a se stesso? A questo punto è più un caso di “Può veramente essere tanto unidimensionale quanto sembra?” Conterei “Collision” come un fallimento. Non tira fuori nulla di particolarmente interessante sui personaggi. Trascina X-23 nella storyline di Madripoor senza una chiara ragione, e la ritira fuori dalla stessa con la stessa rapidità. Colcord, come antagonista, non fa nulla di interessante. E la trama si trascina arbitrariamente da una cosa all’altra. Mi viene l’impressione che si suppone che si dovrebbe vedere Daken come un grande stratega sempre un passo avanti a tutti, ma gli schemi non scivolano via tanto lisci da dare quest’impressione. Sembra inventare un percorso improvvisando sul momento – e così pare anche per gli scrittori.

Daken: Dark Wolverine # 9.1 - 10
Non è, lo giuro, un accostamento premeditato tra i due volumi.
Questo è un volume Punto Uno, ma è anche il primo numero del nuovo scrittore Rob Williams. Finora, la serie di Daken è stata un po’ frustrante. Ci sono delle idee interessanti nel personaggio. Daniel Way e Marjorie Liu hanno impostato una certa dose di mistero, Daken aspirerà forse a qualcosa di più che a costruirsi una base di potere, o è soltanto uno psicopatico? E, ancora più pesantemente, hanno messo tensione tra il desiderio professato da Daken, di essere quello che è, e il modo in cui chiaramente continua a tornare su temi associati a Wolverine, suo padre. Il problema è che avendo introdotto queste idee, il volume ha continuato a restare allo stesso punto, quasi impaurito a spingersi più in là. Invece abbiamo avuto storie laboriose nelle quali ogni volta Daken supera in astuzia tutti gli altri, e diventa il nuovo signore del crimine di Madripoor, ma che non hanno dato sbocchi interessanti al personaggio.
Se non altro, Williams sembra determinato a spezzare questo circolo vizioso. La sua storia Punto Uno spinge sul concetto che Daken venga ancora visto come una mera imitazione di Wolverine, e mette in luce il desiderio di Daken di venire riconosciuto per qualcosa che sia inequivocabilmente farina del suo sacco. Il piano, sembra, è mandarlo ad Hollywood, anche solo perché è l’ultimo luogo immaginabile in cui Wolverine potrebbe mai trovarsi. Ma questo lo vedremo accadere nel secondo arco di storie; in questo numero si vede Daken spingersi verso quest’idea, e, ehm, mezzo numero viene riempito col suo piombare alla Torre dei Vendicatori per dire addio a Wolverine.
Non è che ci siano molte nuove idee, qui; lo stesso tema è rimasto centrale nelle storie del personaggio da un bel po’. Ma Williams sembra voler dare il segnale chiaro di aver intenzione di portare via Daken da ciò che riguarda Wolverine, trascinandolo fuori dal sentiero percorso finora, e forzandolo a vivere storie che appartengono solo a lui. È un punto a favore, anche se sembra un’inversione di marcia, considerando che accadrà poco dopo che gli scrittori uscenti l’abbiano sistemato a Madripoor. Anche su quale sia il contributo dei Vendicatori alla storia, oltre ad occupare la prima metà del numero prima che la trama vera e propria inizi a svilupparsi, non sono molto certo; fa sembrare Daken stranamente insicuro, ma se sia una scelta consapevole o meno, non saprei dire.
I disegni sono di Ron Garney, che meriterebbe di certo di lavorare su impegni migliori che fare il disegnatore fill-in sulla testata D-Wolverine. Ma è un professionista solido. Il suo stile semplice e sicuro è un cambiamento più che ben accolto su una testata che spesso è sembrata prendersi troppo sul serio.

Il # 10 è primo vero numero di Rob Williams sulla testata, vede Daken arrivare a Hollywood e provare ad infilare un piede nella porta della criminalità locale. Sfortunatamente, pare che tutto ciò che sappia su Los Angeles sia piuttosto datato, perciò dovrà iniziare da zero.
Daken non è un personaggio facile da far funzionare, per lo meno come protagonista. A parte il fatto che per natura non genera un legame simpatetico con il lettore, è comunque anche un “sostituto” di Wolverine e la sua esistenza è sempre nell’ombra rispetto all’originale. Mentre gli scrittori precedenti hanno provato a trarre un vantaggio da questo dato di fatto (e solo a tratti ci sono riusciti), Williams sta cercando di creare uno spazio di vita proprio per il personaggio, per definirsi come essere a se stante, spostandolo in un ambiente che non ha nulla a che vedere con Wolverine, e lasciandogli prendere la propria strada. A livello commerciale, è una scelta rischiosa, visto che la connessione tra Daken e Wolverine è il suo punto di attrattiva maggiore. Ma creativamente è probabilmente la scelta migliore a lungo termine, se sono davvero intenzionati a rendere Daken un personaggio capace di portare avanti una serie tutta sua.
La storia si apre con un bizzarro flash forward di 7 pagine, con Daken che mette in azione un piano abbastanza strano che include un mucchio di scagnozzi che indossano maschere di Capitan America di scarso livello, e che si mettono a sparare con dei bazooka nel centro città. Il resto del volume è tutto un “come siamo arrivati a questo?”, con Daken che si fa strada nelle cerchie giuste, ma che finalmente scopre anche alcune sostanze che riescono ad amplificare il suo potere rigenerante abbastanza a lungo da avere un buon effetto. La sequenza della scoperta di queste droghe è disegnata in uno stile completamente diverso dal resto del volume, spingendosi sullo stile di Sinkiewicz, pur restando perfettamente chiare.
È ancora molto difficile costruire una serie attorno ad un personaggio tanto poco amabile, ma si può fare, scrivendone una crime story. È un numero di preparazione di tutto rispetto, e penso che Williams abbia avuto l’idea giusta.

Generation Hope # 7 - 8
Viene fuori che la storia sul nuovo mutante all’ospedale di Berlino è in due parti. Benissimo; mi fa piacere vedere storie brevi in questo ciclo, visto l’arco di apertura era sembrato troppo lungo. Questa storia parte da un’idea semplice – c’è un nuovo mutante, non ancora nato, con poteri di controllo mentale, e non vuole venire al mondo – e la divisione in due parti sembra adatta a questa storia. È un cambiamento drastico rispetto all’orda zombie, ma la sequenza in cui la squadra convince telepaticamente il bambino a venire al mondo, è ben gestita. E poi offre una bella prospettiva sulle motivazioni di ciascun personaggio per le quali valga la pena di vivere (oppure no), e si chiude con efficacia fornendo per ultima la motivazione di Teon – che, ovviamente, non riesce a spiegare bene perché sia una buona idea, ma che risulta comunque convincente.
Perciò questa funziona bene, sia come storia da antologia che come mezzo di esplorazione dei personaggi. Il lato negativo, più che altro un piccolo anti-climax, è che si scopre che il bambino non ritornerà in possesso dei suoi poteri mutanti fin quando non entrerà nella pubertà. Dunque, che se la storia tratta della nascita di un nuovo mutante, e tecnicamente funziona, non può avere grandi effetti a breve termine. Potrebbe rappresentare un problema con la direzione che le storie stanno prendendo – riusciranno a introdurre i nuovi personaggi mutanti di cui c’è bisogno? In ogni caso, una bella storia di squadra.

L’introduzione del # 8 dichiara che si tratta della terza parte di “The Ward”, ma è abbastanza chiaro che questa sia tutta un’altra storia: i genitori di Teon stanno cercando di riottenere la custodia del figlio, e gli X-Men stanno sostenendo invece la loro custodia in tribunale – pur senza riuscire ad offrire argomentazioni particolarmente convincenti. Ovviamente Teon è il personaggio della serie che colpisce maggiormente, visto che è quasi interamente una creatura fatta d’istinto.
C’è un punto di discussione, se lui stia poi meglio avendo questi poteri che hanno più o meno spazzato via la sua personalità, ma a discutere su questo punto gli X-Men sono sempre riluttanti (d’altronde, se dovessero ammettere che per alcuni di loro sarebbe stato molto meglio non avere alcun potere mutante…)
Dunque questa storia forza gli X-Men a confrontarsi su questo punto, portando Teon in tribunale, dove viene fuori che in realtà è capace a spiegarsi se davvero vuole. Come Dr Nemesis ha già spiegato in un numero precedente, non è che Teon non riesca a capire cosa stia succedendo; è semplicemente che per lo più non gli interessa. È un piccolo discorso, il suo, che funziona a suo modo, e assume toni più profondi quando Kenji fa la sua comparsa verso la fine, sfidandone la logica. Sappiamo cosa Teon desideri, ma non possiamo essere sicuri del perché – e questo si collega anche al tema principale della serie, sul perché questi personaggi vogliano rimanere accanto a Hope, in primo luogo.
Un numero molto bello, e una gran dimostrazione del perché Teon non sia il personaggio unidimensionale che può sembrare ad una prima impressione.

Namor: The First Mutant Annual # 1
Bisogna apprezzare l’ottimismo implicito in quell “# 1”, no?
“Escape from the Negative Zone” è partita forte nell’annuale di Uncanny X-Men, sul quale si è scelto un gruppo di personaggi interessanti, e li si è manipolati, gli uni contro gli altri, e tutto questo accompagnato da disegni accattivanti. Ma la qualità è andata in discesa da lì in poi, con Steve Rogers infilato nella storia senza ragione, solo affinché la seconda parte potesse essere narrata in questo annuale, e la trama è degenerata in un “combattono contro dei cattivi nella Zona Negativa, e poi scappano”. Perciò pur comparendo in questo annuale, il povero Namor fa molto poco nel corso della storia, oltre che infuriarsi e fare danni a causa del più scarso dei pretesti narrativi. Se c’è un nocciolo della storia, è l’idea che Scott impari a fidarsi di Hope e le lasci ricoprire il suo ruolo – ma le serie regolari sono già andate oltre questo punto.
Bei disegni di Max Fiumara, che a volte è interessante da guardare, ma questo è tutto ciò che offre il volume.

New Mutants (Vol. III) # 26
Il primo numero ad opera di un nuovo team creativo, con Dan Abnett e Andy Lanning come scrittori e Leandro Fernandez ai disegni. E’ un bel team, affiatato, e poi Abnett e Lanning sanno come gestire al meglio gli spazi dei personaggi di una serie di squadra.
Il primo numero si apre con una scena d’azione che ha come scopo mostrare le capacità di Dani come potenziale leader; si sposta poi su Illyana criticata per il suo comportamento durante la gestione della serie da parte di Zeb; si ferma su una sottotrama rimasta in sospeso che coinvolge Karma e Face; offre a Sam e Dani un momento per discutere sul passaggio della leadership; pone la base del nuovo compito della squadra; e si chiude con un’altra scena d’azione che ci porta ad un cliffhanger. Questi ragazzi sanno bene come far contare ogni pagina.
Mettere Dani alla guida del gruppo è probabilmente una scelta saggia. Darle la leadership del gruppo significa darle anche una ragione essenziale per voler restare nella squadra che vada oltre la mera nostalgia; potrebbe anche aiutare Sam ad uscire dal ruolo di “giovane leader in apprendimento” in cui è rimasto rinchiuso per gli ultimi 20 anni. Ed è anche bello vedere la storia prendere vita dalle ripercussioni delle storie di Zeb Wells, con un umorismo un po’ nero in certe scene di Illyana.
In effetti questa storia sembra proprio intesa per partire direttamente dall’ultima di Zeb, con alcuni temi che ancora preoccupano i personaggi. C’è anche un riferimento gratuito a “Age of X”, ma non più di questo. E questo tende a confermare il mio sospetto che “Age of X” non avrebbe dovuto far parte di New Mutants. Ho anche dei dubbi sulla nuova direzione che ha preso la squadra: andare a completare azioni lasciate in sospeso dagli X-Men. Certo, ci sono tantissime trame rimaste in sospeso che dovrebbero essere riprese, e non c’è nulla di sbagliato ad usarle per qualche storia individuale, ma questa serie ha bisogno di basarsi su qualcosa di più.
Parte del problema dei New Mutants, almeno nella loro incarnazione attuale, è sempre stata l’incapacità di stabilire di cosa trattasse davvero la serie: nel 1983, si trattava del gruppo di apprendisti X-Men; nel 2011 è la serie sul gruppo che un tempo era il gruppo di apprendisti X-Men, non lo sono più, ma non sono nemmeno X-Men a tutti gli effetti. Forse l’elemento chiave di New Mutants è che si tratta di un gruppo molto unito di amici in un impero X sempre più anonimo, ma ad ogni modo, la serie non può sopravvivere solo giocando sulla nostalgia e su storie scritte per mettere a posto un po’ di continuity.
Questa storia in ogni caso è un ottimo debutto per il nuovo team creativo, e credo che ci si potrà aspettare di più dalla loro gestione che semplicemente riprendere eventi lasciati in sospeso dai personaggi delle altre testate.

Uncanny X-Force # 10 - 11
Tecnicamente “The Dark Angel Saga” avrà inizio dal prossimo numero, ma in pratica comincia qui, visto che in questo numero si vedono le ragioni per le quali la X-Force visita l’Era di Apocalisse e l’elemento della trama che trascinerà la squadra.
Forse, ancora più precisamente, questo è il numero in cui la pazzia di Angelo arriva a dover essere affrontato. Amahl Farouk (che dovrebbe davvero procurarsi un altro costume) rilascia delle prove sulla X-Force alla stampa. Naturalmente, non riusciranno a pubblicarle – verrebbe distrutta la premessa della serie. Ma prima Angelo si muove per, ehm, aggirare il problema a modo suo. Fortunatamente la cosa non va in porto facilmente; invece, viene prevaricato dal resto del gruppo quasi immediatamente. Considerando che l’ultimo numero aveva perso colpi, è bello vedere come la storia riprenda ritmo; nella maggior parte delle serie una trama come questa si sarebbe spalmata in diversi albi, ma Rick Remender fa benissimo a concentrarla in uno solo.
Sì, la storyline di Magneto che scopre la squadra sembra essere svanita nel nulla. E sì, i disegni di Billy Tan e Rich Elson non rendono sempre bene l’atmosfera che si prefiggono; un uso più consistente di luci ed ombre non sarebbe male. Ma nel complesso è tutto di buon livello.
Portando avanti il piano della Marvel di proporre nuovi titoli a un pubblico più vasto, questo numero include anche una ristampa di Iron Man 2.0 #3 – scelto, presumibilmente, perché è il numero in cui Jim Rhodes ottiene la sua nuova armatura. E’, comunque, anche la terza parte di una storia attuale, che si apre con una sequenza muta di 5 pagine con dei personaggi che non vengono nominati intenti ad osservare delle cose – forse non proprio la storia giusta da selezionare per il proposito che dovrebbe mantenere. Va detto che è una mossa intelligente, rispetto a una ristampa del numero 1, che risulterebbe datato di qualche mese, ma se la Marvel intende davvero continuare a fare questi esperimenti regolarmente, forse dovrebbe accertarsi che i nuovi titoli partano con storylines più brevi che si adattino meglio a questo formato. E forse dovrebbe anche pubblicizzare meglio la prossima uscita. Tanto per dire.

Il # 11 è ufficialmente questo è il primo capitolo di “The Dark Angel Saga”, anche se gli intenti e i propositi che ne fanno da premessa sono stati messi in luce nello scorso numero che ne faceva da prologo.
Per salvare Warren, la X-Force ha bisogno di qualcosa che può essere trovato solo nella timeline dell’Era di Apocalisse, perciò si uniscono a Bestia Nera per poter viaggiare fino a lì.
Rick Remender non è interessato a spiegare la meccanica di questo viaggio, perciò viene affrontato come una cosa da nulla. Non serve neanche dirlo, una volta arrivati in quest’epoca distopica, è una Caccia all’Elemento Chiave, ravvivata dagli incontri tra Wolverine e Psylocke e gli X-Men di questo mondo. (Anche Deadpool e Fantomex li incontrano, ma ovviamente non sono altrettanto interessati).
Remender si ricorda anche che, su Exiles, Psylocke ha passato del tempo con Sabretooth in versione Era di Apocalisse, anche se non so se i riferimenti a questa cosa risulteranno chiari anche ai nuovi lettori, non ne sono certo.
Come al solito, nonostante il suo proposito di essere un fumetto cupo e violento, X-Force evita di scivolare nella trappola di un’esagerazione di cupezza e ansia. E per finire, Remender si sta semplicemente divertendo a scrivere una storia su realtà alternative e di ricerca. I disegni a volte risultano un po’ troppo pesanti, e i colori un po’ troppo virati sul marrone/grigio ansiogeno che vuol dire “Adesso questa storia la prendi sul serio”. Ma tutto sommato è un buon numero.

Uncanny X-Men # 537 - 538
La terza parte del ciclo “Breakworld” è una storia d’azione, ma ben costruita.
Kruun cattura Colosso (privo di poteri), e quindi Kitty si affretta a correre per Utopia cercando di mantenere un passo di vantaggio su Kruun e cercando di allertare qualcun altro che possa aiutarla. Visto che non ha la tuta di contenimento non può toccare nulla e nessuno può sentirla. Ma (perché altrimenti non ci sarebbe storia), Kruun ha un coltello magico che può ferirla.
Sì, ci si possono trovare buchi, in questa trama. Sì, Kruun è il tipo di antagonista che si rende la vita più difficile senza una ragione solo per provare la sua superiorità. Sì, Kitty non dovrebbe avere problemi ad attirare l’attenzione di qualcuno su Utopia, considerando che la abitano centinaia di persone. Ma sono cose che si notano solo dopo la lettura. La storia è comunque più forte quando si concentra sui personaggi che contano e ignora le orde di comparse. E’ un numero che lavora anche sull’idea di Kitty bloccata nella sua forma fantasma, anziché usando il problema solo come elemento per creare ansia o aggirando la questione con la tuta di contenimento. E c’è un bel stravolgimento finale che ci conduce ad un cliffhanger.
Bei disegni ad opera dei Dodson, numero molto solido.

Il # 538 è un’ottima chiusura della storyline “Breakpoint”. Sospetto che questo ciclo sia nato con un obbiettivo specifico – chiudere la questione di Kitty intrappolata nella sua forma intangibile – ed sia stato costruito attorno a questo tema; nulla di sbagliato in questo, questa sottotrama non stava portando da nessuna parte (e mi chiedo anche se non ci fosse anche il bisogno pratico di risolverla prima di “Schism”).
Kieron Gillen ci ha però costruito una bella storia sul tema: ha senso tornare ai personaggi di Breakworld e cercare di mettere a posto il casino che hanno combinato. La forma intangibile di Kitty (una volta tanto) viene usata con efficacia nella storia, e questo dà importanza quindi al momento in cui viene curata. La cura stessa viene ottenuta con l’uso intelligente di due elementi presi dalla storia originale di Joss Whedon, entrambi rimessi in gioco nel corso delle storie precedenti ma senza averli resi troppo evidenti. In tutto questo, c’è anche una bella storia su Kruun che cerca vendetta e la sua partner Haleena che cerca di fermarlo – cose che permettono a “Breaking Point” di essere qualcosa di più che solo la storia in cui viene risolto il problema di Kitty, visto che la loro storia gira tutta sul tema di essere lasciati indietro da un mondo che sta cambiando.
Non è tutto perfetto. La sottotrama su Magneto che indaga il metallo di Breakworld non sbocca da nessuna parte (possibilmente semplicemente perché serviva solo a stabilire che il pugnale di Haleena sia speciale). Nessuno sembra adeguatamente allarmato per l’uso della Cura da parte di Kruun. E, onestamente, non capisco bene perché sia Kruun che Haleena siano vivi alla fine della storia. Ma, nonostante tutto, questo è il miglior ciclo visto su questa testata da tanto, tanto tempo.
Aiuta, certamente, che ai disegni ci siano Terry e Rachel Dodson. Il loro lavoro è sempre ottimo, e funzionano alla grande sugli effetti di intangibilità di Kitty. Un peccato non averli ogni mese. Ma per ora, almeno, questo è il tipo di fumetto che Uncanny dev’essere.

Wolverine (Vol. IV) # 9
Bisogna concederlo, a Jason Aaron: non ha paura di essere stupido.
Le prime tre pagine di questa storia riguardano la scena di un’uccisione, talmente ridicola che non sarebbe fuori luogo su Butcher Baker: il nuovo cattivo Lord Deathstrike prova di essere il più eccezionale assassino del mondo standosene nel punto opposto del pianeta rispetto al suo obbiettivo e sparando. È una scena che ti guarda negli occhi e ti sfida a lamentarti della sua assurdità ... ed il Wolverine di Aaron è al suo meglio quando riesce ad inserire cose del genere nei volumi senza che siano parte integrante della storia.
Dunque, Lord Deathstrike è stato assoldato dalla Red Right Hand per uccidere Mystique, quale punizione per averli traditi ... ed è anche un bersaglio difficile, considerata la sua sconsiderata abitudine a muoversi. Anche Wolverine è sulle sue tracce, perché il suo coinvolgimento con la Red Right Hand. (Stranamente, un inseguimento in automobile…). Non so se mi sembri sensata la visione di Mystique da parte di Aaron - ovvero che odia Wolverine ma che vuole aiutarlo per onorare l’amicizia tra Wolverine e Kurt – perchè non si accorda bene al modo in cui Wolverine e Mystique sono stati scritti in passato, ma mi piace l’idea che Wolverine sia talmente impegnato a cercare di ottenere vendetta che non si rende conto affatto che lei stia cercando di metterlo in guardia a proposito dei cattivoni in vista – o semplicemente pensa che lei stia mentendo. C’è sicuramente la possibilità che la storia venga vista come troppo stupida per i gusti di molti, ma personalmente penso che Aaron abbia fatto bene.

Nel # 10, Wolverine finalmente si mette alla caccia della Red Right Hand, che sono stati in realtà gli antagonisti dell’intero ciclo, e, naturalmente, lo attirano in una imboscata. Così … quello che vediamo in questa storia è Wolverine che cattura uno dei loro eccentrici subordinati, Cannonfoot, alternando le sequenze con la storia del leader ancora senza nome della Red Right Hand.
L’idea di base è che un Wolverine più giovane uccise suo padre, che adorava (anche se i flashback ci mostrano che si trattasse chiaramente di un bastardo); ha dedicato la sua vita per ottenere la propria vendetta su Wolverine, ma, essendo solo, non è mai riuscito ad essere più di uno di quelli che di quando in quando scagliano un attacco e vengono presto dimenticati. Perciò ha messo su questa organizzazione composta da altra gente anonima simile a lui, e dalla loro parte hanno ora il vantaggio di fare numero insieme.
Ok: ecco due ragioni per le quali la cosa non funziona.
Primo, non ci dice nulla che non fosse già ovvio fin dai numeri precedenti. Tutto ciò che aggiunge è qualche dettaglio in più, e il padre era il tipico cattivo da cartoni animati che si arrotola i baffi, unidimensionale, che a stento si qualifica per dare un peso al personaggio.
Secondo, l’idea che la Red Right Hand sia fatta da persone qualunque tutte contro Wolverine: in teoria, non se ne riscontra prova nei loro piani, che si riducono a “ingaggiamo dei mercenari e stiamocene ben nascosti”, per quanto si è visto finora. Perché non avrebbe potuto fare tutto da solo? Cosa ottiene mettendosi al fianco un branco di persone inutili? Forse Aaron sta per arrivare al punto, ma siamo già al decimo capitolo del ciclo, e si sarebbe già dovuto sapere, ormai.
Ci sono anche problemi di toni e atmosfere: la lotta tra Wolverine e Cannonfoot è scritta come un cartone animato in stile Lobo, ma Renato Guedes la disegna in toni più letterali. Non sono sicuro che sia un buon partner per Aaron; non sembra adattarsi bene ai voli di nonsense sporadici c’è saltano fuori qua e là negli scripts di Aaron.
C’è una buona idea di base – mi piace il concetto di gente comune che cerca di vendicarsi di Wolverine per avergli rovinato la vita – ma non viene messa a segno.

Wolverine/Hercules: Myths, Monsters and Mutants # 4 (of 4)
Questo è il volume che può interessare solo ai collezionisti accaniti che ho menzionato nell’introduzione.
Non perché sia particolarmente malvagio, ma… beh, è una miniserie su Wolverine e Hercules a fare squadra, ambientata in un periodo della continuity di qualche tempo fa, e si pone come sequel di una storia in cui Wolverine neanche compariva. I giorni in cui un pubblico fedele di lettori avrebbe comprato questo volume sono ormai passati. La Marvel si sta allontanando da questo tipo di progetti e si spinge verso numeri extra delle testate regolari; a breve termine è probabilmente la scelta migliore, anche se non affronta a dover la questione fondamentale correlata all’espansione eccessiva della linea editoriale.
Per essere giusti nei confronti di Frank Tieri, bisogna dire che ha realmente provato dare un peso drammatico a questa storia. Purtroppo, ha provato a farlo cercando di ricollegarsi alla trama da tempo dimenticata di Matsuo Tsurayaba che viene tormentato da Wolverine ogni anno. E quella trama era già stata rispolverata l’anno scorso sulla mini di Psylocke. So che gli editori si preoccupano meno, ormai, della continuity tra i crossover delle varie serie, ma santo cielo, è così difficile evitare di commissionare due miniserie diverse che lavorino sulla stessa trama?
La soluzione di Tieri avrebbe funzionato bene da sola; ho il presentimento che quell’ultima pagina sia stata messa lì per evitare di creare un’inconsistenza troppo grande con la storia di Psylocke, ma è una bella scena comunque.
A parte questo, è una buona miniserie team-up, anche per quanto riguarda quest’ultimo numero. Sfortunatamente il finale è un po’ malandato, prima con una pagina di disegni incomprensibili che rovinano un momento topico, e poi col finale con un climax scarso, con Pluto che arriva a sistemare tutto.

X-23 (Vol. II) # 10 - 11
X-23 e Gambit sono a Parigi … per qualche motivo. Il riassunto introduttivo dice che sono alla ricerca di qualcosa, ma, se lo sono, la storia non arriva mai al punto; pare più che X-23 stia continuando la sua esperienza da globetrotter, presto potrà dire di aver perso tempo per tutti i 5 continenti.
Ad ogni modo, la trama – quella che è – è che uno dei documenti che X-23 ha sottratto a Daken nella storyline precedente era una lista delle persone che X-23 ha ucciso quando era un’assassina. E ora si angoscia inutilmente in proposito. Questa è sostanzialmente la storia per metà numero.
È un fumetto un po’ angoscioso. Non è necessariamente una cosa negativa, fa parte delle prospettive del personaggio, e Marjorie Liu ha fatto una mossa intelligente scegliendo Gambit come co-protagonista, per garantire luci ed ombre alle storie; ma, anche così, è Veramente Angoscioso, e dalle trame molto scarse.
A metà storia finalmente succede qualcosa, quando arrivano Wolverine e Jubilee, consentendo al fumetto di tornare ad esplorare un tema che gli è caro, “natura contro educazione” attraverso il vampirismo di Jubilee. Va bene, piuttosto standard, ma c’è anche una conversazione interessante tra Gambit e Wolverine, in cui si solleva la questione del perché Wolverine non si sia messo X-23 al suo fianco sotto la sua ala protettiva come ha fatto con Jubilee o Kitty in passato. Per certi versi, pare il tentativo di Liu di affrontare l’elefante in salotto e spiegare cosa diavolo ci facesse X-23 nella X-Force, tanto per cominciare – ma almeno è confortante vederla cercare di dare un senso a tutto questo in un modo che si adatti ai personaggi, anziché semplicemente mettere da parte questi problemi.
Detto questo – ci sono un paio di idee buone sulla caratterizzazione dei personaggi, ma questo non cambia il fatto che c’è un sacco di angoscia e tormento e sostanzialmente nessuna trama.

Nel # 11, Jubilee e X-23 sono ancora a Parigi, e, come immaginerete, Jubilee viene di nuovo usata per esplorare il concetto appena citato di “natura contro educazione” che è il cuore di questa serie.
Putroppo, in un altro esempio di incrocio posto molto male tra due serie diverse, Marjorie Liu sembra pensare che ciclo di Jubilee e il suo vampirismo includesse il fatto che tutti ad Utopia la evitassero e che lei rinnegasse strenuamente la sua condizione, fino a quando non ha lasciato Utopia e ha acquisito una nuova prospettiva. Questo, ovviamente, è l’esatto contrario del ciclo su Jubilee che abbiamo visto nella miniserie Wolverine & Jubilee e nell’albo di epilogo nella serie stessa degli X-Men – e anche in quest’epoca in cui la continuity viene presa meno sul serio, non ci sono scusanti per aver travisato una cosa del genere in questo modo.
Comunque, X-23 prova un desiderio di auto-distruzione, X-23 va a comprare dei vestiti da ragazza come tutte le altre, tutti indagano su coloro che hanno quell’Odore Scatenante visto nell’arco precedente… è un numero abbastanza tipico, ravvivato dai disegni interessanti di Sana Takeda.
Inizio ad avere il presentimento, però, che, tanto quanto il lavoro della stessa Liu su Daken, ci sia un bel po’ di introspezione e auto-contemplazione da parte della protagonista, ma nessun progresso nelle storie.

X-Factor # 219
Da ciò che sembra, dovrebbe essere l’ultima parte della storyline con i 3 assassini. X-Factor chiede spiegazioni a J. Jonah Jameson, Guido si sente particolarmente a suo agio in ospedale, e tutti ad eccezione di Madrox vanno all’inseguimento dei cattivi. Mi pare che la storia degli assassini non sbocchi da nessuna parte; c’è una sottotrama problematica, ma sostanzialmente sembra che il loro ruolo sia quello di mettere Guido e Layla ai posti di partenza per l’avvio della prossima storia. È un peccato, perché Ballistique aveva avuto un bel numero di debutto, e speravo che fossero qualcosa di più che gli antagonisti del momento. Forse Peter David ha qualcosa in più in serbo per loro, ma sembra che il loro lato della storia non sia stato sviluppato come si deve.
Il punto focale della storia, comunque, è l’intera X-Factor (tranne Madrox, che probabilmente ha provato a trattenerli) che va a caccia dei cattivi con un grado di vendicatività che fa davvero provare disagio, forse perché spesso non viene esplorata. È una bella sequenza, che ci lascia dei dubbi su quanto dovremmo davvero parteggiare per i personaggi, e ci offre bei momenti incentrati su Monet. Non uno dei migliori albi di X-Factor, ma ci sono bei momenti.

X-Factor # 220 - 221
Una storia sui Mangiapeccati? È un concetto che riporta indietro alla storia “La morte di Jean DeWolff” che Peter David scrisse per Spider-Man negli anni ’80, ma ora pare esserci di mezzo un demone pronto ad affrontare Shatterstar e Wolfsbane. Ora, se c’è un personaggio che dovrebbe preoccuparsi del suo destino nell’aldilà è proprio Wolfsban; il suo devoto puritanesimo era ciò che la distingueva come personaggio, all’epoca, ma negli ultimi anni si è distanziata notevolmente da ciò in cui ancora dichiara di credere. C’è anche roba buona in questo numero sui due protagonisti – David ha trovato un bel modo di scrivere Shatterstar puntando sulla sua tendenza istrionica. Ed è fedelissimo al concetto originale del personaggio creato da Rob Liefeld, solo in un modo più sottile e umoristico.
Detto questo, questa è una di quelle storie in cui un personaggio mistico appare per dare una lezione ai membri stupidi della specie, e anche se sono lieto di cogliere il presentimento che la cosa verrà esplorata a lungo termine per quanto riguarda Rahne, la mano è stata calcata però un po’ troppo, almeno per gli standard di Peter David.

Leggendo però il # 221 .... dove diavolo sta andando, questa storia? Feral non è viva, dopo tutto – è un fantasma, mandata ad ossessionare Wolfsbane e Shatterstar, forse perché ha qualche vaga connessione con entrambi i personaggi. Peter David non sembra essere interessato a lei oltre questo concetto, visto che inserisce nei suoi dialoghi battute stanche, e per lo più il resto del numero segue Wolfsbane sotto attacco da parte di creature mitiche a temi canini e felini. Suppongo che il mondo mistico stia convergendo su Rahne per cercare di mettere mano al suo bambino, ma, a questo punto della storia, viene tutto percepito come una serie di scene di lotta casuali, ed è un po’ deludente.

X-Men (Vol. II) # 11
A vostra richiesta – un epilogo a “Curse of the Mutants”? Sul serio?
Questo numero riprende la trama di Jubilee trasformata in un vampiro, con gli X-Men che cercano di aiutarla a riprendersi, e con il Professor X che cerca di tirarle su il morale con una storia del suo passato. Così si arriva ad un flashback che occupa quasi tutto il numero. I disegni di Al Barrionuevo sono belli, e la storia è ok finora, ma è il momento in cui questa storia viene piazzata ad essere curioso – perché adesso e non alla fine di “CotM”? E perché dopo la mini di Wolverine & Jubilee che ha esplorato gli stessi temi e ha visto Jubilee scendere a patti con la propria condizione? Forse Gischler ha un progetto a lungo termine collegato a questa trama, e questo è un modo per riportarla all’attenzione dei lettori prima di passare al prossimo ciclo di storie, ma sembra come un ripensamento pianificato bizzarramente.

X-Men (Vol. II) # 12 - 13
Nella seconda parte di “First to Last”, prosegue la trama sugli Evolutionaries. (Nota per la Marvel: avete presente il fatto che la prima parte di questa storia è apparsa su uno speciale, e non sul numero 11? Provate a menzionarlo, la prossima volta, sulla pagina introduttiva. Non si sa mai, potreste vendere dei fumetti.)
Così, gli Evolutionaries si sono fatti vivi su Utopia, e ci alteriamo avanti e indietro tra questo incontro e quello all’epoca della Silver Age. Gli Evolutionaries sono ossessionati all’idea di trovare qualcuno con cui avere a che fare che possa parlare per la razza mutante. Il Professor X non ha mai rispecchiato questa descrizione, ma Ciclope sì, in linea con le storie degli ultimi anni. Sfortunatamente, come gli Evolutionaries fanno notare, questi anni di Ciclope nei panni di leader dei mutanti sono stati rappresentati da un disastro dietro l’altro. Forse dovrebbe riconsiderare la sua posizione.
Mi piace l’idea di base di questa trama: oltre ad essere un bel modo di illustrare quanto gli X-Men siano cambiati dagli anni ’60, gioca bene su alcuni temi importanti sia in assoluto della serie che delle storie degli ultimi anni in particolare. Purtroppo, almeno nelle scene ambientate nel presente, si ricade sempre nella stessa trappola che gravava sul run di Matt Fraction su Uncanny X-Men: una vera e propria orda di personaggi, con conseguente mancanza di dettaglio.
Mi chiedo anche quale sia la logica nel far comparire gli Eterni in un flashback per spiegare la trama senza però fornire alcuna spiegazione su chi siano o cosa stiano facendo. A meno che la storia non torni su di loro prossimamente, servirà solo a confondere quei lettori che non possono riconoscere questi personaggi.
La storia soffre di un po’ di confusione, ma almeno ci sono temi molto forti in ballo.

Nel # 13, continua la storia “First to Last” e inizio a sospettare che Christopher Yost abbia un’idea leggermente distorta di come funzioni l’evoluzione ..... o forse è proprio questo il punto.
Gli Evolutionaries dichiarano di essere qui per “proteggere l’evoluzione stessa”, ma la loro idea per ottenere questo scopo è di rimuovere specie che altrimenti dominerebbero sulle altre. Quindi non stanno forse, per definizione, liberandosi dei vincitori della scala evolutiva per il bene dei perdenti? In effetti, con i mutanti ridotti a 200 su un’isola, non è forse assodato che siano ormai in un vicolo cieco dell’evoluzione? (Mike Carey si è già prodigato in lungo e in largo su “Endangered Species” per stabilire che la popolazione sia troppo esigua per riprodursi e tornare a livelli tranquilli.) Potrei capire se l’idea fosse che a volte c’è bisogno di eliminare una specie dominante ma in declino per permettere ad altre di svilupparsi e andare avanti… ma non è questo il modo in cui la cosa viene presentata in questa storia.
Le sequenze di flashback sono interessanti; Magneto deve riunire la sua gente così che gli Evolutionaries si sentano liberi di eliminare la razza umana, e per realizzare questo fine ha bisogno di Cerebro. Questo, a sua volta, richiede un telepate per poter essere utilizzato, il che crea l’opportunità di porre un nuovo legame tra passato e futuro. Tutto questo va benissimo, ma le sequenze ambientate nel presente in questo numero consistono per lo più in una lunga scena di combattimento, e inizio a presagire che non ci sia una trama per il tempo presente abbastanza consistente da permettere questa struttuta alternata tra passato e presente.

<b>X-Men: Legacy # 248

Il primo di due numeri che affrontano i postumi di “Age of X”, e Mike Carey sembra provare ad avere la botte piena e la moglie ubriaca. Anche se tutti sono rimasti nella realtà di Age of X solo per 7 giorni, si ricordano di esserci stati per anni. Alcuni hanno subito cambiamenti permanenti, con Carey che coglie l’opportunità di resettare completamente Chamber – di certo tutto quello che è stato fatto con questo personaggio fin dall’M-Day si è rivelato senza sbocchi, ma si potrebbe ancora pensare che potrebbe essere molto più eccitante l’idea di un personaggio che riacquista i propri poteri. Pixie ora pare avere una doppia personalità, che si manifesta con ali differenti, ma non è spiegato con molta chiarezza.
Ora, la maggior parte dei personaggi si suppone che non sia molto cambiata per via degli eventi di Age of X, e dunque in questo volume si solleva la possibilità che Emma cancelli i ricordi di quei giorni dalla mente di ognuno. Ma alcuni insistono a voler mantenere ciò che ricordano, tra questi spicca Frenzy, che apparentemente per questa storia viene elevato tra i protagonisti principali – una scelta interessante, questa, visto che è stata poco più che una semplice subordinata fin dalla sua creazione a metà degli anni ’80. E come spesso in queste storie, Carey evidentemente la vede come un’opportunità per lavorare con un personaggio che ha dietro una storia, ma anche poco bagaglio sulle spalle. Il punto è che lei si rifiuta di dimenticare la sua relazione con Ciclope, e lui non ci sta.
Gambit compare per dichiararsi fuori da queste storie (così che forse possa andare a fare il suo viaggio su X-23), anche se la pubblicità pare suggerire che la cosa non sia destinata a durare. E con un bel tocco, alcuni elementi minori di “Age of X” che hanno avuto un modesto impatto nel corso di quella storia, stanno avendo risalto adesso. E la ragazza che somigliava a Fenice era proprio Rachel Summers – che non riesce a ricordare cosa ci facesse su Utopia tanto per cominciare. Sono cose come queste che fanno pensare che Carey abbia in mente una strada su cui portare queste storie; anche la mutilazione di Satiro, all’epoca, era sembrata gratuita, e ora sembra che abbia fatto parte invece di un piano più ampio sul personaggio.
In questo numero non c’è una storia vera e propria, piuttosto una serie di conversazioni che ci fanno il punto sullo stato dei personaggi, mentre la serie si avvia ad una transizione verso il suo nuovo status quo a partire dal numero 250. Ma è chiaro che Carey abbia idee chiare e decise su cosa vuol fare con i personaggi principali, e la sue scelte inusuali di utilizzare personaggi poco utilizzati rende la lettura interessante.

X-Men: Legacy # 249
Dalla copertina, ci si potrebbe aspettare un’altra storia dedicata a Magneto al tempo dell’Olocausto: in realtà, la seconda parte dell’epilogo per Age of X, dedica circa 6 pagine a questo flashback, e non è troppo pesante, come la copertina sembrerebbe suggerire. Indubbiamente cercando di trovare una prospettiva fresca su un tema che rischia la sovraesposizione, Carey ci racconta la storia del dottore nazista August Hirt. Hirt è un personaggio realmente vissuto e (a parte l’ovvia invenzione che sia stato Magneto a spingerlo al suicidio) il resto degli eventi presentati qui è abbastanza accurato, anche se le foto di Hirt che si possono trovare online non somigliano granché alla versione in stile Hitler resa dal disegnatore Rafa Sandoval. Il punto, certo, è che Magneto sia stato plasmato dagli eventi del suo passato, ma ciò non vuol dire che lo si possa giustificare per questo.
Carey ha già fatto un buon lavoro sul Professor X nel suo ruolo post-leadership, e potrebbe essere interessante vedere cosa potrebbe fare con Magneto. Per tutti coloro che affermano che nulla cambia nel mondo dei supereroi, l’effetto degli ultimi anni di storie è stato quello di scalzare sia Magneto che il Professor X dalle loro posizioni tradizionali, rendendoli due uomini in cerca di un nuovo ruolo in un mondo che ruota attorno alla generazione successiva. Si potrebbe decidere di escluderli o farli fuori, ma si può anche decidere di cogliere l’opportunità per scrivere su di loro storie nuove, e se è questa l’intenzione di Carey, a me sta benissimo.
Il resto del numero si concentra su Frenzy, che ha deciso di diventare a tutti gli effetti parte degli X-Men per riprendersi ciò che aveva nella realtà di Age of X, e su Legion, che ha in mente un trucco per stravolgere la trama che vuole condividere con noi. Ovviamente, Legion ha sempre rappresentato più un trucco per stravolgere le trame che una persona. Fa parte del gioco quando si è un personaggio talmente complesso (personalità multiple, ognuna con il proprio potere), e non è qualcosa che possa essere cambiato dalla sera alla mattina. Visto che pare dover restare nel cast regolare della serie, posso solo immaginare che Carey abbia dei progetti su di lui; per lo meno, se dev’essere per gli X-Men la versione di Crazy Jane da Doom Patrol, non sarebbe male dargli altre personalità più definite.
Ad ogni modo, il punto di questi numeri è di preparare il terreno perla nuova fase della testata, e ci riescono bene. Non vedo l’ora di vedere cos’altro avrà in mente di fare Carey con questi personaggi.

X-Men: Legacy # 250
La prima parte di “Lost Legions”, che potrebbe essere una nuova direzione per la testata, o semplicemente un modo per passare il tempo aspettando il rilancio con “Schism”. Chi può dirlo? Comunque, la squadra di Xavier sta dando la caccia alle personalità di Legion che sono fuggite. Quella che vediamo in questo numero, Time-Shift, sembra essere più solo l’estensione di un potere che una personalità definita. Ma va bene, visto che è giusto il trampolino che permette a Mike Carey di crearsi questa nuova squadra. Styx si sta sviluppando come antagonista principale del gruppo, e credo che tempo qualche mese e ci ritroveremo ad affrontarlo. Il cast è ben affiatato, una volta tanto si fa un uso intelligente di Legion, e anche un buon utilizzo degli sbalzi temporali. C’è anche una sequenza puntata su Rachel Summers e sulla sua sottotrama, raccontata quasi interamente al contrario. Sostanzialmente Carey ci illustra brevemente tutta una premessa, e non c’è nulla non vada in questo. E infine, c’è una ristampa di New Mutants # 27, apparentemente selezionata per quest’albo perché racconta del “Primo incontro del Professor X con Legion”. Anche se è corretto, è anche vero che si tratta del capitolo di mezzo di una trama che non è nemmeno disponibile nel servizio digitale Marvel. (Sinergia aziendale? Cos’è la sinergia aziendale?) Ho letto l’intera storia, in passato, ma cosa si aspetti la Marvel che possa farci la maggior parte dei lettori, oltre che innamorarsi dei disegni di Bill Sinkiewicz, non mi è proprio dato immaginare.

X-Men: Giant-Size # 1
Può essere pubblicizzato come volume unico, ma è in effetti X-Men (Vol. II) # 11.5, dando inizio alla storyline “First to Last” di Chris Yost che continua su X-Men (Vol. II) # 12 (n.d.r.: leggi sopra) .... e, hey gente, sono i Neo? Vi ricordate i Neo? No, probabilmente no – ma nemmeno a Yost interessa ... gli serve un mezzo per introdurre i suoi nuovi personaggi.
Normalmente disprezzerei una cosa del genere, ma insomma, sono i Neo. Vennero creati da Chris Claremont sul suo secondo run su Uncanny X-Men e, in teoria, si tratta di una razza nascosta che rappresenta per i mutanti ciò che i mutanti rappresentano per gli umani. Sembra una buona idea, almeno fino a quando effettivamente non si prova a scriverne, a quel punto diventa essenzialmente un altro gruppo di mutanti, perché non c’è modo di distinguerli nettamente. I Neo semplicemente non funzionano, e se questo numero ha bisogno di un’oscura alternativa alla razza umana a cui contrapporre i mutanti, beh, è l’unico uso che qualcuno ne abbia trovato nell’ultimo decennio.
Yost tiene molto ai suoi nuovi personaggi, gli Evolutionaries – che sembrano una sorta di versione economica dei Celestiali. Gran parte del numero consiste in un flashback al loro debutto mai menzionato in precedenza nella Silver Age – ecco dunque il motivo degli X-Men nelle loro versioni anni ’60 sulla copertina. E gran parte di questo flashback consiste nella lotta tra gli X-men e la Confraternita prima che gli Evolutionaries apparissero. (C’è anche una sentinella a gironzolare lì intorno che nessuno sembrava aver notato prima. È tutto un po’ strano e mi spinge a chiedermi se sia un effetto voluto. Non si può mai dire, di questi tempi).
L’idea degli Evolutionaries è abbastanza buona, però; sono un mucchio di entità cosmiche dalla vena omicida il cui obbiettivo è che i mutanti ereditino il mondo così come pianificato. Mi piace l’idea: è un richiamo all’idea che i mutanti rappresentino il nuovo stadio dell’evoluzione, concetto un po’ perso di vista a seguito dell’M-Day ... ed ha una prospettiva classica; gli Evolutionaries sarebbero tecnicamente dalla parte degli X-Men, ma non è il loro non è il tipo di aiuto che uno vorrebbe ricevere.
È una bella introduzione all’idea, e funziona come prima parte di una storyline. Perché venga però pubblicizzata come volume a se stante… solo il cielo lo sa.

X-Men: Prelude to Schism # 2 - 3 (of 4)
Dunque ci stiamo muovendo … indietro nel tempo ? Questa è una serie in cui Scott Summers ha delle conversazioni con gli altri X-Men principali in ordine inverso? A questo punto, sono confuso: Paul Jenkins sta scrivendo dialoghi decenti, ma si suppone che tutto questo serva come base per qualcosa? Come?
In questo numero Magneto parla, che significa che ricapitola la trama di quella miniserie Testament di un paio di anni fa e ricorda i suoi primi incontri con gli X-Men. Ci sono anche un paio di metafore sui magneti. Diciamo che riafferma alcuni temi standard del personaggio, che è più o meno il punto dove si spinge questa storia – ma a parte questo, cosa c’è? Non ho assolutamente idea di quale scopo questa storia si prefigga di raggiungere, perché dovrebbe spingermi ad interessarmi a “Schism”, o cosa serva. Forse ne scopriremo il senso andando avanti, ma se c’è un punto in tutto questo, è ben nascosto.

Col # 3, dopo due numeri su Xavier e Magneto a regalarci estesi flashbacks, cambiamo rotta… leggermente. In questo numero per lo più si parla di Ciclope e dei suoi ricordi su sua madre, che va bene come storia fine a se stessa, ma, anche stavolta, non si capisce cosa abbia a che fare con l’imminente crossover. L’ultimo terzo della storia almeno arriva alla questione di come Scott si senta riguardo alla sua posizione di leader, un tema che si collega a “Schism”, e una decisione sulla minaccia non specificata della quale Jenkins non aveva più scritto negli ultimi mesi. Forse sarà tutto più chiaro col senno di poi, su come tutto questi si collegherà alla storia principale, ma a questo punto sembra nulla più che una collezione casuale di osservazioni da parte di alcuni personaggi assieme ad una costruzione misteriosa verso qualcosa che pare non avere alcun nesso col resto.








 
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